Gli “Indagatori dell’ Occulto” nella cultura pop
“Sieti disturbati da strani rumori nel pieno della notte? Provate un senso di terrore in cantina o in soffitta? Voi o i vostri familiari avete mai visto spiriti, spiritelli o fantasmi?” Se la risposta è sì, probabilmente molti di voi avranno visto i “Ghostbusters” almeno una dozzina di volte. Adesso confessate, quanti di voi, che adesso stanno arrossendo dietro lo schermo, non hanno esitato, lontano da sguradi indiscreti, a mettere in pausa vhs/dvd/bluray, per prendere furtivamente il telefono di casa e digitare il 555-2368, con la speranza fugace di contattare i veri acchiappantasmi?
Tranquilli, non siete soli, la vostra chiamata potrebbe essere stata tra le 1000 chiamate che hanno intasato 24 ore al giorno, per sei settimane, i centralini degli studios.È una questione di carisma, quello che manca totalmente nel remake/reboot del 2016.
Nel 1984, in un’epoca priva dell’ausilio sfrenato della computer grafica e di una promozione massiccia sui social network, il successo mediatico della pellicola di Ivan Reitman risiede proprio nella sua capacità di risvegliare nel grande pubblico quel “sense of wonder”, tipico dell’ “Età Dell’Oro della Fantascienza” degli anni Quaranta e Cinquanta, basato sulla sospensione della realtà o la più letteraria volontà di sospensione dell’incredulità, che sembrava essere morto e sepolto proprio a causa della fantascienza stessa, nella sua variante distopica e apocalittica, talmente futuribile da sembrare reale.
Per farlo Reitman si affida all’ironia dei suoi protagonisti, quattro universitari fuori corso esperti in parapsicologia, che sfruttando le ansie e le angosce della contemporaneità, si reinventano cacciatori di ectoplasmi. Un team di eroici imbroglioni, interpretato dai più irriverenti comici del Saturday Night Live e ispirato al corto della Disney, “Lonesome Ghost” del 1937, che strizza l’occhio alla cialtroneria cartoonesca delle avventure psichedeliche della Mistery Inc. di Scooby Doo & Co, creati dalla concorrente Hanna&Barbera.
Il film flirta in modo scanzonato con l’immaginario suggestionabile di ogni spettatore, da sempre sensibile al fascino dell’ignoto, del mistero, dell’occulto, resuscitando intelligentemente uno dei più prolifici archetipi del fantastico, quello dell’investigatore del paranormale. Una figura mitica, nata dalle pagine della cronaca, per poi sbizzarrirsi su quelle della lettura weird di fine Ottocento.
Come non citare a proposito di investigatori del paranormale i tre storici acchiappantasmi del piccolo schermo? Da sinistra la delirante serie live action “The Ghost Busters” del 1975 che ispirò la successiva e più nota serie animata “Ghostbusters” prodotta dalla Filmation del 1986 che nulla a che spartire con la contemporanea serie animata ispirata al film del 1984 , ,”The REAL Ghostbusters” sempre del 1986,
Un figlio tenebroso della contemporaneità, in grado di catalizzare automaticamente l’attenzione delle masse, grazie alla sua dimestichezza con i dubbi ancestrali dell’umanità e alla sua capacità di indagare ciò che la logica si rifiuta di spiegare, attraverso un armamentario di competenze e tecnologie fittizie, a metà fra scienza ed esoterismo, teorie di confine e sapienza occulta, suscitando ogni volta un sentimento di meraviglia e di vago timore.
Il suo (super)potere non è quello di stabilire o meno l’esistenza di fantasmi, mostri o alieni ma di giocare sulla nostra disponibilità e propensione a crederci. Non è un caso che sia stato proprio il cinema, con la sua illusione del “telo bianco”, a reinventare le gesta di una folta schiera di neonati “Detective dell’Occulto”, che a partire dalla fortunata saga di Ivan Reitman, negli ultimi trent’anni, sono tornati alla ribalta dei nuovi media, dal cinema ai fumetti, pronti ad affrontare e risolvere i nuovi incubi della società moderna.
Non importa che si tratti di cinici imbroglioni come Frank Bannister, impersonato da un inedito Michael J. Fox, nella black comedy, “The Frighteners – Sospesi Nel Tempo” diretta da Peter Jackson nel 1996 o di futuristici “Uomini Nero” alle prese con l’immigrazione interstellare dal ‘97.
A sinistra la copertina di Frighteners del 1993 di Peter Jackson, una pellicola ironica e pungente da riscoprire. A destra l’agente J. e l’agente K. che si sparaflashano una foto badassica per il primo film della trilogia.
Non importa che agiscano sul grande o sul piccolo schermo, come lo “spettrale” agente Mulder e la sua scettica partner Scully, tornati da poco in servizio, alle prese con i complotti alieni nella serie cult X Files, ideata da Chris Carter.
I tre suggestivi artwork della decima (mini) serie andata in onda nel 2016.
Non importa che vivano nelle vignette di una caotica New York, come Martyn Mystére, il “Detective dell’Impossibile” di Alfredo Castelli o nella fumosa Londra di Craven Road, dove abita il tormentato “Indagatore dell’ Incubo”, partorito dall’introversa immaginazione di Tiziano Sclavi.
Chi ricorda questo storico incontro? M.M e D.D, i due amici/nemici di casa Bonelli, insieme per uno storico team up per salvare l’umanita dall’estinzione, Il primo uscito nel ottobre del lontano 1990 e sceneaggiato da Alfredo Castelli, il secondo uscito esattamente due anni dopo nel 1992, sceneggiato da Tiziano Sclavi, Entrambi disegnati da Giovanni Freghieri con le splendide copertine di Stano.
Non importa, purché se ne parli, perchè il rinnovato successo di questi professionisti dell’ignoto è indiscutibile. Negli States ne è un fulgido esempio il controverso dibattito social sul nuovo capitolo della saga, tutta al femminile, dei “Ghostbusters” , mentre in Italia, migliaia di fan in delirio, festeggiano la longevità del nostro caro “old boy” Dylan Dog , allo scoccare del suo trentesimo anniversario dalla sua (ri)nascita editoriale.
Ma quali e quanti sono gli investigatori della “Twilight Zone”? Chi ha inventato chi? E voi, chi chiamereste all’occorrenza?
Apocalittici e Dylaniati: i “Dective dell’ Occulto” della letteratura tra finzione e realtà
Stabilire chi sia stato il primo esponente e il principale ispiratore della figura dell’ investigatore del soprannaturale non è cosa facile. Soprattutto se si prende in considerazione il fatto che, negli anni Venti e Trenta del Novecento, assistiamo ad una vera e propria inflazione di questi personaggi sulle pagine dei pulp magazines, in particolare su quelle della celebre Weird Tales.
Weird Tales è il più famoso pulp magazine statunitense di racconti dedicati all’ insolito, al fantastico e al terrore. Pubblicato per la prima volta nel marzo del 1923. Il periodico fu fondato a Chicago da J. C. Henneberger, un ex giornalista con il gusto per il macabro. Edwin Baird fu il primo editore del mensile, aiutato da Farnsworth Wright. La testata venne chiusa nel 1954 per poi essere riesumata in una seria di occasioni dal 1988 al 2007. Mentre da marzo del 2011 è iniziata una distribuzione in edizione italiana della rivista.
La fortuna di questo filone, in molti casi declinazione del poliziesco, soprattutto nei paesi anglosassoni, fu dovuta principalmente al trionfo della serialità nella letteratura popolare e all’esigenza di colmare una necessità dell’immaginario collettivo dell’epoca, in tensione tra due poli: quello dei positivismo scientifico e quello di un irrazionalismo montante, gravido di magia. Se vogliamo identificare il padre putativo del genere però, dobbiamo fare un passo indietro e parlare di Auguste Dupin di Edgar Allan Poe, considerato il primo detective letterario, che nei racconti di cui è protagonista, definisce le regole del poliziesco moderno. Di particolare importanza è proprio uno di questi: “I Delitti della Roue Morgue” apparso nel 1841, dove per la prima volta l’enigmaticità, tipica del “giallo”, acquisisce una nota perturbante e metafisica che alberga nei recessi più bui dell’animo umano.
È dunque possibile che sia stato proprio questo modello a ispirare l’altrettanto celebre Martin Hesselius, creato dal malinconico scrittore irlandese Sheridan Le Fanu. A cui spetta dunque non solo il merito di aver inventato Carmilla, la prima vampira, saffica e morbosa dell’omonimo racconto del 1872 ma anche il primato letterario del “dottore psichico”. Infatti Il Dr. Hesselius è un medico particolare, pronto a fronteggiare, tramite un sistematico razionalismo analitico, gli avvenimenti soprannaturali che popolano le sue avventure, descritte nei cinque racconti, contenuti nell’ antologia “Un oscuro scrutare” del 1872.
Tuttavia gli esempi riportati sono ancora episodi sporadici, rispetto alla moda che dilagherà negli anni seguenti, grazie alla comparsa nel 1887 del detective privato per antonomasia: Sherlock Holmes. Potrebbe sembrare strano che proprio il “segugio di Baker Street”, il maestro della logica deduttiva, il più razionale degli investigatori, sia stato il riferimento principale per questi personaggi al limite del fantastico; eppure basterebbe rileggere con attenzione alcuni dei suoi racconti, come “Il Mastino dei Baskerville” del 1902 o “L’ avventura del vampiro del Sussex” del 1924, per renderci conto di quante volte Holmes e il suo fido assistente il Dr. Watson si cimentino Van Hecon gli “orrori” dell’irrazionale.
Sarebbe ancora più facile tenendo presente la facilità con cui il suo autore, lo scozzese Sir Arthur Conan Doyle, era attratto dagli studi sullo spiritismo e il mesmerismo, come testimoniato dalla sua biografia e dalla sua ricca produzione letteraria, quella legata al mistero, tra cui spiccano tra tutti: “il Guardiano del Louvre” del 1890 e “La Mummia” del 1892 e quella fantascientifica, inaugurata con “Il Mondo Perduto” nel 1912.
A tutti i fan del paranormale e di Sherlock Holmes, consiglio la lettura di questi tre sfiziosissimi pastiche letterari, curati da Loren D. Eastman che non vi lasceranno delusi. Tutti i volumi sono stati tradotti in Italia dalla Edizioni Gargoyle
A modellare ancora le caratteristiche del “detective dell’occulto” concorre però anche un’altra figura di spicco della letteratura mondiale, ovvero Abraham Van Helsing, professore universitario, filosofo metafisico e sulfureo antagonista de re delle creature della notte, che apparirà dieci anni dopo la comparsa di Holmes nel 1897, grazia alle penna di Bram Stoker, un altro irlandese alle prese con i vampiri, in “Dracula”, uno dei romanzi capostipite del genere gotico del vecchio continente.
Il personaggio di Van Helsing ha avuto un enorme riscontro di pubblico tanto da comparire in quasi quaranta opere cinematografiche o televisive. Tra le interpretazione più suggestive però non possiamo non menzionare da sinistra: Edward Van Sloan nel “Dracula” del 1931 diretto da Ted Browning, il mitico Peter Cushing in “Dracula il vampiro” del 1958 diretto da Terence Fisher e infine il sulfureo Anthony Hopkins nel “Dracula di Bram Stoker” del 1992 diretto da Francis Ford Coppola.
D’altronde è proprio nel tardo Ottocento che nella letteratura europea iniziano a confluire sempre di più elementi legati alle presenza di forze oscure e soprannaturali, spesso ispirati a superstizioni e leggende locali come i vampiri o i fantasmi, come “A Christmas Carol” di Charles Dickens del 1843, oppure a casi sanguinosi di cronaca come “Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hide” di R. L. Stevenson del 1886.
È proprio a uno dei personaggi di R.L Stevenson, il principe Florizel, protagonista del racconto breve “Il Club dei Suicidi”, che si ispira parzialmente lo scrittore britannico M.P. Shiel per la creazione del primo clone holmesiano: il Principe Zalesky, che compare in una raccolta omonima apparsa nel 1895. Un nobile russo decaduto, appassionato di orientalistica e misteriosofia, che dal suo maniero abbandonato, nel tempo libero, indaga con il suo “Watson” su una serie di efferati delitti, grazie a una preveggenza quasi magica, dovuta a stati di trance, che gli permette, di volta in volta, di ricostruire l’accaduto.
Da sinistra un’elegante edizione del “decadente” Principe Zaleski mentre a destra l’opera più nota di M. P. Shiel ovvero “La Nube Purpurea” del 1901. La bibbia della fantascienza (post)apoclittica, in cui viene narrata tutta la struggente solitudine dell’ultimo uomo sulla Terra.
Più conforme alla definizione moderna del personaggio è invece Flaxman Low. Creato dal connubio tra l’autore Hesketh-Prichard e sua madre Kate, sotto lo pseudonimo di E. e H. Heron e apparso sul Pearson’s Magazine tra il 1898 e il 1899, riscosse subito il plauso di autori stimati come Doyle e di M. R. James. Pressoché sconosciuto in Italia fino a poco tempo fa, è il primo a fregiarsi del titolo di “psicologo dell’ Occulto” e a non credere nel soprannaturale, bensì alle sue manifestazioni, che tende a considerare del tutto naturali, imputando alla scarsa conoscenza della società l’attribuzione a un mondo trascendente.
Ecco alcune delle evocative illustrazioni realizzate dall’artista B. E. Minns per la raccolta “The Experiences of Flaxman Low” del 1889
Tra il 1907 e il 1910 invece emergono due personaggi in particolare, che perfezionano tutte le caratteristiche dei loro colleghi precedenti. Il primo e’ quello di Algernon Blackwood con il suo John Silence, che richiama nel nome il “Johannes de Silentio”, pseudonimo con il quale il filosofo danese Kiergegaard firmò “Timore e Tremore”, per discutere i problemi fondamentali della filosofia morale e della teologia. Silence è un facoltoso medico barbuto sulla quarantina, che cura i meno abbienti e diffida dai ciarlatani, imbattendosi spesso in manifestazioni sovrannaturali (case infestate, maledizioni ancestrali, reincarnazioni, spettri, sette demoniache) che affronta, a volte accompagnato dall’amico Mr Hubbard, con tutto l’armamentario tipo dei racconti dell’occulto (esorcismi, evocazioni, rituali magici) ma soprattutto con una profonda fede nell’integrità morale. Più simile a Van Helsing che a Holmes ed Hesselius, crede nell’ esistenza dell’ultraterreno e le situazioni che vive glielo dimostrano.
A sinistra l’edizione italiana delle avventure di John Silence edita da UTET e a destra il suo autore Algernon Blackwood, di cui suggeriamo anche la lettura del racconti “The Willows”(1907) e “The Wendigo” (1910). Il suo John Silence è spesso considerato una delle maggiori ispirazioni di Dylan Dog. In comune hanno effettivamente uno spiccato altruismo e la capacità di gestire la paura nelle condizioni più esasperate.
Pur nell’estrema libertà narrativa, nei suoi racconti emerge il grande bagaglio culturale legato all’ immaginario occulto condiviso dall’autore. Blackwood infatti era un affiliato del “Golden Dawn”, il leggendario Ordine Ermetico, sorto nella Londra vittoriana del 1888, per iniziativa di un gruppo di massoni, cultori della magia e che raccoglieva tra i suoi accoliti alcuni tra gli spiriti più brillanti e inquieti del momento come Yeats, Arthur Machen e l’onnipresente Aleister Crowley.
Proprio parlando di Crowley è giusto accennare come dalla sua penna nel 1916 sorse un altro detective anomalo, Simon Iff, uso a risolvere casi criminali attraverso peculiari doti di psicologo, mistico e mago.
Il secondo, più famoso e più citato, è Thomas Carnacki creato dal celebre scrittore William Hope Hodgson, protagonista di sei storie tra il 1910 e 1912, pubblicate sulle riviste The Idler e The New Magazine, poi raccolte in un unico volume nel 1913. Anche in questo caso il nome del personaggio sembra essere legato a quello di un persona reale, il conte polacco De Karnice-Karnicki, scienziato e filantropo, che tra la fine dell’ Ottocento e il secolo successivo, si interessò a prevenire il problema delle “sepolture premature” , inventando un ingegnoso apparecchio per salvare i sepolti vivi.
Carnacki è un personaggio eccentrico, come tutti i detective, che si diletta raccontare i propri casi singolari, invitando periodicamente a cena i suoi amici, tra cui lo stesso Hodgson. Che si tratti di apparizioni o di altro, la sua particolarità è quella di avvalersi per le sue indagini di apparecchiature scientifiche moderne, come la macchina fotografica o il misterioso “pentacolo elettrico” di sua invenzione, uno strumento sicuro per difendersi dalla manifestazioni occulte.
A differenza dei suoi predecessori, questo personaggio si qualifica principalmente nel ruolo di “ghost-finder”, cavalcando il fiorente interesse spiritico della Gran Bretagna e anticipando di qualche anno il precursore dei Ghostbusters, Harry Price (1881-1948), ghost hunter di professione e fondatore a Londra del Laboratorio di Ricerche Psichiche, che nel 1936 pubblicherà la sua biografia “Confessions of a Ghost Hunter”.
Carnacki nel tempo ha riscosso un grande successo, tanto da godere di una seconda vita, apocrifa, in forma di pastiche, a fianco di colleghi blasonati come Sherlock Holmes, Doctor Who e militando tra le fila della “Lega degli Straordinari Gentleman” di Alan Moore.
Per ragioni di completezza è giusto citare anche altri due detective britannici decisamente singolari. Gideon Fell di John Dickinson Carr, un corpulento ed esuberante lessicografo in pensione, attivo dal 1933 al 1967 ed ispirato allo scrittore Gilbert Keith Chesterton, il cui metodo intuitivo lo porta a risolvere i problemi “impossibili” che spesso si trova ad affrontare semplicemente grazie al buon senso e alla logica.
L’altro è il Dr Taverner apparso in un solo libro “I segreti di Taverner, dottore dell’ Occulto” del 1926 scritto da Dion Fortune, pseudonimo di Violet Mary Firth, psicologa, insegnante, occultista e membro della sopracitata Golden Dawn. Taverner non è esattamente un detective ma il medico di un manicomio, alle prese con dei pazienti afflitti da manifestazioni soprannaturali.
A sinistra l’indomito Gideon Fell sulla copertina di “The Three Coffins” del 1935 e accanto il Dr. Taverner in compagnia di un suo singolare paziente.
Tuttavia sebbene sia proprio la Gran Bretagna la madre patria di questi indagatori del paranormale, non mancano di certo esempi di diversa provenienza e nazionalità, come dimostra il caso di Jules de Grandin, simpatico detective francese dell’occulto, creato dall’americano Seabury Quinn tra il 1925 e il 1951. Grandin somiglia un po’ al suo connazionale Hercule Poirot, da cui ha mutuato le colorite esclamazioni in francese e un certo distacco professionale nell’affrontare, in compagnia del suo amico il Dr. Trowbridge, bizzarre avventure che vedono alternarsi fantasmi, lupi mannari, mummie e satanisti. I racconti, oltre novanta, mantengono un tono leggero e un’esposizione accattivante, nonostante una certa dozzinalità e ripetitività delle trame.
È proprio varcando l’Oceano che rintracciamo un’intera palestra di investigatori del mistero offerta dai popolarissimi pulp magazines, in particolare dal più noto in fatto di orrori, quel Weird Tales che diede i natali ad autori del calibro di H. P. Lovecraft, Clark Ashtone Smith e R. E. Howard.
In molti casi si tratta di detective una tantum, come il Dr. Armitage che Lovecraft coinvolge nell’allucinante indagine de “L’Orrore di Dunwich” del 1929 o del Professor Angell, esperto il lingue semitiche e condannato all’oblio per i suoi studi legati al culto di Chtulhu.
Citando Lovecraft non si può non fare riferimento anche al suo prolifico amico e confidente Howard, padre, tra i suoi tanti antieroi fantasy, di un altro mattatore del genere: Solomon Kane. Uno spadaccino puritano del XVI secolo, convinto di essere al servizio divino contro le forze del Male, dai mercanti di schiavi ai vampiri. Nelle sue avventure Kane, alto, magro, pallido e rigorosamente vestito di nero, gira il mondo, dalla giungla africana alla foresta amazzonica, spinto da un vero e proprio fanatismo religioso e da un spirito insano di giustizia. Il ciclo è composto da sedici opere tra racconti, romanzi, poesie e frammenti che vanno dal 1929 al 1936, oltre ad una serie di fumetti pubblicati dalla Marvel Comics e dalla Dark Horse, oltre a un trasposizione cinematografica del 2010 diretta da Michael J. Basset.
Sempre sulla rivista Weird Tales incontriamo altri due protagonisti degni di nota: il Giudice Pursuivant e il suo erede John Thunstone, entrambi presentati da Manly Wade Wellman in un ciclo di storie che va dal 1938 fino al 1951. Il primo, corpulento e dai baffi biondi, è un consumato eroe di mezza età, che ha militato nei servizi segreti americani durante la guerra e che, ormai in ritiro, si prodiga ad aiutare tutti coloro che sono coinvolti in vicende paranormali, grazie all’ausilio di una spada d’argento nascosta in un bastone da passeggio. Un’arma benedetta posseduta da San Dustan di Canterbury e dunque in grado di abbattere facilmente licantropi, vampiri e mostri in generale. Il secondo invece, è un giovane e prestante playboy, nonché esperto di occultismo, che ereditata la lama del suo mentore, si trova a combattere non solo contro le stesse creature infernali ma anche contro gli“shonokins”, esseri sovrumani, al servizio dello stregone Rowley Thorne, che millantano di aver governato il Nord America prima dell’avvento degli uomini.
In tempi recenti tanti, forse troppi, altri scrittori, appartenenti ai generi più disparati, hanno rinverdito il filone, contribuendo ad inventare la loro personale versione di questi investigatori dai nomi sempre più stravaganti. Da Clive Barker con il suo tatuato Harry D’Amour, presentato in uno dei suoi racconti de “I Libri di Sangue”, a Douglas Adams con il suo “Investigatore Olistico” sui generis Dirk Gently; Da Lin Carter con Anton Zarnak, a Brian Lumley con il suo Titus Crow, le cui avventure si inseriscono nel ciclo lovecraftiano.
E ancora da Jessica Amanda Salmonson con Miss Penelope Petiweather a Laurell K. Hamilton con la cacciatrice di vampiri Anita Blake, da Mercedes Lackey con Diana Tregarde a James Herbert con David Ash, fino a Katherine Kurtz e Deborah Turner Harris con il loro ciclo di Sir Adam Sinclair.
Il detective Harry D’Amour appare anche al cinema nel 1995 ne “Il Signore delle Illusioni”, l’ultimo film da regista del “demoniaco” Clive Barker.
Tuttavia, non possono mancare all’appello alcuni personaggi che, pur appartenendo all’universo dei comics d’autore, hanno comunque contribuito ad innovare questa galleria di surreali specialisti, riscontrando spesso l’interesse di Hollywood. Sto parlando di John Costantine, nato nel 1985 dalla sempreverde fantasia di Alan Moore e soci per la DC Comics/Vertigo. Un arrogante e ironico bastardo, con soprabito e sigaretta, sempre pronto ad affrontare la follia, grazie ad un cocktail di acume e nozioni di magia.
Tutte le trasposizione di John Costantine. Dalle pagine di Hellblazer, al film del 2005 interpretato da Keanu Reeves, fino alla recente serie televisiva del NBC del 2015
Hellboy, per gli amici Red, il demone tutto bacco, tabacco e tenebre, evocato nel 1993 dalle chine di Mike Mignola, al servizio del B.P.R.D ovvero l’ “Ufficio per la ricerca e difesa dal paranormale”. Il carnet di avversari di Red è davvero vastissimo, si va da Adolf Hitler a Satana, passando per Anubi e Rasputin.
A sinistra la locandina della prima pellicola dedicata ad Hellboy del 2004 diretta da Gullermo del Toro a destra una delle cover della serie regolare di Mike Mignola.
Fino ad arrivare ad una nostra vecchia conoscenza. Probabilmente il più sofisticato e umano di questa lunga schiera cui è dedicato questo articolo: Dylan Dog, l’ultimo dei romantici.
la tradizione narrativa, aggiornandola, frantumandone la struttura per mescolarne i brandelli con altri riferimenti, ottenuti da altre fonti (musica, cinema, attualità). Un ex agente di polizia, ex alcolizzato, ex carnivoro, ex amante, giovane di anni ma vecchio di ore, in perenne esilio da se stesso, come il suo autore Tiziano Slavi.
L’unico detective pronto a interrogarsi di che materia siano fatti i sogni (o meglio gli incubi) dei clienti che “urlano” davanti alla sua porta. Un uomo condannato a vestire tutta la vita l’abito di un giorno assoluto. Un eroe suo malgrado dei tempi moderni, custode dal 1986 di una generazione scheggiata di lettori imperfetti e ipocondriaci, che ha imparato, a sue spese, quanto possano insegnargli i “mostri” quando finisci per trovarci un’allusione e quanto pesino i disegni di un fumetto quando, trent’anni dopo, puoi scorgerci dentro ancora un’emozione.