Nel voler concederci una facile metafora, potremo dire che un’operazione come l’analisi del
testo letterario sia simile alla superficie riflettente di uno specchio; l’opera letteraria va
considerata non solo come un oggetto dalle precise caratteristiche fisiche e contenutistiche,
ma anche come sintesi di elementi culturali, appartenenti sia alla personalità dell’autore che
all’epoca e alla civiltà in cui si ritrova a vivere, di cui il testo diviene veicolo per
un’immagine riflessa di cui noi possiamo cogliere le caratteristiche.
Assodato questo dato di fatto, l’indagine sui testi letterari si configura sempre come
un’operazione complessa, specie quando l’immagine che questo specchio di carta ci
restituisce appare agli occhi di noi moderni sbiadita e distorta; in special modo questo
discorso vale per tutti quei prodotti letterari appartenenti all’Alto Medioevo, epoca in cui si
realizza la definitiva frattura di una primitiva unità culturale (di nome, almeno) con lo
stabilizzarsi di nuove forme linguistiche e di conseguenza di nuove tradizioni letterarie.
Ciò che appare “nuovo” tuttavia risulta nella pratica sempre tributario di realtà più antiche, in
una continua osmosi tra materiali “classici”, sempre linee guida in cui si inseriscono nuovi
contenuti e modalità espressive, e materiali “nuovi”, come la letteratura cristiana, o immagini
recuperate da una cultura di sostrato più antica, come quella celtica; da qui si evince la
difficoltà nell’analizzare i simboli di cui i testi medievali sono portatori, in quanto la loro
identità non può essere stabilita tramite un’univoca risposta, ma è sempre da considerarsi
relativa, a seconda del punto di vista di volta in volta considerato.
L’immaginario medievale si nutre in misura massiccia di suggestioni simboliche, la cui potenza evocativa non ha mancato di colpire in misura più che significativa anche le
generazioni successive: un esempio ovvio è dato dal motivo del Graal, il piatto o coppa sacra
che Robert De Boron identificò come il calice dell’Ultima Cena nel suo “Joseph
d'Arimathie” e che ha costituito la sorgente di fiumi di inchiostro versati fino ai giorni nostri.
Il campionario di queste immagini che trovano origine nella tradizione medievale è ben più
vasto e variegato e prende spunto da numerosi ambiti: non solo oggetti quindi, ma anche
piante, animali, pietre, ecc. ecc. come testimonia l’ampia produzione di bestiari, erbari e
lapidari dell’epoca, tradizione antica, “classica” che tuttavia trova nuova linfa vitale proprio
in questo periodo.
Questa attività letteraria è spia di come il simbolo o le immagini simboliche, realistiche o
fantastiche, siano nel medioevo oggetto continuo di indagine speculativa e studio dei loro
rapporti con la realtà.
Il presente lavoro dunque si propone di analizzare la natura di un “simbolo”, inteso come
elemento comunicativo, atto a veicolare contenuti di significato ideale di cui diventa il
significante; la base dell’indagine sono i testi letterari in cui il simbolo scelto compare,
analizzati secondo una prospettiva di comparazione dei documenti utilizzati.