Bentrovati cari Game master! Nell'articolo di oggi andremo a sviscerare quella branca della magia, spesso trascurata in favore di esplosioni, zombie e altre pacchianate, che è l’Erboristeria.
Innanzitutto, a differenza di ciò che la cultura pop tenta di inculcarci, lo studio delle erbe e l’alchimia sono due cose molto diverse. L’alchimia è una pseudofilosofia ed una protoscienza volta alla ricerca della perfezione, principalmente identificata con la creazione dell’elisir di lunga vita o della trasmutazione di altri elementi in oro, mentre l’erboristeria è la ricerca e l’uso di qualità esoteriche delle piante a scopo medicinale o stregonesco.
L’erboristeria è una disciplina antenata dell’odierna farmaceutica, originatasi nella preistoria, e le cui prime testimonianze scritte ci arrivano da numerose fonti, inclusi sumeri, egiziani ed indiani.
Nel corso dell’Ellenismo e durante la dominazione romana, abbiamo numerosi testi e testimonianze (oppure citazioni degli stessi da parte di autori medievali), tra cui i maggiori sono quelli di Ippocrate, Galeno, Diocle (pioniere degli studi anatomici) e Plinio il Vecchio. Tuttavia, durante il Medioevo, gran parte di questa robusta e rigorosa disciplina medica cadde in disuso. Gran parte dei testi sopravvissuti sino ad oggi furono ricopiati da monaci benedettini, oppure furono reintrodotti da copie arabe di originali latini o greci. Nonostante quest’opera di conservazione, non possiamo parlare di un vero e proprio studio, né di una vera e propria ricerca, in quanto poche furono le innovazioni rispetto alle conoscenze greco-romane
Una curiosa eccezione alla regola fu Ildegarda di Bingen (una personalità davvero curiosa che vi consiglio di approfondire: oltre alle opere qui citate, creò numerose composizioni musicali, un linguaggio segreto, ed apparentemente fu una visionaria). Ella scrisse due volumi, il Physica ed il Causae et Curae, in cui grandemente veniva enfatizzata la connessione teologica tra peccato originale e malattia, ma le cui vere innovazioni furono innanzitutto la chiara organizzazione del testo, diviso in sezioni, ed in secondo luogo la sistematica ricerca di canoni diagnostici e prognostici, anche se basati sull’erronea teoria umorale di Ippocrate, interpretata in chiave religiosa.
Nel frattempo, in tutta Europa fioriva la figura del mago, delle fattucchiere e delle streghe, originariamente derivanti da coloro, spesso eremiti o donne sole, i quali curavano malanni e dolori con erbe e radici.
Ed è qui che inizia la nostra avventura. Da quel punto in poi, l’erboristeria si ammanta di misticismo, e sfuma sempre di più il bordo tra scienza e superstizione.
Ma come è possibile per noi catturare quello spirito di misticismo e di sovrannaturale che ammantava la duisciplina all’epoca? Innanzitutto è necessario comprenderne la visione:
L’erboristeria (e la medicina dell’epoca in generale) non concepiva la malattia come causata da agenti esterni, quanto da una mancanza di equilibrio all’interno della persona. Così un qualcuno con una rabbia eccessiva veniva colto da febbre, coloro troppo flemmatici da brividi e freddo, e così via.
Pertanto l’erboristeria si poneva come scopo di riequilibrare la persona tramite pianta che conferivano l’attributo mancante al paziente. Ed è proprio questo elemento che dobbiamo andare ad incorporare nel ruolo dell’erborista, un misto tra un medico, uno stregone tribale ed uno psicologo.
Tuttavia, se questo è sufficiente per incarnare un classico stregone da villaggio, diagnosticare un eccesso di bile ad un Balrog può essere poco utile da un punto di vista pratica (potrebbe invece essere un ottimo spunto per tecniche di esorcismo e simili).
Pertanto, da un punto di vista più spicciolo e pragmatico, com’è possibile utilizzare all’interno di un GdR questa branca di nicchia della magia?
Innanzitutto con le pozioni, grande classico, che nel fantasy moderno sono purtroppo relegate a “pozione del mana” e “pozione della vita”, con la pregevole eccezione di Streghe, telefilm cult anni ’90 di cui anche non avendo più 12 anni posso apprezzare il trash intrinseco e la sorprendente accuratezza sia in fatto di esoterismo sia nel costruire situazioni di vita quotidiana, e di cui vi beccate a sorpresa la sigla.
Ma torniamo alle pozioni. Sostanzialmente tutto ciò che serve per inventare una pozione è l’effetto della stessa, qualche componente bizzarro e tangenzialmente legato al suo effetto, e magari alcune restrizioni su come quando dove e perché essa debba essere preparata.
E da questo punto di vista potete veramente sbizzarrirvi. Se volete che creare l’intruglio sia il focus delle prossime sessioni non solo ve la potrete giocare facilmente mandandoli a raccogliere l’ultimo respiro di un mago centenario, oppure i petali di un fiore colti a mezzogiorno sulla vetta più alta della regione.
Dal mio punto di vista, meno una pozione è specifica, più è facile da creare, ma ovviamente i suoi effetti non saranno potenti come quelli di pozioni simili ma create con uno specifico intento in mente. Pertanto una pozione che esploda sui nemici avrà ingredienti relativamente facili da trovare, ma, rispetto ad una pozione pensata specificamente per un tipo di creatura, ad esempio demoni o non-morti, sarà sicuramente meno efficace.
In secondo luogo, anche utilizzare direttamente le erbe per curare malanni e ferite è un classico che al giorno d’oggi viene poche volte utilizzato. Se non volete far stare il vostro gruppo a bollire e distillare decotti, o i vostri giocatori non ne possiedono l’abilità, anche poche erbe, raccolte nelle terre selvagge durante i loro viaggi, possono essere degli utili supplementi da impiegare. Storicamente erbe del genere venivano somministrate per alleviare stanchezza, dolori muscolari, mal di testa, ovvero semplici fastidi della vita quotidiana.
Siparietti del genere possono rivelarsi ottime occasioni per dare spazio al roleplay di personaggi più vicini alla natura, per indole o per meccaniche, in una chiave più modesta ed immediata.
Una cosa che non mi stancherò mai di ripetere è di non mettere mai delle regole fisse e rigide su queste pratiche. Il misticismo si basa sull’incertezza, su quella dose di dubbio che possa non funzionare perfettamente anche se si è seguito alla perfezione le istruzioni, su quel pizzico di improvvisazione ed ingegno… in effetti è un po’ come cucinare.
Il fornire ai vostri giocatori un sistema completo di come funzioni cosa e perché incoraggia, per sua stessa natura, un distacco, mette una barriera tra il gioco ed i personaggi, filtra l’impressione che volete dare del mondo tramite regole evidenti e visibili. Ovviamente anche il mantenere il tutto nebuloso non aiuta, in quanto i vostri giocatori si troverebbero alla deriva, facendo qualcosa che non sanno se dipenda da delle regole codificate oppure da una circostanza specifica della campagna, e quindi saltuaria.
Dovete far apparire il mondo che li circonda come vibrante e ricco di potenzialità da sfruttare, fargli cogliere come ogni pianta, ogni luogo, nasconde segreti in grado di aiutarli nel corso dei loro viaggi.
Con ciò io vi saluto, augurandovi come al solito che questo articolo vi sia stato d’ispirazione, e dandovi appuntamento al prossimo articolo!