L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha ufficialmente riconosciuto la dipendenza da videogioco come patologia medica. Il disturbo si chiamerebbe “Gaming Disorder“, ed è stato aggiunto nella sezione relativa alle patologie mentali nonché nella International Classification of Diseases (ICD), elenco ufficiale delle malattie redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
E’ necessario però fare un piccolo approfondimento, spiegando che non si tratta di una manovra per attaccare i videogiochi e l’industria videoludica. Infatti il Gaming Disorder fa compagnia a circa 55.000 altre voci. Il “Gaming Disorder” viene definito in “una serie di comportamenti ricorrenti o persistenti che prendono il sopravvento sugli altri aspetti della vita comune“.
Sono stati individuati tre sintomi che possono portare a una diagnosi relativa alla dipendenza da videogame (online e non):
1) Il gioco ha la precedenza su tutte le altre attività quotidiane (amore, lavoro, faccende domestiche) considerate meno importanti rispetto alla “giocata”;
2) In caso di conseguenze negative, dettate da provvedimenti presi ad esempio dai genitori (se il soggetto è giovane) o da un datore di lavoro (se si è in età lavorativa), il bisogno di giocare con diminuisce, anzi nella maggior parte delle volte aumenta;
3) La presenza di stress e angoscia, e in generale problemi a svolgere tutte quelle occupazioni (lavorative, di studio, personali e familiari) che esulano dal contesto videoludico.
Si denota, dalla lettura del documento, che si tratta di sintomi molto simili a quelli relativi alla dipendenza da sostanze stupefacenti o alcool. Di fatto trattasi di uno stato alterato del comportamento decretato dai tre elementi sopra elencati ma che deve avere una durata minima di un anno per poter essere catalogato come dipendenza da videogioco. “Non si tratta di creare un precedente”, ha spiegato Vladimir Poznyak del dipartimento per la Salute mentale dell’Oms. “Abbiamo deciso di inserire questa nuova patologia sulla base degli ultimi sviluppi delle conoscenze sul tema”.
Negli Stati Uniti esistono già da anni cliniche che si occupano del fenomeno, e persino in Italia esistono realtà come quella del Centro Hikikomori (Centro Studi e Terapie sulle Nuove Dipendenze e Problematiche Relazionali), con una sede a Milano e vari terapeuti e psicologi dislocati in varie regioni di Italia, che affrontano il problema con un background di studi focalizzato sulle dipendenze.
Se per l'Organizzazione mondiale della sanità la gaming addiction è una novità dell’undicesima edizione dell’International Classification of Diseases (ICD), varie stati stanno affrontando il problema da diversi anni. Si tratta soprattutto di paesi asiatici quali Corea del Sud, Giappone e Cina. Ad esempio in Corea del Sud già nel 2011 è stata introdotta una legge per impedire l'uso dei videogiochi tra mezzanotte e le 6 del mattino. In Cina Tencent, colosso del web, ha bloccato l'accesso ai giochi per i minori in determinate fasce orarie notture. In Giappone gli utenti che superano un certo periodo di tempo trascorso a giocare vengono avvisati da un avviso pop-up, obbligatorio per legge, che li invita a smettere.
L’inserimento nella IDC dell’OMS è in realtà una buona notizia, perché potrebbe aiutare familiari e operatori del settore a riconoscere i sintomi per tempo, anticipando magari il peggioramento della situazione psicologia del soggetto affetto dalla patologia. Non va pertanto considerata come una mossa per demonizzare tutto ciò che gravita intorno al mondo dei videogiochi, quanto più il riconoscimento di una dipendenza che può portare a gravi disturbi e che necessita di professionisti per il suo superamento.
E voi? Avete mai conosciuto qualcuno con questi disturbi? Siete felici che sia riconosciuta come patologia così da poter aiutare questi gamer che si sono calati un po' troppo nel mondo dei videogame o dei play by chat?