Complessità. Questa parola racchiude quanto questo scritto si propone di affrontare. La complessità degli accadimenti globali, la complessità dei contesti organizzativi, la complessità dello strutturarsi della relazione fra questi due sistemi e, in questi ultimi, la complessità di essere donne e uomini oggi.
In un relativismo cronico, eppure denso di possibilità, frutto della capacità autopoietica dell’uomo, si aprono le innumerevoli domande a cui gli studi organizzativi cercano di dare risposte. Un’azienda posta di fronte ad un ambiente percepito come in costante e vorticoso mutamento (Bourguignon, 2006) come può non perdersi e raggiungere il successo? Scetticismo è l’atteggiamento propugnato nella trattazione di fronte a qualsiasi risposta definitiva e apprezzamento per l’interrogarsi costantemente su quanto accade ogni giorno sia per quanto concerne i vissuti interni che gli eventi esterni. Trattare delle organizzazioni in generale rappresenta un sfida nel cercare di tenere insieme la complessità che le riguarda, salvaguardandone la particolarità che ne traccia e genera le forme presenti e quelle future. A fronte di queste osservazioni gli approcci di riferimento sono stati quello della complessità (Pagès, 2003), quello clinico (Carli & Paniccia, 2003) e soprattutto quello estetico (Curi, 2013). Infatti in quanto soggetto sociale, l’organizzazione, è dotata ontologicamente di progettualità (Ardoino & Barus-Michel, 2003) che dovrebbe tendere verso un’autentica realizzazione etica e pertanto bella. Sostenendo l’impossibilità di un’organizzazione di sopravvivere oggi senza crearsi una rappresentazione dell’ambiente, si giunge a sostenere che il soggetto sociale in questione sarebbe da concepirsi come un sistema semi chiuso. Infatti le organizzazioni costruendo e trasformando quanto le circonda (Ardoino & BarusMichel, 2003; Weick, 2003), mutano anche loro stesse, preservando però la loro identità e ponendosi in continuità storica con la loro struttura (Ceruti, 1986; De Michelis, 1989; Varela, 1979; Maturana & Varela 1980).
Tuttavia porsi in relazione con l’ambiente, seppur ontologicamente necessario, dà luogo al dipanarsi di un’ampia fenomenologia. Le differenze scaturiscono dal sistema mentale organizzativo ossia dall’atteggiamento mentale (generato dall’imprescindibile legame tra cultura, vision e mission) verso il sistema sovraordinato. Si è sostenuto che il modo con cui ci si pone in relazione si muova lungo un continuum tra i due poli di un atteggiamento mortifero e di un atteggiamento vitale. Il primo viene associato a un fallimento dell’organizzazione e alla sua morte come soggetto sociale, il secondo alla possibilità di continuare ad esistere, di essere innovativi e creativi. Questi concetti teorici dovrebbero essere comprensibili per un “addetto ai lavori”, ma come renderli accessibili alle donne e agli uomini di oggi? Come costruire un mezzo possibilmente efficace per creare identificazione e riconoscimento dei vissuti emotivi associati? Lo strumento artistico, in particolare la metafora letteraria, costituisce, grazie alla sua immediatezza e complessità (Dillard, 1988; March & Weil, 2005; Faccio & Salvini, 2007; Gallos, 2009), la via scelta. Racchiudere i vissuti di attesa rispetto a un cambiamento del popolo italiano attraverso Aspettando Godot (Beckett, 1952); comprendere gli atteggiamenti mentali rispetto all’ambiente e i vissuti connessi attraverso la capacità di sciogliere la matassa dell’ambiente divenuto complesso, mentre l’organizzazione viene identificata con un qualcuno che sta lavorando a maglia; vedere in Novecento di Baricco (1994) l’interpretazione dell’atteggiamento mortifero e ne Lo hobbit di Tolkien (1937) l’atteggiamento vitale, sono i tentativi che si sono condotti per rendere i contenuti teorici più vivi e concreti. In particolare, le ultime due metafore di Novecento e Lo hobbit, costruite con modalità metodologiche di ricerca qualitativa, permettono di aprire degli spazi di riflessione sul tema cardine e conclusivo della trattazione: chi è il leader che ha successo oggi?
La conclusione che si sostiene è che non ci possa essere ancora una volta una risposta definitiva. Le competenze hard devono essere un dato di fatto (Camuffo, 2000), ma per quanto concerne le soft si potrebbe sostenere uno degli innumerevoli modelli teorici, tuttavia quando poi si entra nel contesto organizzativo particolare non si può pensare di sostenere un’idea univoca preconcetta di significato della competenza particolare. Sostenere un ascolto attivo avrebbe un significato diverso in Google piuttosto che in Apple ad esempio. Quindi la riflessione sulla leadership qui condotta cerca di svilupparsi ad un livello di generalizzazione maggiore: il livello dell’atteggiamento mentale. In accordo con quanto sostenuto dagli amministratori delegati intervistati, il leader dovrebbe concepirsi come artista per permettere la generazione della creatività e della bellezza nel contesto organizzativo. Sorge, allora un ultimo interrogativo: come può uno psicologo delle organizzazioni riuscire a favorire lo sviluppo di questo atteggiamento mentale in formazione? È doveroso specificare un assunto fondamentale adottato nel trattare gli argomenti sopra specificati: ricoprire il ruolo di manager non significa necessariamente essere un leader e viceversa. Per quanto concerne lo stile utilizzato nella stesura si potrà notare che si è usata la prima persona plurale. Questo accorgimento stilistico è volto non ad attribuire importanza a quanto sostenuto da chi scrive, ma ad ingenerare coinvolgimento in chi legge. Si è cercato di accompagnare il lettore passo dopo passo, introducendo quanto si andava a spiegare, l’ordine con cui sarebbero stati proposti i concetti e sintetizzando le conclusioni raggiunte. Il desiderio era di creare nel lettore la sensazione di intraprendere ed essere coinvolto in un viaggio in cui magari potessero essere generati degli spunti di riflessione, delle domande o degli apprendimenti. In concreto si è cercato di portare sulla carta e mimare quelle che sono le caratteristiche di un processo formativo dove si parla di “noi”, dove anche il formatore stesso oltre ai formandi si inserisce nella situazione di apprendimento e si pone in relazione. Di seguito vengono presentati sinteticamente gli argomenti trattati in ogni capitolo.
Nel capitolo 1 si definisce inizialmente il concetto di organizzazione come sistema aperto e si stabilisce la necessità di questo di porsi in relazione con l’ambiente. A fronte di queste premesse i contenuti rimanenti vengono dedicati alla descrizione di una panoramica degli studi relativi al contesto globale: in particolare riguardo ai macro e ai micro trend che guideranno gli sviluppi futuri. Infine viene condotto un approfondimento sulle implicazioni psicologiche di quanto viene percepito riguardo ai cambiamenti odierni dal popolo italiano.
Nel capitolo 2 si analizzano le reazioni e le risposte delle organizzazioni nei confronti dell’ambiente. Partendo dalla reale case history del caso Comau2 si enucleano quelli che sono gli elementi percepiti come salienti dalle organizzazioni nel dare significato all’ambiente. L’idea che emerge è quella di complessità, dove l’intreccio degli aspetti importanti è talmente fitto che le organizzazioni vengono poste di fronte ad innumerevoli sfide che le costringono a ripensarsi continuamente. Viene quindi introdotto il paradigma della complessità che apre a innumerevoli nuove possibilità, ma che porta anche alla necessità di un riconfigurarsi del legame tra organizzazione e ambiente. Da un punto di vista psicologico l’organizzazione quindi viene definita non più come sistema aperto, ma come semi chiuso valorizzandone le capacità trasformative, autopoietiche ed estetiche. La relazione tra organizzazione e ambiente allora assume significato alla luce del sistema mentale, influenzato profondamente da cultura, vision e mission, proprio del soggetto sociale trattato. Genericamente vengono individuati tre possibili atteggiamenti mentali (il dialogo fra sordi, l’accomodamento e l’assimilazione) che possono, nella pratica nei diversi contesti, trovarsi in forme ibride e complesse. Vengono individuati allora, basandosi sugli studi, il miglior atteggiamento mentale per porsi in relazione autenticamente con l’ambiente e le possibili aree di cambiamento su cui puntare. Esaminate le interpretazioni psicologiche relative all’adozione di ognuno dei tre atteggiamenti mentali individuati, si arriva a stabilire che questi ultimi sono sintetizzabili lungo un continuum. In rapporto alle possibilità di successo per l’organizzazione a cui essi portano, si può parlare di atteggiamento mortifero e di atteggiamento vitale. Si introduce, infine, il discorso artistico che apre all’elemento chiave per la collocazione dell’organizzazione rispetto alle precedenti categorie: la significazione dell’esterno ossia della bellezza come limite o possibilità.
Nel capitolo 3 viene presentato un progetto di ricerca avente come scopo la creazione di una metafora efficace per comprendere non solo l’atteggiamento vitale e mortifero, ma anche i possibili percorsi di vita delle organizzazioni nell’uno o nell’altro caso. Si sono pertanto scelte due opere letterarie: Novecento (Baricco, 1994) e Lo hobbit (Tolkien, 1937). Sono state analizzate attraverso un’analisi di contenuto e lo strumento del quadrato semiotico per cercare di comprenderne l’intreccio di significati e le ricadute operative possibili in termini di intervento organizzativo, concentrandosi in particolare sulle figure di leadership e non leadership.
Nel capitolo 4 il tema della leadership diviene centrale. Si ricapitolano gli interrogativi emersi nella trattazione e le posizioni teoriche rispetto alla riconfigurazione della leadership a fronte dei cambiamenti ambientali percepiti. Assumono particolare importanza, allora, i temi della creatività e della bellezza che vengono conseguentemente approfonditi. Si procede poi alla presentazione di un progetto di ricerca, nuovamente qualitativo, con fini esplorativi che si propone di abbozzare la visione che gli amministratori delegati hanno oggi rispetto al tema della leadership e agli sviluppi futuri. Questo permette di farsi un’idea riguardo alla forma che assumerà la riconfigurazione della leadership: la metafora del leader come artista.
Nel capitolo 5 verranno esposte le conclusioni generali riguardo agli argomenti trattati indicando alcuni spunti operativi soprattutto per l’ambito della formazione e dell’utilizzo dei mezzi artistici in essa. Viene presentata anche l’esperienza di un seminario tenutosi in Ariele che apre a nuove possibili idee nel campo dell’apprendimento degli adulti in ambito organizzativo. Con l’attenta supervisione e le indicazioni metodologiche del relatore Franco Natili e del correlatore Carlo Galimberti è stato possibile condurre i due progetti di ricerca contenuti in questa trattazione. Per quanto concerne il progetto di ricerca “Percorsi di vita nelle organizzazioni mortifere e vitali: Novecento e Lo hobbit una metafora narrativa” le opere sono state integralmente lette e le analisi del contenuto sono state operate carta e matita. Il lettore potrà individuare le categorizzazioni nell’“Appendice A”. Il disegno delle mappe delle isotopie e isomorfie è stato realizzato grazie a software di mappe mentali.
Per quanto concerne invece “La leadership sul campo tra oggi e domani. Riconfigurazione e raffigurazione rispetto all’artista: un progetto di ricerca” si è utilizzato il metodo IPA. Dopo che le interviste sono state condotte, si è proceduto con il trascriverle. Le sbobinature, presenti in “Appendice B”, sono state analizzate carta e matita.