In una pigra domenica di mezza estate volevo raccontare, e ragionare, della mia vecchia passione: quasi del tutto impossibilitati al cartaceo a causa di defezioni, difficoltà, scarsità di materiale umano, è facile che molti trovino l’escamotage di rivolgersi al ricco, ricchissimo mercato del play by chat per far vivere la loro insana passione per dadi, schede e tutto quello che ci gira intorno, atterrando o su YouRole (se vi interessa ve ne parlerò prossimamente) o su una vera e propria land virtuale.
Tenete conto che, al di là dello spregiativo che spesso accompagna la parola chat, su land virtuali si possono incontrare autentici talenti: alcuni destinati a diventare molto famosi, altri a restare confortevolmente annidati nel loro bozzolo di relazioni di gioco.
Cos’è che differenzia un giocatore al tavolo (o live) da un giocatore in rete: ovviamente la cifra stilistica della sua qualità scrittoria.
In un gioco di ruolo in rete, non c’è santi, o sai scrivere, e quindi sai descrivere il tuo avatar, o non riesci a ottenere lo scopo principale per il quale giochi, ovvero creare un sistema di relazioni con chi ti gioca accanto che sia in grado di permetterti di progredire.
Altra differenza sostanziale: il gioco al tavolo può svilupparsi in singoli episodi eumate (può addirittura essere divertente un’intera campagna eumate alla quale sto pensando dove i personaggi entrando ed uscendo da portali cambiano radicalmente scheda) il gioco di chat si prolunga sulla quotidianità, trasformando il personaggio in qualcosa che vive e respira indipendentemente dalla presenza del DM e dal numero di mostri uccisi
Da anni seguo (e gioco con un paio di personaggi) una delle comunità meno note e più interessanti del panorama ludico della rete.
Poco nota perchè difficilmente raggiunge presenze che consentano di giocare con certezza, per una serie di motivi che vanno dallo scrupolo con il quale vengono accettati i background narrativi all’effettiva difficoltà di ambientare le proprie avventure in un mondo di disperazione come Ravenloft.
Motivi che d’altro canto costituiscono anche il pezzo forte per chi desidera un’esperienza di gioco leggermente più complessa dello spadone a due mani +4.
Graficamente parlando, Arshmork – questo il nome della land, è un piccolo capolavoro: chi l’ha disegnata ha saputo rendere l’atmosfera steampunk dell’ambientazione custom, dimostrando quello che affermavo nel mio articolo sul gdr by chat relativamente alla presenza di professionalità sussistenti nello strano mondo del panorama ludico della rete in Italia.
Il lavoro grafico che sottende Arshmork è di un livello qualitativo altamente professionale, e mostra un gusto artistico di alto profilo.
La documentazione è customizzata: ovvero, fatte salve le regole della 3.5 in ambientazione Ravenloft, la storia, la geografia, la politica e l’attualità sono scritti esclusivamente per la land, dimostrando che anche dal punto di vista della creatività organizzativa chi ha predisposto il materiale era in grado di effettuare e programmare un lavoro redazionale di alto livello sia per quanto riguarda il coordinamento che la gestione di un team di lavoro. Gratuito.
Tutto questo per dire cosa?
Per raccontare come la rete non sia sempre e solamente il regno di una virtualità finalizzata all’acquisizione di consenso e/o di notorietà: Arshmork è viva e attiva da almeno 10/12 anni senza necessità di ricorrere a forme di ricerca dell’utenza diverse da un banale passaparola, dalla presenza sul portale dei giochi e niente altro.
E per raccontare, ma per farlo bisognerebbe vedere con i propri occhi, come una forma di creatività collettiva, un lungo racconto corale, sostenuto dalla potenza immaginativa di un background solido e da una regolamentazione ferrea (perchè piaccia o meno, la 3.5 è ferrea) può effettivamente racchiudere al proprio interno voci diverse, stili diversi, modalità di approccio descrittivo-narrativo diversi ed armonizzarli in un luogo non-luogo dove tout se tient senza bisogno di sovrastrutture.
Che sarebbe come dire, alla fin fine, che forse di Michela Murgia ne abbiamo una solamente, nella pletora dei giocatori di ruolo, ma significa anche che c’è un luogo della rete dove la scrittura meditata ha un punto di raccordo e di incontro.
Mica male.
Fonte: Giro di News