Vogliamo dirlo? Diciamolo: se incontri l’Uomo della Strada©, convincerlo che i giochi di ruolo dal vivo siano un’attività divertente, appagante, profonda e, soprattutto, socialmente accettabile è più difficile di consigliargli la coprofagia come regime alimentare sano senza che chiami la polizia.
A un occhio pigro e disattento, i LARP sono dei ritrovi di gente cresciuta, con costumi ed equipaggiamento anacronistici, che vagano per i boschi presi da attività dal sapore fanciullesco. Praticamente dei boy scout, soltanto con più mazzate e meno canzoni intorno al fuoco (a meno che non ci sia un bardo o l’ambientazione preveda grandi quantità di liquore, s’intende).
Parliamo insomma di un hobby di nicchia che nasce a sua volta dalla nicchia dei giocatori di ruolo cartacei, un movimento carbonaro che è rimasto per anni a tenuta stagna, impenetrabile e misterioso per le masse.
Nonostante lo sdoganamento, spesso un po’ furbetto, della geek culture nell’attuale lustro, tuttora i LARP non sono entrati nell’immaginario collettivo con la stessa forza dei videogiochi, dei card game o della letteratura fantastica, rimanendo un oggetto strano e a tratti inquietante. Se anche uno show come The Big Bang Theory, uno dei più influenti promotori delle passioni un tempo considerate sfighé, non è mai andato al di là del paintball, significa che c’è ancora tanta strada da fare.
Capirete quindi la mia sorpresa quando l’anno scorso è stato annunciato Knights of Badassdom, un lungometraggio completamente incentrato sui giochi di ruolo dal vivo, per giunta con un budget superiore a un chinotto e una tessera della biblioteca scaduta.
Si può dire che le premesse della storia siano già chiare dal nuovo trailer, fresco fresco di YouTube.
Un gruppo di squinternati larper, durante quello che sembra un innocuo rituale in gioco, evoca involontariamente una succube dall’inferno, assetata di sangue, divoratrice di cuori umani e gnocca quanto basta da farti chiedere se perdere un paio di arti per lei non sia una scelta tutto sommato giusta.
Dopo un momento di naturale confusione, il gruppo decide eroicamente di scacciare la minaccia ultraterrena con tutte le armi a propria disposizione. Armi che, ricordiamo, hanno la spiacevole caratteristica di essere costruite specificamente per non far male a nessuno. I risultati, be’, potrebbero essere così disastrosi da sembrare esilaranti.
La pellicola fa parte a tutti gli effetti del filone delle commedie horror, con quella straniante fusione fra l’umorismo caciarone e il gore che tanti di noi hanno apprezzato in capolavori del genere come Splatters: lo Schizzacervelli (mi metto la mascherina anti-sputi negli occhi e affermo pubblicamente di credere che sia il miglior film di Peter Jackson) o L’alba dei morti dementi.
Se non bastasse il genere e l’argomento trattato a farlo schizzare in alto nella mia personale classifica della pellicola più improbabile e intrippante dell’anno, ci pensa il cast a finire il lavoro in maniera pulita e chirurgica.
Per iniziare c’è Peter Dinklage, uno così figo e carismatico che se fosse trenta centimetri più alto noi perderemmo il miglior Tyrion possibile per Game of Thrones, ma lui sarebbe andato da Clooney, Pitt e Deep e gli avrebbe detto «Be’, c’avete provato, ma Hollywood è mia. E pure la figa. Tutta. Bene, grazie, a posto, andate pure a pulirmi la Jacuzzi incrostata di diamanti ora».
Una piccola curiosità: per prepararsi al film, tutti gli attori hanno partecipato a una sessione di LARP per prendere dimestichezza con le sue meccaniche. Non sto nemmeno a dirvi chi sia stato il migliore, ovviamente.
E che ci vuoi dire a Summer Glau, invece? Niente, stai in silenzio e annuisci rispettosamente. Reginetta della sci-fi e attrice feticcio di Joss Whedon, ogni sua frequente apparizione al Comi-con di San Diego è un vero e proprio bagno di folla, seppure non è chiaro se sia per le sue interpretazioni o per lo stacco di coscia da svenimento collettivo. Come nota di demerito, praticamente ogni progetto a cui ha partecipato negli ultimi dieci anni è fallito in maniera spettacolare. Chiaramente non è colpa sua, ci mancherebbe, ma per sicurezza i produttori tendono a toccarsi i maroni quando attraversa la strada.
E per finire in bellezza, saltando a pie’ pari il pupazzo di True Blood e quello con la faccia costantemente in 16:9, ci troviamo di fronte al fantasticamente fantastico Danny Pudi. Cappero, mica bruscolini.
Se non sapete chi sia, è vostro dovere passare le prossime due giornate a vedere le prime tre stagioni di Community, una sitcom troppo bella per essere cagata da qualcuno in Italia. Non lo dico soltanto per farvi un piacere, intendiamoci, è che non posso proprio comunicare con chi si è perso perle come questa qua.
A questo punto uno si può chiedere se stia già mettendo il mio sigillo di qualità, consigliandone la visione appena disponibile al cinema (probabilmente mai in Italia, ma questo è un altro discorso).
A parte il fatto che a uno come me che attendeva spasmodicamente Abraham Lincoln Vampire Hunter non dovreste dare ascolto per regio decreto, ci sono alcuni aspetti di Knights of Badassdom che potrebbero trasformare un progetto interessante in una catastrofe da film su Canale 5 in seconda fascia serale.
Il regista, Joe Lynch, è poco più di un neofita e quel poco che ha girato è orribile, mentre i due sceneggiatori diciamo che non sono proprio il corrispettivo horror dei fratelli Cohen.
Inoltre il film non ha ancora una data d’uscita ed è stato rimandato per mesi; per chi è un po’ avvezzo al medium non può che sembrare un brutto, brutto segno.
Premesso questo, io non vedo comunque l’ora di gustarmelo. Nella peggiore delle ipotesi sarà un futuro film brutto da recensire, nella migliore potrebbe rendere certi discorsi con l’Uomo della Strada© decisamente più facili da gestire.