E' evidente che, parlando di simboli della cultura celtica, risulta indispensabile e opportuno spendere qualche parola sui Celti nella storia europea. Gli studiosi chiamano generalmente 'Celti' quelle popolazioni che diedero vita a una cultura particolare sviluppatasi intorno al 1000 a.C. nella zona di Hallstatt (Austria) per raggiungere la sua massima espressione artistica, sociale e spirituale nel 300 a.C. circa attorno a La Tène (Svizzera), per diffondere oggetti, credenze e tribù nei territori oggi conosciuti come Austria, Germania Meridionale, Svizzera, Italia settentrionale, Francia, Inghilterra, parte del Belgio e dell'Olanda, Irlanda, Spagna settentrionale, per concludersi ufficialmente nel 500 d.C. con la cristianizzazione di quasi la totalità dell'Europa e la nascita dei Regni Romano-Barbarici. Tuttavia gli studiosi accademici dimenticano che la formazione della cultura celtica da un lato e la conquista romana e successiva cristianizzazione dall'altro, non segnò confini precisi e rigidi circa la comparsa e la scomparsa della grande tradizione occidentale europea.
Sarebbe infatti utile definire già 'celtici' quei gruppi di Indoeuropei che, muovendosi dalle zone centrali dell'Asia attraverso il Medio Oriente ed il Caucaso, giunsero in Europa a varie ondate fra il 3500 ed il 1300 a.C., integrando l'antico culto della Dea Madre Terra e della Femminilità con le nuove caratteristiche Maschili e Solari della divinità, trasformando completamente la cultura dell'epoca e creando una tradizione ancora oggi all'avanguardia per quanto riguarda il rapporto fra le genti, la società, la spiritualità.
La cultura celtica quindi non fu altro che uno sviluppo della cultura indoeuropea giunta in Europa a partire dal 3.500 a.C. e fino al 1.300 a.C. a ondate successive di invasione fisica e, soprattutto, culturale.
I Celti e la loro cultura rappresentano le radici più profonde e antiche dell'Europa, quelle che conservano ancora oggi l'idea dell'antico legame con la natura che la religione druidica aveva insegnato. Non è certo un caso se la cultura celtica ed i popoli che la esprimevano sono oggi presentati come la 'Prima Europa' ed i Celti sono spesso definiti i Nativi o Aborigeni d'Europa, paragonati alle popolazioni amerindiane delle Americhe, agli Aborigeni Australiani o alle altre civilizzazioni non tecnologiche che ancor oggi si definiscono i 'custodi del pianeta'.
I Celti nella storia hanno assunto diversi nomi, normalmente attribuitigli dai popoli con i quali essi entravano in contatto. E' bene rendersi conto che i Celti in realtà erano una cultura piuttosto che un solo popolo e che avevano una suddivisione in tribù, ciascuna ben distinta dalle altre, con un proprio nome e caratteristiche proprie.
I Greci attribuirono il termine 'Keltoi' alle popolazioni celtiche con le quali entrarono in contatto e le tribù di Celti che giunsero in Italia e che si stanziarono nelle regioni settentrionali delle penisola fra il VII al IV secolo a.C. furono chiamati dai Romani 'Galli' (parola derivata probabilmente da successive trasformazioni del termine greco 'Galati'), da cui il nome di Gallia (Cisalpina e Transalpina). E' rilevante notare che i termini Galles e Caledonia (l'antica Scozia), oltre che la Galizia spagnola e i Galati a cui San Paolo indirizza una delle sue Lettere, abbiano la propria radice in 'gal'.
Questa parola fu usata dai Greci forse per designare il colore latteo della pelle dei Celti oppure per richiamare l'importanza del bianco ('gwyn' in bretone, 'finn' in irlandese) che si ritrova in moltissimi nomi di dee ed eroi celtici e che indicava il cielo o il rapporto con esso. Un'altra ipotesi è che il termine derivò dalla parola celtica 'gal'che significa 'furore', tipico atteggiamento dei combattenti celtici.
Vi sono ulteriori testimonianze riguardanti il nome con il quale i Celti designavano se stessi. Una di queste riporta il nome 'Kealteach'che significa uniti al Cielo, Figli del Cielo (anche'Cealtach', secondo il Rev. R. Smiddy che riporta 'Ceal', il Cielo, e 'Cealtach'come 'persona celeste'), giustificando una loro connessione con l'elemento celeste, come vedremo in seguito nei capitoli dedicati alla religione. Un'altra ipotesi vuole che 'Kealteach' significhi 'il popolo segreto', che ben si accorda con la tradizione che ricorda come i Celti si definissero in tal modo. L'ipotesi è sostenuta inoltre dal fatto che la parola 'ceillt' in lingua gaelica ha ancora oggi il significato di 'nascosto'.
I Celti avevano organizzato i loro gruppi sociali (tribù o clan), secondo lo schema di espressione della divinità, perchè i druidi, uomini sapienti (oggi diremmo 'i sacerdoti' anche se il termine di 'druido' non vi corrisponde perchè significa 'colui cheè molto sapiente'), insegnavano dell'esistenza di un Dio Unico, inconoscibile ed irraggiungibile, che si esprimeva nella tre forze di base della manifestazione: Forza-Potere-Volontà, Conoscenza-Scienza-Saggezza e Amore-Creatività-Produttività, come abbiamo già visto parlando della festa di Imbolc.
I druidi rappresentavano la Conoscenza-Scienza-Saggezza e gli autori antichi testimoniano che essi erano 'maestri di saggezza' e conoscevano la grandezza della terra e del cosmo, la volontà degli dèi, insegnavano nei boschi sacri e nelle grotte le loro conoscenze e asserivano l'immortalità dell'anima e la sopravvivenza dopo la morte. La classe dei Guerrieri era la manifestazione sociale della Forza-Potere-Volontà e all'interno di essa veniva scelto, per elezione, un capo ogni anno ed un generale in caso di guerra. Infine la classe degli artigiani dava modo all'energia divina dell'Amore-Creatività-Produttività di manifestarsi.
I Celti non crearono mai un grande impero, né possedevano un concetto di stato. La loro organizzazione sociale era costituita da tribù o clan che si riconoscevano in un antenato comune e che spesso erano in lotta con quelle vicine per il possesso di bestiame o di beni. I Celti non combattevano per la conquista del territorio e la proprietà privata veniva misurata in possesso di bestiame e oggetti preziosi, mentre la terra era proprietà comune del clan e veniva data in gestione a chi la chiedeva.
Erano perlopiù cacciatori, ma anche agricoltori e allevatori e si nutrivano prevalentemente di carne di cinghiale, di cervo, di latte, di formaggi, di zuppe di farro e legumi, di pani d'orzo e minestre dello stesso. Presso la maggior parte delle tribù era vietato mangiare carne di volatile tranne che in particolari occasioni, per un tabù rituale che faceva degli uccelli i messaggeri fra il mondo degli umani e quello degli dèi. Sembra infatti che nelle fattorie celtiche galline e oche venissero allevate per diletto.
Le bevande preferite, oltre all'acqua (!), erano il vino dell'Italia ed una specie di birra, chiamata korma, ottenuta grazie alla fermentazione del frumento in una soluzione di acqua e miele. L'idromele, prodotto con acqua di fonte e miele fermentati, unito ad alcune erbe particolari, veniva fatto bere ai guerrieri durante la festa di Imbolc (1¡ febbraio) perchè entrassero in contatto con la Dea Brighidh.
La conoscenza e l'uso delle energie dell'uomo e della natura, i cicli, il potere della parola e il potere sugli elementi erano caratteristiche presenti nella tradizione spirituale celtica.
Il senso della comunità, che oggi viene a mancare lasciandoci come poveri orfani aridi di cuore e sbattuti tra i flutti della vita senza il sostegno profondo di una famiglia pur avendola, presso i Celti veniva coltivato con il forestage, con il quale i bambini crescevano in una famiglia diversa da quella di origine. Si venivano così a creare dei legami stretti che prevedevano l'opportunità di avvalersi dell'appoggio e del sostegno in qualsiasi momento della vita, dall'infanzia alla vecchiaia, di tutta una serie di persone in grado di far fronte alle necessità di un individuo in difficoltà. I bambini della comunità, del villaggio, del clan, della tribù di appartenenza venivano considerati figli di tutti e così dovrebbe essere anche per noi.
Con la conquista romana e la cristianizzazione delle popolazioni delle campagne, i pagani (da pagus, abitante del villaggio) persero lentamente le loro caratteristiche tipicamente celtiche e divennero i popoli europei di cui oggi facciamo parte, pur conservando nel nostro folklore elementi dell'antica tradizione dell'Europa celtica. (tratto dal libro di Riccardo Taraglio: "Sant'Orso. La Millenaria fiera e la tradizione celtica nella leggendaria storia del santo irlandese in Valle d'Aosta", Chatillon (AO), ed. Cervino, 2000)