John Ronald Reuel Tolkien aveva già le idee molto chiare quando, in
quel lontano 1939, lavorava alla prima stesura di On Fairy stories. Non a
caso infatti, il noto professore di Oxford spese la sua intera vita a
difendere i concetti di fantasia e immaginazione, molto spesso relegati
esclusivamente al mondo infantile, bistrattati e discriminati dal mondo
della letteratura e non solo.
La mente umana è in grado di creare immagini di cose che non sono
realmente esistenti, e creare queste immagini non è difficile. La vera
difficoltà risiede nell'attitudine a percepirle. Benché la comprensione di
esse possa variare a seconda dell'individuo ed essere più o meno
articolata, deve essere ben chiaro che si parla di una differenza di grado
piuttosto che di tipo. Il mondo della fantasia è pur sempre il mondo della
fantasia, che lo si veda nitido e definito davanti ai propri occhi o che lo si
percepisca spoglio e indistinto come un sogno che riaffiora dopo tanti
anni.
Di certo la fantasia può essere portata all'eccesso, e le sue immagini
considerate assurde e inconcepibili, tuttavia si ricordi che l'uomo (e non
il bambino) non ha creato soltanto elfi, fate e gnomi le cui dimore vengono ricavate dagli spessi tronchi di alberi secolari o caverne
nascoste da cascate d'argento, ma anche divinità buone e cattive che
tutt'oggi venera.
Nato a Bloemfontein, Sudafrica il 3 gennaio 1892, John Ronald era il
primogenito di Arthur e Mabel Tolkien, di natali inglesi, trasferitisi lì per
motivi di lavoro.
Arthur, infatti, era un funzionario di banca all'apice della sua carriera,
e aveva deciso di spostarsi nella filiale africana per cogliere al volo
l'opportunità di una eventuale promozione. Il continente nero costituiva
un buon trampolino di lancio per tutti coloro che, come Arthur, erano
giovani ambiziosi disposti a tutto pur di farsi notare nel campo delle
finanze. Sotto questo punto di vista le aspettsapere più nulla di lei, smise anche di supportarla economicamente. Un
prezzo che fu pagato amaramente con la miseria e la discriminazione che
seguirono negli anni successivi fino alla sua morte nel 1904,
sopraggiunta per via di complicazioni dovute all' aggravarsi del diabete
che l'aveva colpita già da tempo e alla mancanza di cure che non poteva
permettersi data la sua condizione.
Tolkien non perdonò mai del tutto i parenti, poiché li riteneva
responsabili della morte della madre. Il loro rifiuto nei confronti della
sua conversione al cattolicesimo e la loro indifferenza alle sue condizioni
di salute precarie negli ultimi anni della sua vita, la indussero a morte
precoce.ative di Mabel non furono di certo disattese, poiché, dopo poco tempo passato a lavorare per la Bank
of Africa, suo marito fu promosso a direttore: Arthur incominciava a
scalare rapidamente i ranghi della sua professione, facendosi un nome e
rinsaldando la sua posizione sempre con più determinazione e fermezza.
Questo era per Mabel, almeno inizialmente, un motivo sufficiente per
sopportare la permanenza in quel posto inospitale e, sebbene suo marito
passasse gran parte del suo tempo fuori casa per via del suo influente
status e per lei fosse molto difficile legare con gli Afrikaner, che non
vedevano di buon occhio la popolazione britannica, le giornate
scorrevano tutto sommato in maniera tranquilla.
Tuttavia, la nascita del secondogenito Hilary nel 1894 e le precarie
condizioni climatiche e sanitarie in cui versava il continente africano,
presto spinsero Mabel a desiderare di cambiare aria, che l'anno seguente decise di portare i figli in vacanza in Inghilterra perché potessero venire
a contatto con le loro radici. I bambini infatti, in particolar modo il
piccolo John Ronald, soffrivano particolarmente l'afa del deserto e la
presenza di insetti velenosi, i quali più volte avevano attentato alla sua
salute.
Purtroppo però, proprio quando si convinse a concedersi un periodo di
pausa dal lavoro per poter trascorrere del tempo con la sua famiglia nel
loro paese natale, Arthur fu colpito da una grave forma di febbre
reumatica che lo tenne bloccato a letto, che peggiorò rapidamente quella
stessa estate senza lasciargli scampo né dare il tempo a sua moglie e i
suoi figli di salutarlo un' ultima volta. Moriva così il capo della giovane
famiglia Tolkien, lasciando una vedova di 26 anni sola con due bambini
da allevare e con una piccola rendita mensile come unica fonte di
sostentamento.
Fortunatamente, grazie al supporto economico da parte della famiglia
e al vitalizio ereditato dal marito, Mabel ebbe la possibilità di trasferirsi
in un piccolo casale a Sarehole, nella periferia di Birmingham, dove poté
educare i figli in tranquillità ed alimentare la già manifesta
predisposizione all' apprendimento delle lingue e della letteratura del
piccolo Ronald. Gli faceva leggere molti dei libri più rappresentativi
della letteratura per bambini dell'epoca, come The Treasure island, Alice
in Wonderland e The Pied Piper of Hamelin, che divorava avidamente
mentre in contemporanea già si dilettava a scrivere le proprie storie.
Qui, per la prima volta il giovane poté respirare l'aria fresca e
incontaminata delle campagne della periferia di Birmingham, e stare a contatto con la natura: uno scenario idilliaco, costituito da alberi, fiori e
persone, che alimentava costantemente la sua fantasia e che molti anni
dopo avrebbe ispirato la creazione della Contea.
Ma sul finire del 1900 le carte in tavola vennero nuovamente
cambiate, e la vita della famiglia Tolkien fu destinata ad essere
nuovamente sconvolta: Sarehole era stato un luogo ideale dove
trascorrere gli anni dell'infanzia, ma ora Ronald era stato ammesso alla
prestigiosa King's Edward School, dunque si avvertì la necessità di
spostarsi nuovamente in città poiché la spesa giornaliera per prendere il
treno fino a Birmingham era troppo onerosa.
L'ammissione di John Ronald non fu però l'unica ragione del
trasferimento in città: già nel 1899, infatti, Mabel iniziò ad avvicinarsi al
cattolicesimo, poiché in seguito alla morte del marito si ritrovò a dover
combattere con un costante e profondo senso di abbandono, che non
poteva essere compensato nemmeno dalla presenza dei suoi figli. Essi
infatti, si completavano a vicenda, e nell'ameno scenario di periferia nel
quale si erano trovati a trascorrere la loro spensierata infanzia, avevano
stretto un rapporto molto intimo, quasi simbiotico. Per Mabel invece era
diverso. Senza più punti di riferimento nella sua vita, la possibilità
confidarsi e confrontarsi con un compagno, né l'eventualità di risposarsi,
si ritrovò a cercare le risposte rifugiandosi tra le braccia di Colui il quale
aveva udito le flebili richieste di aiuto provenienti dal profondo del suo
cuore: il Dio Cattolico. E la chiesa cattolica più vicina si trovava,
appunto, a Birmingham.
Il prezzo della ricerca spirituale e della serenità interiore di Mabel fu
l'abbandono totale da parte della sua famiglia, che oltre a non voler sapere più nulla di lei, smise anche di supportarla economicamente. Un
prezzo che fu pagato amaramente con la miseria e la discriminazione che
seguirono negli anni successivi fino alla sua morte nel 1904,
sopraggiunta per via di complicazioni dovute all' aggravarsi del diabete
che l'aveva colpita già da tempo e alla mancanza di cure che non poteva
permettersi data la sua condizione.
Tolkien non perdonò mai del tutto i parenti, poiché li riteneva
responsabili della morte della madre. Il loro rifiuto nei confronti della
sua conversione al cattolicesimo e la loro indifferenza alle sue condizioni
di salute precarie negli ultimi anni della sua vita, la indussero a morte
precoce.
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