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23/12/2018 13:24:40
Il gdr è l’interpretazione di un personaggio coerente con se stesso e con il mondo di riferimento. E basta: questo è sufficiente per dire che stai giocando di ruolo.
Come tutte le cose, puoi farlo in modo basico (facciamo che siamo gli avengers?) o più evoluto (gdr by chat, di media). E puoi farlo in modo insoddisfacente (il solitario che non interagisce con nessuno) o soddisfacente (interagendo).
Creare gioco prevede il portare qualcosa che prima non esisteva. Il partecipare alla quest non crea gioco perché la quest l’ha portata il master al tavolo. Il fare quattro chiacchiere fini a se stesse di solito non crea nulla perché i personaggi sono uguali prima e dopo.
Sono sempre più convinto che creare gioco in un gdr abbia a che fare con la progettualità: hai un obiettivo ed inizi a creare le condizioni per perseguirlo. Questo “colora” persino la chiacchierata apparentemente banale di intensità: non stai chiacchierando con uno tanto per, stai cercando di capire come può esserti utile a rovesciare un governo o ammazzare il drago. Ci sono sistemi complicatissimi per farlo, ma persino un gioco “ammazza il mostro” può generare un sacco di progettualità: basta vedere il video di Leroy Jenkins per capire che persino a WoW ci si può organizzare per progettare meglio il picchiamento.
Se poi non sei l’unico ad avere un progetto, il tuo andrà magari in competizione con un altro e questo creerà gioco di fazioni e alleanze, generando altro gioco. È anche un sistema molto utile per alleggerire il master di lavoro, perché la maggior parte del gioco di alleanze tra PG avverrà in gioco libero.
Questa cosa non la vedi dappertutto per una serie di ragioni. Intanto molti staff non la amano: il creare quest nelle quali uccidi un mostro ha sempre un esito prevedibile, mentre lo scontro tra PG (non per forza in diretto PvP, ma anche nel “chi uccide per primo il mostro?”) ha esiti non sempre prevedibili. In più la progettualità rischia di cambiare lo status quo, cosa non amata da molti.
D’altro canto il gestore deve creare un ambiente nel quale è possibile progettare e nel quale l’attività ti da almeno un piccolo vantaggio competitivo, perché altrimenti tutto quello che fa il giocatore è inutile, lui si sente scoraggiato e non progetta più. Questo non vuol dire che chi progetta deve avere per forza quello che desidera, solo dovrebbe avere la vita più facile nello svolgere una specifica attività. Vi faccio vedere come sembra se non accade: un giocatore si accorge di poter vendere un determinato prodotto finito ed inizia a presentare in giro per il mondo la sua idea; sei mesi di gioco dopo, ottiene un piccolo vantaggio economico, incrementabile con il gioco. Un altro giocatore si accorge della cosa e dice “faccio lo stesso, ma con il 20% di sconto”: ottiene a quel punto lo stesso vantaggio del primo giocatore, che si vede ridotto il proprio del 50% per la presenza di un concorrente. Morale: progettare è stato non solo inutile, ma persino dannoso, perché il nuovo arrivato ha in quei sei mesi fatto altro e si trova ora in vantaggio.
Da qui si diramano tutte le mie altre obiezioni al world building medio: dall’inesistenza di parametri per la risoluzione dei conflitti all’assenza di incentivi all’avere progetti all’incapacità di gestire un progetto fino alla creazione di ambientazioni che non hanno linee di conflitto, nelle quali è quindi difficile organizzare una progettualità di alcun genere
23/12/2018 14:26:28
Quoto tante cose che sono state scritte un po' da tutti.
La risposta a "cos'è il GDR" in generale sta appunto nei vari interventi apparsi qui. Quello di cui spesso però si parla e che, forse (?), ha ispirato il thread però è "cos'è gioco nei PbC per come si vendono?". Gran parte dei progetti dichiarano di voler offrire un po' tutto, simming, PvE, PvP, comunione di stili, etc. e poi finisce che dentro c'è simming, qualche quest, papiri e.... Basta. In questo senso va capito se l'obiettivo iniziale è stato mancanto, e allora si può discutere di cosa è gioco, di game design, etc. oppure se l'obiettivo era proprio dire "A" ma giocare "Z".
Se ho male interpretato le intenzioni del thread e sto andando OT verso una nuova polemica, ignoratemi 😄
23/12/2018 17:21:47
23/12/2018 19:40:07 e modificato da missanthrope il 23/12/2018 20:18:18
Fare gioco è giocare, innanzitutto, e farlo con partecipazione, non semplicemente "aggregandosi" a qualcosa di già avviato che si, può essere utile agli inizi un po' per capire la land, prender mano coi sistemi di gioco, un po' per rodare il PG...però non deve diventare la norma. In un pbc è giocare TUTTO e, possibilmente, con chiunque capiti, perchè non si sa mai da cosa può nascere una trama di gioco.
Alcune delle migliori giocate che ho fatto e che ricordo tutt'ora, a distanza di anni, con gran piacere e nostalgia si sono originate da giocate estremamente semplici di "vita quotidiana". Una, addirittura da un episodio di metaplay a mio danno da parte di un altro giocatore che scelsi di ignorare e assecondare. Per assurdo, a tuttora rimane la più epica della mia esperienza gidierristica.
Ciò detto, alcuni evidenziano la tendenza al "tutto e subito" ed è una realtà sicuramente esistente e certamente deleteria, io aggiungo però che noto sempre più spesso l'affezione morbosa e malsana al rispettivo personaggio: quella per cui nulla di male gli può accadere. Si pestano i piedi, si frigna, si piange con la gestione di turno che - solitamente esacerbata e presa per sfinimento, altre volte per propria convinzione che sia la scelta giusta da fare - accontenta, bloccando un determinato tipo di gioco.
Ecco, niente ammazza il gioco più di questo.
L'assenza di difficoltà, di sfighe, di difetti in un personaggio che è sempre irrealmente perfetto. La completa mancanza di conseguenze del giocato di Tizio o di Caio, che solo per aver impiegato tempo e fatica ad ottenere un dato risultato, quel risultato - e per conseguenza il PG che l'ha raggiunto - diviene intoccabile, un dogma cui tutti - piaccia o no - devono attenersi e farselo andar bene a prescindere.
Non si crea gioco, così: lo si uccide.
Non ha scopo, e non ha alcun senso.
Credo che il gioco nasca proprio dalle difficoltà che il nostro personaggio incontra, dal dover fare delle scelte durante il percorso e poi, presto o tardi, pagarne le conseguenze e gestirsele.
Ci si dimentica sin troppo spesso, invece, che il Gioco di Ruolo è l'unico tipo di gioco dove NON ESISTONO vincitori e perdenti, ma è sempre tutto un continuo, di alti e bassi: oggi perdi la battaglia, domani vinci la guerra, dopodomani te la devi vedere con chi vuole crocifiggerti in sala mensa etc etc etc.
24/12/2018 12:26:49
"Giocare", presa dal suo significato letterale significa: Mettere in compentizione, disputare, mettere a rischio qualcosa a rischio di perderla, divagare e assumere un dato comportamento o atteggiamento solo per il fine di diletto.
Cosa vuol dire, "Gioco": Qualsiasi esercizio, singolo o collettivo, cui si dedichino bambini o adulti per passatempo o svago o per ritemprare le energie fisiche e spirituali.
Ma anche: Competizione fra due o più persone, regolata da norme convenzionali e il cui esito dipende in maggiore o minor misura dall'abilità o dalla fortuna.
Quindi in realtà creare gioco significa: creare delle situazioni con cui le persone perdono di vista la realtà e iniziano a usare l'immaginazione, le cui regole rigide, impediscono ai giocatori di avere riferimenti con la realtà, con i problemi, con la quotidianità.
Vuol dire creare delle storie che portino a compiere delle azioni che possano divertire il singolo o la collettività.
Vuol dire riuscire a tirare fuori il bambino che è ancora in noi, anche quando ormai siamo adulti o addirittura anziani, vuol dire usare le emozioni, condividerle e farle condividere.
Cosa vuol dire GdR (Gioco di Ruolo) non è altro che il gioco comune con cui le persone si dilettano.
"Cel'hai" un gioco che da bambini tutti noi abbiamo fatto, segue 2 semplici regole, ed è un GdR, il primo gioco che abbiamo probabilmente imparato per interagire e fare amicizia con altri bambini più o meno della nostra età.
GdR significa fare gruppi, coalizioni per competere con altri gruppi per arrivare a uno scopo ultimo, la vittoria.
Nella vittoria possiamo trovare un premio, o possiamo riceverlo per esaltare la vittoria del gruppo o del singolo, ma non è sempre necessario, perché di per se già la vittoria è un premio perché? perché ti fa sentire soddisfatto e realizzato, emozionato, eccitato...
Ecco, secondo me, cosa vuol dire gioco e cosa vuol dire giocare, da soli o con gli altri.
24/12/2018 19:38:11
E' natale, la viglia per lo meno, quindi mi limito ad un commento striminzito.
Il "gioco" è l'esatto opposto di quanto detto da geko, la radice stessa del termine deriva da un sinonimo di scherzare.
Gioco = attività di svago da non prendere sul serio.
Poi che uno dei piaceri del gioco sia prenderlo sul serio allora si può citare Erasmo da Rotterdam che raccontava quanto fosse uno dei massimi piaceri della vita parlare delle cose serie come se queste fossero frivole e viceversa, prendere seriamente le cose frivole.
Il discorso di geko mi ricorda quando nei tempi che furono a partita finita intorno al tavolo si sentiva il classico "Chi ha vinto?"
Nessuno mamma, il GDR è l'antitesi del gioco competitivo.
La competizione c'è, fa parte dell'indole umana, così come la cooperazione. Il gioco offre, o dovrebbe offrire, una versione calmierata della competizione che esiste tra esseri umani.
Poi che tramite la parola "gioco" si possano nascondere le peggiori nefandezze, vedasi videopoker (un nome a caso), è un altro discorso.
25/12/2018 15:44:13
Il termine Gioco ha in italiano (ed in molte altre lingue) diversi significati, a volte tra loro in contrasto. Quello che c’è sempre nel gdr e in altri giochi non c’è secondo me lo percepiamo tutti in maniera istintiva. Altri elementi occasionali (come qualche forma di competizione) alle volte ci sono ed altre volte no.
Meglio di me l’ha scritto Verdux e meglio di lui l’autore del quale parla qui http://www.giocatoridiruolo.com/giochi-caillois-maschera-vertigine/.
È utile quantomeno per avere un lessico comune
26/12/2018 18:50:45
26/12/2018 22:36:44
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