La saga fantascientifica di Star Trek è un fenomeno televisivo statunitense largamente noto che porta con sé temi, motivi, note, spunti di grande interesse culturale. Come ha osservato Thomas Richards per una buona analisi critica la saga deve essere considerata in se stessa, e non necessariamente come allegoria derivata da modelli letterari o da situazioni sociopolitiche. Infatti essa ha senza dubbio un valore autonomo, una particolare unicità che la distingue nettamente da altri prodotti televisivi. Proprio per questa originalità una attenta lettura dell'intero fenomeno spinge ad una riflessione organica su un contesto storico, sociale e culturale, quello americano, nel quale la saga è nata e continua a svilupparsi. L'approccio storico-culturale che qui si intende seguire non può non riconoscere i suoi debiti nei confronti di una analisi semiologica, come suggerisce, con ispirazione dichiaratamente sassuriana, Arthur Asa Berger, nel suo volume Tecniche di analisi dei mass media: "Un testo come Star Trek si può considerare un sistema di segni e il significato del programma scaturisce dai segni e dal sistema che collega i segni. Questo sistema generalmente non è ovvio e si deve ricercare nel testo".
Il termine fantascienza, largamente utilizzato in Italia, spesso con una certa leggerezza, per indicare un vasto ambito di produzione culturale, è una discreta traduzione dell'espressione anglosassone science-fiction, narrativa, finzione, fantasia scientifica. Ad una produzione estremamente varia, sul fronte della letteratura, dello spettacolo cinematografico, televisivo, si è finito per dare il ruolo di genere, raccogliendo nel nome già due elementi fondamentali: l'invenzione, l'immaginazione, lo sviluppo di idee, linguaggi narrativi, e insieme la scienza, non intesa come freddo strumento dell'uomo, o come nemico minaccioso, ma piuttosto come elemento intrecciato a quello inventivo. Infatti lo sviluppo scientifico e tecnologico, come ha osservato a più riprese Marshall McLuhan, non solo ha modificato la vita umana, ma ha mutato l'intero corpo dell'immaginario dei popoli, il modo di percepire la realtà e la finzione, il modo, in ultima analisi, di percepire se stessi e il mondo. A questo proposito Todorov tende a considerare la fantascienza letteraria come "coscienza sporca del XIX secolo positivista" e come categoria del fantastico sulla quale l'immaginario scientifico dei popoli agisce in modo profondo:
"Con il meraviglioso strumentale siamo assai vicini a ciò che nell'800 veniva detto in Francia il "meraviglioso scientifico" e che oggi si chiama fantascienza. Nella fattispecie il soprannaturale è spiegato in maniera razionale, ma sulla base di leggi che la scienza non riconosce. All'epoca del racconto fantastico rientrano nel meraviglioso scientifico le storie in cui interviene il magnetismo. Il magnetismo spiega "scientificamente" avvenimenti soprannaturali. Sennonché lo stesso magnetismo appartiene al soprannaturale. Si veda "Lo spettro del fidanzato" o "Il magnetizzatore" di Hoffmann; si veda "La verità sul caso di Mr. Valdemar" di Poe, o "Un pazzo" di Maupassant. La fantascienza attuale, quando non sconfina nell'allegoria, ubbidisce allo stesso meccanismo. Si tratta di racconti in cui, partendo da premesse irrazionali, i fatti si concatenano in modo perfettamente logico."
La scienza, più precisamente la storia del pensiero scientifico, diventa struttura di pensiero, storia di come l'umanità ha cambiato il proprio atteggiamento di fronte ai nuovi concetti di spazio, di tempo, di materia. Diventa, insomma, la storia del progresso della comprensione umana dell'universo. Stephen Kern, nel suo saggio Il tempo e lo spazio. La percezione del mondo tra Otto e Novecento, interpreta i rapidi cambiamenti tecnologici e sociali in chiave di trasformazione dell'immaginario europeo e americano. Egli lega fenomeni come la diffusione del telefono, del radiotelegrafo, dell'orologio da polso, dell'ora ufficiale, della bicicletta, dell'automobile, dell'aereo, della fotografia, del cinema, ad un più ampio complesso di cambiamenti culturali che coinvolgono il concetto di stream of consciusness, le teorie di Bergson, il senso del tempo per Proust, la psicoanalisi, la teoria di Darwin, le teorie einsteniane sui concetti di tempo e spazio, il senso dello spazio nell'impressionismo, nel cubismo, nell'architettura. Secondo Kern questo complesso di cambiamenti nella cultura materiale e nell'immaginario avrebbe indotto una rapida e profonda mutazione nel modo umano di percepire il tempo, il passato (definito da teorie sull'età della Terra), il presente (coinvolto dai tempi simultanei del telefono e del radiotelegrafo), il futuro (investito di nuove aspettative), la velocità, lo spazio, la distanza (entità rivoluzionate dai nuovi mezzi di trasporto), la forma (testimoniata, nel suo cambiamento, dalle arti figurative). Kern, nel capitolo riguardante la percezione del futuro, indaga proprio la letteratura fantascientifica, in particolare l'opera di Wells, come testimonianza del nuovo modo di percepire il mondo.
In questa prospettiva la produzione fantascientifica non si propone semplicemente di 'immaginare la scienza', ma piuttosto di indagare, con esperimenti immaginari, il modo in cui essa ha modificato l'uomo e la sua storia. Scrive Darko Suvin:
"La fantascienza moderna significativa, che offre fonti di godimento più profonde e durature, presuppone anche cognizioni più complesse ed estese: suo ambito è principalmente la discussione dell'uso ed effetto politico, psicologico e antropologico della conoscenza, della filosofia della scienza e del raggiungimento o fallimento di realtà nuove come risultato di tale uso."
Non è tanto al futuro che si rivolge l'interesse dei buoni autori ma alla natura umana, al suo passato, ai suoi incubi confusi, alle sue utopie. Anche David Ketterer legge lo sviluppo della fantascienza come una conseguenza del rapido mutare delle condizioni sociali a partire dal secolo scorso: il continuo e rapido cambiamento nelle realtà quotidiane avrebbe spinto gli uomini ad interessarsi al futuro, e all'immaginazione apocalittica della propria storia. Ma, riteniamo, non è possibile guardare al futuro senza leggere in esso l'esperienza del passato e del presente, così non si può trovare buona fantascienza che non porti in sé il senso del tempo e della storia.
Sicuramente la produzione fantascientifica è rappresentativa del popolo dal quale nasce e con ancora più sicurezza si può affermare che gli Stati Uniti trovano in certa fantascienza un ritratto sensibile e attento. Così R. Scholes, nel suo studio Structural Fabulation, vede nella fantascienza il risultato di una tensione tra il mondo del romance e quello dell'esperienza, e oppone una "dogmatic fabulation", legata alla religione, ad una "speculative fabulation", che dà vita al "romance of science". Scholes riconosce una tradizione di fiction speculativa, legata a More, Bacon, Swift, che progressivamente, sotto l'influsso sempre più costante delle nuove scienze fisiche ed umane diventa "structural fabulation":
"In works of structural fabulation the tradition of speculative fiction is modified by an awarness of the nature of the universe as a system of systems, a structure of structures, and the insights of the past century of science are accepted as fictional points of departure[...] It is a fictional exploration of human situation made perceptible by the implications of recent science."
Scienze e umanesimo dunque si intrecciano, e la immaginazione fantascientifica diventa il luogo narrativo del loro incontro: "We need suspense with intellectual consequences, in which questions are raised as well as solved, and in which our minds are expanded even while focused on the implications of a fictional plot" .
Carlo Pagetti rintraccia le origini della fantascienza letteraria a partire da Gulliver's Travels di Swift, dove il personaggio principale, che riconosce le leggi della scienza, è calato nella cronaca di un viaggio in paesi lontani, sul modello realistico di Defoe, ma finisce per smarrirsi nel "labirinto dei sogni e degli incubi che dalla scienza stessa sembrano emanare", in una parodia dei miti razionalistici e coloniali del Settecento inglese. Pagetti riconosce nella fantascienza letteraria elementi mitologici ed utopici, ma soprattutto il "problema romantico del superamento delle barriere", laddove, in un ambiente illuministico che auspica il progresso della collettività, un'opera come Frankenstein di Mary Shelley si sofferma sulla "figura dell'artista-scienziato che trascende la massa", elevato a creatore solo per essere poi distrutto dalla sua stessa conoscenza. Scrive Pagetti:
"La fantascienza nasce dunque ancora sotto il segno dell'ambiguità. Dovrebbe celebrare il trionfo degli ideali liberali, della rivoluzione industriale che si diffonde nel mondo, e invece registra i primi fallimenti, le consapevolezza che una crisi è imminente, che la scienza, in realtà, se male usata, non risolve niente."
Pagetti riconosce la nascita della fantascienza letteraria moderna nelle opere di Verne e di Wells, le prime caratterizzate dal senso "dell'importanza che la nostra epoca dà alla tecnologia" e le seconde segnate da una riflessione sul "problema della scienza" e sul senso della crisi che essa può provocare.
L'elemento fantastico, intrecciato a quello fantascientifico, trova posto nella letteratura anglo-americana fin dalle sue origini più lontane del mito utopistico e rinascimentale del Nuovo Mondo. Sospesi tra tradizione puritana e illuminismo, tra gli esperimenti empirici di Benjamin Franklin e il trascendentalismo di Emerson, la letteratura e l'immaginario sviluppano nuovi modi di porsi di fronte alla realtà. Gli esempi sono illustri, dal romance gotico e fantastico di Poe, Hawthorne, a nuovi modi di percepire la realtà, il tempo, il linguaggio, la mutazione dei corpi con Melville, Irving, Twain, Stevenson, fino a tempi più recenti, quando il sistema tecnologico entra con forza nell'immaginario della nazione, portando ispirazione a Ray Bradbury, Kurt Vonnegut jr, Robert Heinlein, Ursula Le Guin, Philip K. Dick. Gli anni recentissimi, infine, portano nuove tecnologie e nuove dimensioni mentali, testimoniate da autori come Bruce Sterling e William Gibson.
A fianco di una produzione fantascientifica (e fantastica) di riconosciuto valore letterario si sviluppa, nel nostro secolo, una enorme produzione narrativa, fumettistica, cinematografica e televisiva diretta al "consumo di massa", inteso come conquista di un pubblico popolare con intento puramente consumistico. Questo corpo di opere nasce nell'ambiguo principio di "narrativa di evasione", concetto generico che tenta di indicare una produzione sterile, legata ad un concetto, altrettanto ambiguo, di "svago". E' qui necessario riflettere sulla natura dei concetti di "evasione dalla realtà" e "svago", che tendono ad essere circondati da un alone di sospetto e disprezzo di puritana memoria. Ursula K. Le Guin ci ricorda che l'etica del lavoro e la mentalità di profitto tendono a considerare le opere dell'immaginario come inutile indulgenza verso se stessi, fatta eccezione per la letteratura "ufficiale", peraltro raramente letta dal grande pubblico, e per i "best sellers", che almeno hanno avuto il merito di muovere una macchina economica. Da questo punto di vista qualunque opera faccia parte del corpo fantascientifico diretto alle masse, indipendentemente dalla eventuale bontà o intelligenza della storia, o della sceneggiatura, o delle tecniche narrative, finirà per essere considerata "evasione", "prodotto di svago". Ma da cosa "evade" la buona fantascienza, che venga da un autore stimato, da un narratore sconosciuto, da un fumetto, dal cinema o dalla televisione' Ebbene, la buona fantascienza non evade da nulla, entra, semmai, nel cuore della natura umana, interrogandola sulla sua natura, sul suo passato, sulle sue speranze. Scrive a questo proposito Ursula K. Le Guin: "Insinuare che l'arte sia qualcosa di pesante, solenne e tedioso mentre lo svago è modesto ma allegro e popolare è un'idiozia vittoriana della peggior specie". Di simile avviso è anche Todorov che vede nella fantascienza una categoria del fantastico che indica come "meraviglioso strumentale":
"Come conclusione citerò una frase di Pierre Mabille che definisce a pennello il senso del meraviglioso: "Al di là del piacere della curiosità, di tutte le emozioni che suscitano i racconti, le storie, le leggende, al di là del bisogno di distrarsi, di dimenticare, di procurarsi sensazioni piacevoli e terrificanti, lo scopo reale del viaggio meraviglioso è, come siamo già in grado di capire, l'esplorazione più completa della realtà universale.""
La buona fantascienza diviene sempre interprete di un tempo, di un modo di pensare e di sentire, dell'immaginario di una intera società. In questo senso il concetto di "popolare" diventa interessante e fertile. Come osserva S. Kaminsky, in Generi cinematografici americani, il cinema popolare, proprio per la sua diffusione di massa merita, richiede una analisi: "Se un film attira molto pubblico, questo deriva dal fatto che quel film, o quella serie di film, corrisponde a un interesse, forse persino ad una necessità, di coloro che vanno a vederlo". Indagando questo interesse e questa necessità, si viene in contatto con l'immaginario che più coinvolge la società che produce e richiede un certo tipo di cinema popolare.
La televisione, portatrice per eccellenza di una "cultura popolare" creata a fini commerciali, ha certamente lesinato prodotti interessanti, facendosi interprete di una fantascienza essenzialmente fumettistica e superficiale nella ripetizione di modelli fissi. Di una notevole eccezione si vuole qui trattare, la saga di Star Trek, fenomeno televisivo, e in certa misura anche cinematografico, ormai trentennale; fenomeno che senza dubbio è diventato interprete di un'epoca, di un popolo e del suo immaginario; fenomeno degno del tipo di analisi che Horace Newcomb auspicava, nel 1979, citando Moses Hadas: "All who take education seriously in its larger sense - and not the professed critics alone - should talk and write about television as they do about books".
Se la fine della seconda guerra mondiale segna un momento di forte cambiamento nel modo in cui gli americani percepiscono se stessi in relazione alla tecnologia, è nel lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki che dobbiamo cercare i motivi scatenanti di questo cambiamento. Da quel momento in poi le nuove tecnologie diventano, per la maggioranza degli americani, terreno segreto e ambiguo, principalmente legato alla realtà di nuove armi e di un conflitto, la Guerra Fredda, capace di nascondere nella sua ombra lo sviluppo scientifico, finalizzandolo alla distruzione di un nemico concreto quanto simbolico. Il successivo periodo maccartista trasforma il primo stupore della gente di fronte alle nuove armi in un sentimento diffuso di sospetto, di psicosi. L'ossessiva atmosfera di segreto che circonda le dinamiche della politica estera, la paranoia di fronte al cosiddetto "pericolo rosso", la paura dell'incombente pericolo atomico diventano condizioni talmente diffuse da entrare a forza nell'immaginario della nazione, nei modi di pensare, di sentire, di vivere. Come naturale conseguenza, la paranoia maccartista invade anche i prodotti di entertainment cinematografico che cominciano ad esprimere un impegno politico-sociale legato al tema spionistico (Tobor re dei robot, 1954, di Lee Sholem), a quello atomico (La morte è discesa a Hiroshima, 1947, di Norman Taurog), a quello della conquista spaziale, al tema, comune all'horror, del mad scientist, alla paranoia anti-comunista, alla paura generalizzata di un'invasione nemica. In questa direzione il cinema presenta comunisti sovietici, e successivamente cinesi (dopo la prima distensione con l'URSS), come personificazione del Male, e alieni invasori che finiscono per diventare fantasiose varianti dell'esercito nemico. Sul tentativo cinematografico di avvicinarsi al tema tecnologico in modo meno paranoico cade, dall'alto, la censura, ad impedire la diffusione di idee e spunti troppo "verosimili".
Ai toni cupi dell'impegno cinematografico non corrisponde, negli anni Cinquanta, una produzione televisiva fantascientifica interessata al terreno ideologico. Le serie proposte in quel periodo (Captain Video in particolare) ricalcano, come osserva Franco La Polla in Foto di gruppo con astronave, una tradizione fumettistica diretta principalmente ad un pubblico infantile e si chiudono nella ripetizione degli stessi modelli e delle stesse idee. Non si vuole qui sostenere che serie come Buck Rogers (1950) o Space Patrol (1951) o ancora Flash Gordon (1951) non siano interessanti perché finalizzate alla "evasione dalla realtà", in quanto proprio l'evasione dalla realtà, nei prodotti seri e significativi, diventa capace di esprimere, con grande forza, temi e modi di sentire che della realtà fanno sicuramente parte, quello che si vuole sottolineare è che le serie citate non aggiungono nulla di nuovo, o di significativo, ad una tradizione fumettistica che già faceva parte dell'immaginario collettivo americano.
Negli anni successivi, mentre il cinema prende decisamente la strada dell'impegno nel tema ecologico, la televisione mostra alcuni segni di un mutato rapporto con la scienza. Con la fine dell'era maccartista la scienza esce dall'atmosfera di sospetto e segretezza nella quale era stata relegata. La televisione, pur continuando a produrre space operas fedeli ai modelli fissi del decennio precedente, per la prima volta presenta un tentativo di "volgarizzazione scientifica": si tratta di The Science Fiction Theatre (1955-56), dove ad una introduzione di taglio giornalistico-informativo su un fenomeno o una teoria scientifica, faceva seguito una drammatizzazione sul tema corrispondente. Scrive a questo proposito Franco La Polla:
"E proprio la volgarizzazione scientifica segna, fra le altre cose, la fine del maccartismo e della guerra fredda, la fine cioè di un periodo in cui la scienza era stata proposta al pubblico americano unicamente come ambito d'operazione segretissimo, tavolo su cui si giocava la partita tra Oriente e Occidente."
Qualche anno dopo, osserva ancora La Polla, è la serie One Step Beyond a raccogliere l'eredità di questo genere di atteggiamento, proponendo storie che nascevano da spunti, più o meno testimoniati, di carattere soprannaturale e occulto. Da quel momento la produzione televisiva fantascientifica si stacca definitivamente dai vecchi modelli, per presentare contorni sfumati nel campo dell'horror, dello "strano", del soprannaturale. Contemporaneamente un rinnovato interesse per i viaggi spaziali rivela da un lato la sfida culturale e politica per la conquista di una nuova frontiera contro il nemico sovietico, dall'altro un atteggiamento di interesse per la ricerca scientifica. Queste tendenze contrastanti danno vita, nel 1959, ad una serie come Men into Space, che precorre il genere catastrofico, e vede la collaborazione e supervisione del Dipartimento della Difesa. Tutte queste sfumature vanno a contornare anche una serie epocale per lo spettacolo televisivo americano: The Twilight Zone di Rod Serling. Autori come Ray Bradbury collaborano ad alcuni episodi, dando vita ad un mondo sospeso tra l'inspiegabile e la scienza, tra l'horror e la stranezza, aprendo la strada a serie analoghe, ma meno incisive, come Thriller (1960-62) e Outer Limits (1963-65).
Il cinema degli anni Cinquanta metteva in scena un popolo ossessionato dalla paura della distruzione del proprio modo di vita e della propria civiltà. Il temuto "Impero del Male" avrebbe annientato, negli incubi maccartisti, non solo l'America, ma l'intero sogno americano, quel way of life perseguito con tanta convinzione. Il cinema proponeva trame legate a questa paura, con una risoluzione finale. Non si trattava di un'ideologia di gruppo, di una fratellanza contro il nemico, ma di un'unione forzata nella disgrazia, dove i singoli erano distaccati e sospettosi. Il cinema del decennio successivo mostra invece una nuova ideologia di gruppo, unito nella catastrofe atomica ed ecologica. Se la fantascienza del periodo comincia ad avere contorni sfumati e la scienza diventa terreno esplorabile, possiamo allora trovare nuovi modi cinematografici di porsi di fronte a nuove realtà. Nel 1967 esce Charly, di Nelson, dal racconto Flowers for Algernon di Daniel Keyes. Si tratta di un'opera dagli inediti toni intimistici, dove si sperimenta sul topo Algernon un nuovo modo di aiutare i malati di mente, una mutazione della psiche. Il ritardato Charly diventa così un genio, capace di prevedere la propria regressione nella malattia, cosa che accade con una tragica e ineluttabile lentezza. La scienza porta a Charly la consapevolezza della propria tragedia, ponendolo di fronte alla fredda tecnologia che lo ha trasformato in un Faust mutante destinato alla sconfitta. Charly, negli ultimi momenti di lucidità, non potrà che avere parole di umana pietà per un altro sconfitto: "Please if you get a chanse put som flowrs on Algernons grave in the back yard".
Se la science-fiction televisiva dei primi anni Sessanta è alla ricerca della sua strada, il mondo della politica sembra aver trovato una nuova spinta ideologica nelle parole del presidente Kennedy, nella sua promessa ottimistica di una nuova frontiera simbolica, immagine poetica nata in un contesto mitico. Lo spirito di quegli anni, le lotte per i diritti civili, il pacifismo, si accompagnano, di fatto, alla preparazione del terreno sociale, politico e tecnologico del conflitto in Vietnam. E' in questo clima che Gene Roddenberry, ex pilota di aerei, autore di sceneggiature televisive, cresciuto in una America ricchissima di romanzi, film, e show fantascientifici, matura l'idea di una nuova serie televisiva, la prima della saga di Star Trek appunto, destinata al successo solo molti anni dopo, quando gli americani ritroveranno in essa l'anima ormai perduta degli anni Sessanta.
Da allora il fenomeno "Star Trek" è cresciuto fino a raggiungere le dimensioni concrete e ideali di una saga, interpretando, di volta in volta con le diverse serie, le istanze di differenti periodi storici, diventando parte dell'immaginario di un'intera nazione, recuperando temi storicamente cari al popolo americano, come la ricerca dell'Eden, il valore della perfetta utopia, l'ideologia dell'individualismo, la vita sulla frontiera, il rapporto con il tempo, lo spazio, e interpretando le esigenze del rapporto con il diverso da sé, dando letture sensibili del tema del comando, dell'ordine, dell'educazione dei giovani, spingendosi fino alle recentissime tematiche della mutazione del corpo e del nuovo rapporto tra uomo e macchina. Soprattutto Star Trek propone una immagine ottimista del futuro che, come sottolinea Richards, si rifà, per spirito di progresso, più alle visioni vittoriane di Wells o Verne, che a quelle drammatiche di Asimov e Bradbury, o allo scontro tra bene e male di Star Wars, o ancora al mondo cupo e disperato di William Gibson. Nella visione di Roddenberry l'uomo futuro ha sconfitto la fame, la povertà, le discriminazioni, ha imparato a convivere con il progresso, ha reso concreta una utopia sociale e tecnologica, e Star Trek vuole mostrare come tutto questo sia stato possibile. La saga non ha mancato di interessare enormemente il pubblico, come vuole la natura della cosiddetta "cultura popolare"; di entertainment infatti si tratta, di spettacolo, di "evasione". Una evasione dalla realtà che porta, nel caso dell'intera saga di Star Trek, ad esplorare lo spirito della civiltà, l'animo dell'uomo di fronte alla sua produzione tecnologica, l'essenza di un'epoca; uno svago che porta, insomma, all'interno della realtà stessa, con modi, di brechtiana memoria, che solo lo straniamento permette. Quello che Darko Suvin chiama "estraniamento cognitivo" diventa qui mezzo narrativo che crea un mondo altro, estraneo, ancora sconosciuto, ma comunque dominato da leggi fisiche, da estrapolazioni di una scienza familiare e riconoscibile. Scrive Suvin:
"La fantascienza è, dunque, un genere letterario le cui condizioni necessarie e sufficienti sono la presenza e l'iterazione di straniamento e cognizione, e il cui principale procedimento formale è una cornice immaginaria alternativa all'ambiente empirico dell'autore.
Così la willing suspension of disbelief viene favorita da una atmosfera di plausibilità, il mistero viene affrontato con modi scientifici, e le conseguenze dell'uso di quei modi vengono indagate negli aspetti più profondi. Scrive infatti Sam Moskowitz:
"La fantascienza è una branca della fantasia identificabile in base al fatto che essa facilita la "spontanea sospensione dell'incredulità" nei suoi lettori utilizzando un'atmosfera di credibilità scientifica per le sue speculazioni immaginarie sulla scienza fisica, sullo spazio, il tempo, la scienza sociale e la filosofia."
L'intera saga si distacca enormemente dai modelli televisivi precedenti in particolare grazie alla netta fine dell'esemplificazione contrastiva tra bene e male. I soggetti non mettono in scena, per l'ennesima volta, il modello fisso della battaglia più o meno interessante e spettacolare tra l'eroe portatore dei valori dominanti considerati "buoni" e il malvagio stereotipato in un alieno diverso e repellente. Star Trek mette in scena solo persone, che siano queste persone strani alieni, umani, androidi o esseri senzienti bidimensionali. Queste persone avranno la propria storia, la propria personalità spesso complessa e tormentata, la propria etica personale magari discutibile e il proprio retaggio culturale. Infatti la grande varietà etnica e culturale che contraddistingue i personaggi diventa caratteristica della serie e di uno spirito di conoscenza reciproca e comprensione. In questo cambiamento nasce un nuovo approccio che si è sviluppato in ben quattro serie della saga, coprendo un percorso, ancora non terminato, di oltre trent'anni.