L’idea di un elaborato che approfondisse il “gioco d’azzardo patologico” (GAP) è
nata e si è sviluppata in seno all’esperienza di lavoro “sul campo” in una struttura
residenziale di prima accoglienza rivolta ad utenti tossicodipendenti.
La constatazione che la dipendenza non si limita soltanto alle sostanze stupefacenti
quali eroina, cocaina, alcool, farmaci e droghe sintetiche comunemente note, ma può
assumere modalità (sempre distruttive) e forme diverse, unita all’inserimento nella struttura
di soggetti con altre forme di dipendenza, non da sostanze, quali internet, shopping
compulsivo e gioco d’azzardo, e la realtà dei fatti che dimostra come spesso le “new
addictions” e le cosiddette “dipendenze comportamentali” si accompagnano ad altre
dipendenze da sostanze (in particolare all’alcool) mi hanno portato ad approfondire in varie
direzioni l’aspetto della dipendenza nei miei studi accademici.
La scelta della dipendenza da gioco d’azzardo è stata poi definita dalla
frequentazione di un corso sul gioco d’azzardo organizzato dalla Regione Toscana per ASL
8 di Arezzo nel 2007 in occasione del quale ho preso atto della portata del problema e degli
sviluppi che, credo, avrà negli anni a venire. Il dramma di chi rimane coinvolto in modo
diretto o indiretto, i tentativi di fronteggiare il problema che dilaga, l’aspetto pionieristico
dei primi professionisti (psicanalisti, psicologi, educatori, assistenti sociali, comunità
terapeutiche, etc.) che si formano per la presa in carico dei nuovi pazienti, e non ultimo, il
riconoscimento del gioco d’azzardo patologico come “nuova dipendenza” (“new addiction”
nella letteratura internazionale) inserita nel “Piano Sanitario Regionale 2005-2007”1 della
regione Toscana, mi hanno fatto intravvedere l’opportunità di un lavoro che potesse essere
coerente con il mio itinerario accademico e professionale, trattasse un argomento attuale e
interessante, facesse crescere le mie competenze.
A questo si aggiunga la possibilità di frequentare il Ser.T. Zona Aretina, all’interno
del Diparimento delle Dipendenze di Arezzo, caratterizzato da un interessante dinamismo
organizzativo, che ha risposto alle nuove richieste di “presa in carico” di soggetti
dipendenti dal gioco strutturando il “Gruppo per il Gioco d’Azzardo e le Nuove
Dipendenze” (G.A.N.D.); l’analisi del modello organizzativo di questo nuovo strumento operativo soddisfa le richieste accademiche di un elaborato che abbia un taglio rivolto alla
organizzazione e alla gestione dei servizi educativi e formativi.
La conoscenza diretta di diversi dei protagonisti della letteratura scientifica a
riguardo, relatori a diversi momenti di formazione a cui ho partecipato, la collaborazione
degli operatori e dei medici del Ser.T. Zona Aretina, e la esplorazione di un tema-problema
così insidioso, nascosto eppure molto presente nel quotidiano non solo “lavorativo” e
terapeutico per chi è del settore, hanno dato la spinta decisiva a questo tentativo di ingresso
nel mondo del gioco d’azzardo.
Il lavoro ha un taglio volutamente attento all’aspetto di organizzazione e gestione
del servizio del Ser.T. ed in particolare del Gruppo per il Gioco d’Azzardo e le Nuove
Dipendenze (G.A.N.D.) e all’aspetto educativo-preventivo-di presa in carico; si privilegia
lo sguardo sulla figura dell’educatore professionale, sia rispetto a quanto viene richiesto dai
servizi, sia per quanto riguarda la sua formazione; non si concentra sugli aspetti più
tecnicamente clinici e psichiatrici dei giocatori patologici, in quanto esulano dagli obiettivi
dell’elaborato stesso.
Verranno comunque offerte nel primo capitolo alcune informazioni legate al GAP
per calarsi in un mondo poco noto ai più e per fare il punto della situazione e dei giochi
degli ultimi anni, data la rapida evoluzione del settore dovuta, oltre che ad un incremento
del gioco a livello globale, anche allo sviluppo della tecnologia che ha consentito nuove
modalità e opportunità, e di conseguenza nuovi “pericoli” e rischi per i giocatori, con
particolare attenzione alla popolazione degli adolescenti.
Nel secondo capitolo si affronteranno i temi legati alla dipendenza, delineando le
distinzioni terminologiche tra dependence e addiction necessarie per comprendere il
fenomeno delle “dipendenze senza sostanza” all’interno del quale si colloca il GAP; quindi
si farà cenno al faticoso iter del GAP all’interno del DSM, alla comorbilità, agli strumenti
diagnostici maggiormente utilizzati per la rilevazione della patologia, e agli strumenti
terapeutici messi a punto in Italia da quando si è decisa la presa in carico dei giocatori.
Il terzo capitolo è dedicato alle concezioni portanti sottese alla creazione del
modello in oggetto, ossia la prospettiva del GAP nell’ottica della salute pubblica, gli aspetti
più inerenti legati alla prevenzione primaria, secondaria e terziaria, ed al lavoro di rete, con
applicazioni concrete di disegni di reti primarie e secondarie a casi di giocatori patologici.
All’interno del capitolo si apre uno spazio per alcune considerazioni di fondo rispetto al
contributo che educazione e formazione possono offrire rispetto alla problematica in
oggetto, utili anche per chi è chiamato a svolgere un ruolo importante all’interno della
prevenzione e della presa in carico dei soggetti dipendenti da GAP. Si sono scelti i temi
dell’educazione al gioco creativo, al pensiero critico ed alla responsabilità, visti i punti di
contatto con la patologia trattata in questo elaborato. Ci si soffermerà poi sul ruolo
specifico dell’educatore professionale all’interno del Gruppo G.A.N.D. e su ciò che viene
richiesto a questa figura nell’ambito della prevenzione al GAP e della presa in carico degli
utenti.
Nel quarto capitolo si descriverà il modello organizzativo e di intervento del Ser.T.
ASL 8 Zona Aretina e del Gruppo G.A.N.D. all’interno del Dipartimento delle Dipendenze,
specificamente strutturato per far fronte ai problemi legati al gioco d’azzardo. Questo
modello, propone una modalità di intervento integrato a vari livelli: organizzativo, clinico
(con l’intervento di figure e competenze multiprofessonali), di rete (con la costituzione del
Gruppo di Lavoro Interistituzionale), e preventivo (con il coinvolgimento di diversi soggetti
della comunità locale per una condivisione di informazoni, esperienze e strategie).
L’ultimo paragrafo è dedicato al bilancio del lavoro svolto fino ad ora dai gruppi G.A.N.D.
e GdL G.A.N.D.