Cosa significa GDR? Queste tre lettere sono l’acronimo di Gioco di Ruolo, conosciuto anche come RPG, ovvero Role Play Game. Incarnano entrambe lo stesso concetto, ovvero quello di far finta di essere qualcuno che non si è.
Un attore di teatro che recita sta, in un certo senso, giocando di ruolo. Ma il gioco di ruolo dell’attore è limitato al solo spettacolo e alla parte che egli ha in esso: non può andare, oltre, non può fare di meno, ma parallelamente non può fare di più.
Un giocatore di ruolo, invece, è tenuto a rispettare il suo personaggio in tutto e per tutto, fin dal primo momento in cui comincia a giocare, finendo solo con il termine della partita. Idealmente, quando si inizia a giocare, è come se si perdesse la propria identità distintiva, quella di Giovanni piuttosto che Carlo o Angelo, ad esempio, acquisendo quella di Kharas, eroico guerriero di un mondo fantasy, piuttosto che quella di Elaine, cinica abitante di un mondo post-olocausto dove la tecnologia la fa da padrona.
A prescindere dal giocatore o dall'ambientazione, la prima regola è quella di rispettare fino in fondo il personaggio e l’ambientazione stessa, evitando qualunque cosa vada contro questi due fondamentali aspetti.
Quando si gioca di ruolo, bisogna parlare, comportarsi, rapportarsi agli altri esattamente come ci si aspetta che faccia il personaggio scelto: un barbaro delle pianure non conosce e non deve conoscere la filosofia e la letteratura e tanto meno un paladino, un guerriero eroico e votato al bene, può permettere la dissacrazione di una tomba, fosse anche per ottenere un importante tesoro.
Il primo aspetto fondamentale da tenere in considerazione è quello del carattere del personaggio.
Il carattere esplica come il personaggio si comporta in mezzo alle altre persone e come si rapporta ad esse nella vita di tutti i giorni. Un carattere scontroso non è ovviamente portato alla socializzazione, mentre un personaggio arrogante non è di sicuro amato e tende a considerare tutti gli altri, a prescindere da chi sono e da cosa fanno, dall’alto in basso, come se fossero creature inferiori.
Per la comodità dei giocatori, spesso si suole raggruppare le varie sfumature di carattere in nove categorie, date dalle molteplici combinazioni dei parametri “Legale – Neutrale – Caotico” con i parametri “Buono – Neutrale – Malvagio”. Pur nella loro evidente limitazione (di certo non si possono descrivere molteplici sfumature in due sole parole come Legale-Buono), queste categorizzazioni trovano comoda applicazione nella comprensione di base dei caratteri: un Neutrale Puro, ad esempio, è il classico individualista, dedito solo a se stesso, mentre un Legale-Malvagio è un essere cattivo, ma astuto, in grado di sfruttare i cavilli legali per asservire gli altri al proprio volere.
Ovviamente, un buon giocatore di ruolo si riconosce dall’interpretazione che esso da’ del carattere scelto per il proprio personaggio e dalle scelte coerenti con il carattere stesso.
Il secondo luogo, grande importanza rivestono i punteggi assegnati al personaggio.
Tali punteggi sono la stima numerica delle capacità psicofisiche del personaggio, ovvero esprimono in maniera inequivocabile ciò che il personaggio può o non può fare. Come è intuibile e logico, più alti sono questi parametri, più potente e versatile è il personaggio, e uno degli scopi del gioco di ruolo è proprio quello di far crescere il personaggio, crescita che si evince anche dai punteggi che arriva ad acquisire.
All’inizio del gioco, vengono determinati i punteggi del giocatore: i metodi sono molteplici, si va dal tiro del dado, quindi fattore casuale, ad un numero prefissato da dover distribuire a piacimento secondo le aspettative future che abbiamo per il nostro personaggio: il metodo utilizzato ad Eluned è il secondo, difatti all’atto dell’iscrizione ogni giocatore dispone di un certo punteggio, fisso per tutti, da distribuire a piacimento.
Per ottenere più dettagli, si consiglia la lettura della scheda “Punteggi e sistema dei livelli” contenuta nella presente Guida Ufficiale.
In linea di massima, i punteggi devono essere assegnati tenendo ben presente ciò che ne sarà del personaggio; e questo, come tutto il resto, lo decidiamo noi giocatori.
Vogliamo che il nostro Kharas sia un eroico guerriero? Naturalmente dobbiamo dargli dei punteggi degni di un guerriero, ovvero aumentare i parametri fisici quali forza e destrezza a discapito di parametri quali intelligenza e spirito. Facendo diversamente, otterremmo solo un personaggio con velleità da guerriero, ma decisamente poco portato per il combattimento. A meno che non sia questo il nostro preciso scopo, peraltro apprezzabile in quanto devia dalla media e crea gioco, meglio distribuire efficacemente i punteggi a disposizione.
In terzo luogo, bisogna tenere ben presente la classe di cui il nostro personaggio farà parte. Come già per l’allineamento, anche le classi sono un sistema approssimativo, ma comodo e utile, per tratteggiare meglio il personaggio. Cosa fa il personaggio? Che mestiere esercita? Che prospettive future ha? Quali abilità possiede? A tutte queste domande risponde la tipologia di classe.
Come lecito aspettarsi, però c’è una stretta corrispondenza tra allineamento, classe e punteggi. Un paladino, ad esempio, non può essere meno che Legale-Neutrale, e già un paladino del genere verrebbe visto con sospetto. Un paladino DOC non può essere altro che Legale-Buono, a meno che non sia un Paladino Malvagio, ovvero un Legale-Malvagio. I parametri di questo tipo di personaggio devono essere alti in forza, velocità e anche carisma. Difatti un paladino è un guerriero esperto, dotato di limitati poteri magici e di un fascino innato che lo portano ad essere un capo naturale ed esperto. Un personaggio avente parametri differenti non potrebbe mai aspirare alla classe di paladino, ma col tempo potrebbe diventarlo. Ciò, ovviamente, necessita di un lungo e paziente lavoro di crescita, durante il quale necessariamente bisogna scegliere una classe differente.
Parallelamente, un mago ha bisogno di punteggi elevati in intelligenza e spirito, parametri fondamentali per sostenere le sue arti magiche, mentre può tranquillamente fare a meno di forza e destrezza. Un mago, notoriamente, è debole in quanto fisico, ma potente nella sua magia e nel suo intelletto.
In più, la classe prescelta abilita il giocatore a tutta una serie di capacità differenti da classe a classe. Un guerriero avrà la possibilità di ottenere capacità di combattimento quali padronanza migliorata di armi o altro equipaggiamento bellico, mentre un mago avanzerà nella conoscenza delle sue arti magiche.
A questo punto abbiamo costruito il nostro bravo personaggio, gli abbiamo un passato, un presente e un futuro. I suoi punteggi sono adeguati alla classe che possiede, tutto è stato fatto a regola d’arte.
Ora cosa bisogna fare?
Il GDR, naturalmente, non si ferma alla mera costruzione del personaggio, ma va ben oltre.
Come detto prima, dobbiamo far finta di essere il nostro personaggio, quindi dovremo farlo interagire in maniera coerente e rigorosa con il suo modo di fare e la sua natura intrinseca.
Per giocare un buon GDR, a volte, bisognerebbe dimenticare totalmente la propria coscienza di giocatore per immergersi in quella del personaggio. Durante una baruffa, Kharas vede un gruppetto di orchetti, nemici giurati fin dalla sua giovinezza? Pure se la cosa in questione comporta rischi notevoli, Kharas, per essere fedele a se stesso, dovrebbe gettarsi a capofitto contro il nemico, incurante del pericolo.
Ovviamente, l’istinto del giocatore è quello di mordere il freno, ragionare e far fare a Kharas quanto di più conveniente per la sua salvaguardia. Ma se Kharas arretrasse di fronte ai suoi nemici giurati e mantenesse la calma, il giocatore non avrebbe interpretato correttamente il suo personaggio, dando così mostra di un mediocre GDR, pur avendo protetto il suo alter-ego.
Allo stesso modo, per essere coerenti, bisogna seguire poche regole di base, per lo più applicate al mondo delle città virtuali, che è di nostra pertinenza.
Si entra nella locanda cittadina, visualizziamo a colpo d’occhio la chat che scorre, leggendo i discorsi dei giocatori che erano già dentro: il buon giocatore di ruolo sa bene che deve totalmente ignorare quei discorsi, far finta di non saperne nulla, comportarsi come se non li avesse letti in quanto il suo personaggio non poteva udire quanto detto dall’esterno. Quello che il personaggio non sa, il giocatore deve necessariamente far finta di non sapere.
Altro esempio: un giocatore descrive le mosse di un attentato ai danni di un altro giocatore. Se la giocata è condotta minuziosamente e secondo le regole, il giocatore bersaglio non può esimersi dal subire l’attentato, in quanto deve reagire come reagirebbe il personaggio realmente. Un assalitore che sbuca da dietro un angolo buio coglierebbe di sorpresa chiunque, tranne il giocatore che ha ovviamente letto che l’assalitore è lì. Ma, avendolo letto il giocatore, ciò non significa che lo debba sapere anche il personaggio. Piuttosto, per evitare di rimetterci le penne, potrebbe approfittare di qualche errore dell’assalitore o, alla peggio, dando mostra di avere buon sangue freddo affrontare il ribaldo e cercare di vender cara la pelle.
Un esempio più diretto, legato al mondo di Eluned, è quello del morso dei vampiri.
In quanto tale, il vampiro ha bisogno di sangue, e da che mondo è mondo, il vampiro ha solo un modo di procurarselo: mordendo esseri viventi.
Ora, nel caso di un animale non ci sono problemi di sorta: l’animale di sicuro si lascia avvicinare tranquillamente da un vampiro, specie se l’animale è domestico. Discorso differente per un essere vivente, sia esso umano, demonita, angelico o evanescente.
Il morso vampirico, giusto per fare un esempio, in sé è già un mini GDR, in quanto deve rispettare regole e fasi ben precise.
Il vampiro vuole mordere qualcuno? Deve condurre il gioco in maniera confacente ai suoi intenti, quindi può cercare di stordire, ammaliare o sedurre la vittima per poi fare i suoi comodi.
Se le azioni del vampiro o della vampira sono condotte come si deve, la vittima non può evitare in alcun modo di sottrarsi al suo destino. Se stordita, deve lasciare che il destino abbia il suo corso senza tentare eroiche quanto improbabili riprese dei sensi ad un secondo solo dal morso; oppure, se sedotta, deve seguire quanto accade, tentando sì di resistere, ma abbandonandosi se la resistenza fallisce.
In questo frangente, come nella maggioranza dei casi inerenti il GDR, grande ausilio è fornito dai dadi, in particolar modo dal dado a 20 facce, detto comunemente d20.
Nei GDR pen&paper, come Dungeons & Dragons, per intenderci, ovvero quelli giocati esclusivamente armati di manuali, carta, matite e tanta, tantissima fantasia, i dadi sono molteplici e aventi varie funzioni: si passa dal classico dado a sei facce, a quello a tre o quattro, andando poi verso quelli a otto e dieci facce, fino ai dadi a venti o i dadi percentuale.
Tuttavia, qualunque sia la loro forma o il numero delle facce, i dadi hanno un’unica validità: rappresentano il caso, l’elemento imponderabile nelle vicende che si snodano durante la narrazione.
Un personaggio infligge un danno a qualcuno? Come fare per calcolare i danni? Ovviamente si usa il dado associato a quel tipo di arma… Se di efficacia minore, si usa un d3; nel caso di efficacia maggiore, si usa un d6 o anche un d8.
In ogni caso, il dado più utilizzato è quello a venti facce, il d20 sopra citato. Ciò in ragione del fatto che i punteggi di Dungeons&Dragons, come quelli della maggioranza dei GDR derivati, si basano su una scala numerica che va da 1 a 20.
Avendo poi Eluned un sistema di gioco sostanzialmente basato sui meccanismi di D&D, non bisogna essere sorpresi se troviamo anche qui il d20 come discriminatore, nei cosiddetti “tiri abilità”.
Come opera tale discriminatore?
Poniamo il caso che, durante un’avventura, mi imbatta in un’iscrizione poco chiara incisa su una stele di granito. I caratteri dell’incisione mi sembrano noti, richiamano alla mia memoria elementi di una lingua che conosco molto bene, ma non ne sono sicuro. Posso provare a tradurla, e difatti mi rivolgo al mio master, ovvero l’arbitro imparziale di gioco, chiedendogli esattamente di far ciò. Ci riesco?
E il master, senza scomporsi, mi risponde: prendi il dado a venti facce e tenta un tiro su intelligenza. Se passi la prova, ti svelo la traduzione. Se fallisci, non riuscirai a capire una sola parola.
Come detto in precedenza, i vari parametri psico-fisici si articolano su una scala numerica che va da 1 a 20, nella quale un giocatore normale può arrivare al massimo di 18; ciò per lasciare un certo margine di insuccesso anche in caso di punteggi altissimi, come a dire “anche al più bravo può capitare un fallimento”.
Ognuno di questi parametri descrive un aspetto del giocatore: la sua forza, la sua rapidità di movimenti, la sua intelligenza ecc…
Se Elaine, la nostra cittadina post-olocausto, trova sul suo cammino una pesante grata che fa la differenza tra trarsi in salvo o venire sbranata da una muta di topi mutanti, può decidere di tentare di sollevarla. In base al suo punteggio caratteristico di forza fisica, Elaine tira il dado a 20 facce e il risultato decreta la riuscita o il fallimento del suo tentativo.
In questo schema rigoroso si inseriscono due eccezioni le quali, tuttavia, non precludono il funzionamento del sistema in sé, ma lo integrano e lo rendono più completo.
Queste due eccezioni sono rappresentate dai cosiddetti “colpo critico” e “colpo da maestro”. Come si può ben intuire, il primo è un effetto dannoso: in un tentativo, non solo non otteniamo successo, per quanto ci sono spiacevoli strascichi che ci procurano fastidi o nel caso estremo anche danni.
Se durante un tentativo di traduzione ottengo un colpo critico, la mia traduzione riesce, magari, ma anziché trovare la via di uscita di un labirinto, capisco male e conduco tutto il gruppo verso morte certa.
Il secondo, invece, produce un effetto vantaggioso: in un tentativo, non solo ottengo successo, ma anche effetti superiori al previsto.
Nel caso di Elaine con un colpo da maestro, non solo la nostra eroina riesce a sollevare la grata, ma, con una incredibile forza, riesce addirittura a strapparla dal muro e servirsene come arma.
Una volta capito come opera il discriminatore, dobbiamo capire quando applicarlo.
Ebbene, l’elemento imponderabile, per propria natura, viene applicato a tutte le esigenze che esulano dal normale, che non appartengono alla natura intrinseca del personaggio.
Se Kharas conosce la lingua elica, riuscirà a tradurre tranquillamente uno scritto o una discussione, senza necessità di tirare il dado per verificare l’esito. Parallelamente, se Elaine è dotata di discreta forza fisica, portarsi dietro uno zaino pesante non le crea certo nessun fastidio e ci riesce tranquillamente.
Da contro, se Kharas vuole tentare un attacco con acrobazia mentre sta correndo per tranciare la testa al nemico, deve tentare un attacco molto più difficile di un normale fendente, quindi deve effettuare un tiro del dado con una penalità per colpire.
Il concetto di penalità viene applicato al tiro del dado solo se l’azione risulta particolarmente difficoltosa o se offre molteplici spunti di fallimento.
Per una persona di forza eccezionale, sollevare un macigno con entrambe le braccia magari non è un atto difficoltoso, quindi il master potrebbe lasciarglielo fare senza tiro del dado. Invece, una persona di forza normale che vuole sollevare un macigno, lo può fare previo tiro del dado da 20 facce, attenendosi al risultato. Se questa persona, invece, vuole tentare di sollevare il macigno, si, ma di tenerlo poi con un braccio solo, deve tirare ugualmente il dado, ma applicando un modificatore di penalità che rende l’azione molto più difficoltosa rispetto al normale.
Un criterio del genere si applica soprattutto nei casi di combattimento.
Il nostro Kharas, lottando contro un orchetto, tira un fendente con la sua spada. In questo modo, Kharas effettua un’azione perfettamente normale e deve effettuare il solito tiro per colpire, che tiene conto di molteplici fattori. E se invece Kharas volesse sferrare un colpo più difficile, magari colpendo la testa o un organo vitale? In questo caso si rientra nella cosiddetta categoria dei colpi mirati i quali, ovviamente, risultano molto più difficili dei colpi normali, da mischia, ovvero quelli tirati senza far caso al bersaglio. In questo caso si applica il modificatore di difficoltà, tenendo debitamente conto del fatto che è più difficile mirare alla testa o ad un ginocchio anziché al ventre. Questa tipologia di tiro, a compenso della difficoltà di riuscita, offre una maggiore capacità di danno: è intuibile che, colpendo alla testa o ad un’altra parte debole del corpo, si causano danni maggiori rispetto ad una ferita al petto o all'addome.
Il dado a 20 facce, inoltre, si applica ai cosiddetti “tiri salvezza”, analoghi ai “tiri abilità” esaminati in precedenza.
Cosa significa “tiro salvezza”? Come è logico supporre, si tratta né più e né meno di un tiro per potersi cavare fuori dai guai in una situazione difficoltosa o di pericolo.
Un vampiro ci assale per poterci mordere in tutta tranquillità e ci stordisce? In quelle condizioni, il personaggio può tentare un tiro salvezza su costituzione per stabilire se perde i sensi come conseguenza del colpo o se riesce a mantenersi vigile e cosciente, potendosi quindi difendere.
Allo stesso modo, se un mostro tenta su di noi un incantesimo ammaliatore per ridurci all'impotenza e ucciderci come più gli aggrada, la nostra unica chance di salvezza risiede in un tiro salvezza basato su intelligenza, ovvero il discriminatore di forza di volontà.
Lo stesso discorso si applica a tutte le molteplici situazioni che si vengono a creare.
Un vortice d’aria creato da uno incantesimo investe il bersaglio, causandogli danni, ma nel contempo investe anche coloro che sono vicino al bersaglio: costoro devono superare un tiro salvezza su costituzione per evitare di essere sbalzati e ottenere danni a loro volta.
Un avversario ci lancia un’arma a laccio che ci blocca le braccia impedendoci di combattere? Possiamo tentare un tiro salvezza su forza fisica per stabilire se riusciamo a liberarci o rimaniamo prigionieri.
Come ben deducibile, questo insieme di procedure di comportamento rendono possibile il gioco anche in assenza di un master; pur mancando un mostro o un avversario non giocante da combattere, i giocatori potrebbero creare da sé piccole quest le quali, ovviamente, devono essere regolamentate come le quest ufficiali tenute dai master. Ma se i giocatori non conoscono le procedure, come regolarsi?
Inoltre, il suddetto documento ha il secondario scopo di indottrinare l’intera popolazione giocante in modo da facilitare tutte le quest. Le continue indicazioni del master non porterebbero che un rallentamento generale del gioco, con conseguente perdita di ritmo e inevitabile noia. Da contro, se i giocatori sapessero già come regolarsi, movendosi da sé e senza indicazioni di sorta, il gioco risulterebbe fluido e naturale, accentuando l’entusiasmo e il divertimento.
Detto questo, non resta che augurare buon gioco a tutti.