Veniamo al mondo senza alcuna responsabilità, tra le mani e tra le menti di due
persone che non abbiamo scelto ma che inevitabilmente rappresentano i custodi della
nostra esperienza, che hanno, tra i tanti, un compito enorme, quello di rimandarci la
prima immagine di noi stessi, aprire la strada alla consapevolezza che esistiamo come
essere singoli e che siamo diversi da loro e dal mondo.
Un'immagine di noi stessi unitaria ci è necessaria all'inizio, protegge, contiene,
riscalda. Ma addentrandoci sempre più nel gioco della vita e dell'esperienza ci
accorgiamo che quella unica immagine é illusoria, che in noi c'é un teatro di
immagini che a volte i sogni ci raccontano, che fuori di noi ci sono tantissime cose
che ci attirano e che vogliamo afferrare, come chiamati da una voce seducente.
Riuscire a farci largo in questo mondo di immagini e di voci, svilupparci, crescere,
trovare il nostro cammino non è un'impresa semplice. Sono moltissime, non
sappiamo bene da dove vengano, alcune sicuramente dai nostri ricordi, altre da luoghi
lontani e sconosciuti. Il rischio è di rimanere bloccati, stando immobili o ripetendo
sempre gli stessi percorsi girando in tondo. Di chi bisogna fidarsi? In noi incontriamo
personaggi strabilianti ed altri talmente spaventosi da morirci al solo guardarli. Quali
tra loro possono farci da guida, essere dei fidati compagni di viaggio e quali ci
conducono in spirali senza uscita? Ma soprattutto quali immagini ci appartengono?
Quali sono davvero nostre? In quali, specchiandoci, vediamo davvero la nostra
immagine?
Siamo comunque chiamati a conoscerle, e quando parlano lingue diverse, a trovare
dei modi per metterci in comunicazione con loro.
Quando ho scoperto che l'attività di giocare di ruolo su internet era l'unica tra tutte la
attività online ad essere presa in considerazione dalla comunità scientifica per essere
inserita ufficialmente come dipendenza tecnologica nei manuali diagnostici ufficiali ho iniziato a pormi delle domande. Cosa di questi giochi riesce ad affascinare decine
di milioni di persone nel mondo e tenerle lì attaccate per ore e ore mettendo a rischio
tutte le loro altre attività e le loro relazioni? Sicuramente qualcosa di potente. Se
davvero si parla di dipendenza, é a mio avviso una strana ed affascinante dipendenza
senza sostanza. Una dipendenza da un mondo di immaginazione, in cui si agisce in
prima persona attraverso un personaggio che ti rappresenta. Facendo ricerca sul
mondo dei giochi di ruolo online, ho scoperto che la parola Avatar, che per me era
legata esclusivamente al mondo del gioco, non é una parola moderna figlia del
linguaggio informatico, ma é una parola sanscrita che ha più di mille anni, parola che
significa “discesa” e nella cultura induista é legata ad una divinità che si chiama
Vishnu. Qualcuno aveva colto una profonda analogia tra la figura di Vishnu e un
qualsiasi figlio del nostro tempo che gioca nella propria stanza ad un gioco su
internet.
Il senso di questo lavoro é per me approfondire e diffondere l'intuizione di questa
analogia, perché crea un legame di senso tra epoche e culture diverse e mi aiuta a
sentire un filo conduttore sotterraneo nella storia e nell'evoluzione della specie a cui
appartengo, a percepire similitudini tra me e i miei simili del presente e del passato, a
provare un senso di appartenenza alla comunità umana proprio attraverso lo stupore
della scoperta di analogie archetipiche come questa. Così, in fondo, quando penso al
senso della vita e della morte, mi sento meno solo.
Il concetto di proiezione, come inteso dalla psicologia analitica, é uno strumento utile
per provare a conoscere più a fondo le relazioni che esistono tra il giocatore e lo
scenario del gioco, in particolare tra il suo Io cosciente ed il personaggio che
rappresenta sé stesso. Forse é utile anche per capire che relazioni si instaurano tra i
giocatori, poiché i giochi di ruolo hanno una natura fortemente relazionale e
comunicativa. Per questo il primo capitolo del lavoro si presenta come una rassegna
di autori della psicologia analitica che in modo diverso hanno contribuito ad
elaborare ed approfondire i meccanismi psichici di natura proiettiva.
Il secondo capitolo é invece un breve tributo alla filosofia ed alla religione da cui il concetto di Avatar proviene, quella induista. In maniera sintetica sono descritte anche
le concezioni junghiane di religione e di divinità e quella di altri autori studiosi del
mito che hanno particolare dedizione alle tradizioni orientali.
Questi due capitoli, apparentemente slegati tra loro, trovano compimento nel terzo ed
ultimo, quello dedicato esplicitamente all'esperienza dei giochi di ruolo online. I
contenuti di questo capitolo si avvalgono anche del contributo di una piccola
intervista di ricerca (assolutamente qualitativa) che offre le opinioni ed i vissuti di chi
fa esperienza diretta del gioco. Non essendo io mai stato un utente di questo tipo di
giochi ho pensato fosse importante conoscerne l'esperienza reale attraverso i racconti
dei giocatori, per cercare di dare valore a delle ipotesi e a delle interpretazioni che
avrebbero rischiato sennò di essere puro esercizio intellettuale. Ho avuto accesso a
questi contributi empirici mettendo le domande del mio questionario in rete attraverso
una mia pagina personale o su siti e forum specializzati sui giochi di ruolo online. Le
risposte mi sono giunte tramite mail o tramite post scritti direttamente dagli
intervistati sui forum di settore.