Vorrei parlare un po’ del ruolo del DM o Narratore o come volete chiamarlo.
Centinaia di pagine e tomi poderosi sono stati scritti sui vari tipi di narrazione che noi umili incarnazioni degli dei adottiamo nel corso delle nostre splendide avventure: prepararsi tutto con ore di ricerche e sudore, lo stile della formica, o improvvisare a piene mani a malapena leggendo il manuale dell’ambientazione, lo stile della cicala? Usare avventure prefatte (o precotte) pronte per essere servite senza accendere il cervello, o inventare tutto di sana pianta rischiando di fare un porcaio, come si dice dalle mie parti? Essere ligi alle regole in maniera letterale, o fregarsene pensando solo alla storia?
Ognuno la pensa come vuole. Se volete la mia opinione ci vuole un bilanciamento di tutte queste cose per fare un buon lavoro: bisogna prepararsi un po’ ma essere pronti ad improvvisare, inventarsi le avventure ma usare quelle pubblicate come intermezzo qualora serva, sapere le regole ma non esserne schiavi. Bravo Ackseth, ricetta vincente, tutto qui? No, perchè non ero di questo che volevo parlare.
In realtá c’è una cosa che accumuna tutti a dispetto dello stile scelto: la Narrazione. In un modo o nell’altro la storia la dobbiamo descrivere, spiegare, renderla fruibile e, possibilmente, divertente.
Più ci penso e più mi convinco che il Narratore può essere accumunato a due figure simili per doti ed abilità: il cantastorie e l’attore improvvisatore. Entrambe hanno caratteristiche da cui possiamo estrapolare insegnamenti per rendere la nostra esperienza di Narrazione assolutamente più performante.
Custodi della tradizione orale, i cantori sono stati storicamente i depositari delle tradizioni, dei miti e delle leggende. Ogni civiltà ha avuto le sue figure storiche, instancabili lavoratori che, all’ombra del castello o del borgo di turno, riportavano le vicende così come le avevano imparate componendo, talvolta, dei veri e propri capolavori persi ahimè nell’aleatorietá del mezzo. Bardi, trovatori, cantastorie, ma anche aedi e rapsodi in grecia e cantori africani, hanno tutti doti e stili diversi, con in comune solo una caratteristica: riportare gli avvenimenti di cui parlano sempre in maniera diversa, recitando secondo l’ispirazione del momento. Detto così potrebbe sembrare che tutte le volte la storia cambi, ma in realtá solo i particolari variano mantenendo inalterata lo stile e l’anima dell’opera.
Come facevano a fare questo girando per tutta Europa? Ricorrendo a trucchi di natura mnemonica poi utilizzati dai matematici medievali per velocizzare il calcolo a memoria e utilizzando dei blocchi stilistici standard, ognuno utile ad una situazione tipica nel corso delle opere, saldati uno all’altro da versi improvvisati sul momento dando l’idea della continuità. In pratica imparavano a mente delle poesiole utili per le cose ricorrenti (ne é un esempio l’invocazione alle muse all’inizio dell’epica greca) e le mettevano in sequenza secondo la storia che volevano riportare intervallate dai giusti legacci. Quindi invocazione agli dei-nascita dell’eroe-morte dell’amico-discesa agli inferi-ecc. ecc. et voila il poema è fatto! Semplice eh?
E dite che cosa c’entra con la Narrazione? Ok forse vi sarà sfuggito, ma in ogni situazione che descrivete ci sono sempre dei cliché standard che la rendono immediatamente riconoscibile e fruibile dai giocatori, legati ai cliché precedenti da un filo logico di continuità. Certo almeno di non essere nella Sigil più selvaggia, dalla sala centrale di una locanda difficilmente si passerá al ponte di comando dell’Enterprise… Ci vuole logica anche nella fantasia, no?
Dai menestrelli medievali facciamo un lungo salto fin quasi ai giorni nostri, fino alla commedia dell’arte e al teatro di rivista.
Qua l’improvvisazione diventa la vera protagonista: le compagnie di teatranti seguivano soltanto un canovaccio, una traccia diciamo, che sapevano sviluppare insieme con la lunga pratica e conoscenza reciproca. Il monologo poi è il pezzo forte dell’attore e anche questo veniva improvvisato.
La difficoltà in questo sta nell’improvvisare mantenendo comunque avvinta L’attenzione del pubblico, non avendo spesso nessuno sulla scena che possa far da spalla ad eventuali cali di ritmo. Il metodo? Seguire il canovaccio, utilizzando a memoria i cliché del personaggio e dosando sapientemente intonazione della voce e gestualità quando la palpebra del pubblico iniziava a vagare. Elementi che nella retorica classica e nell’arte del parlare vengono snobbati, ma per noi onesti viaggiatori del fantastico sono armi da usare con saggezza.
Veniamo a noi quindi: cosa abbiamo trovato nel passato? Memorizzazione, improvvisazione secondo cliché e canovaccio, intonazione e gestualità.
È inutile che vi stia a parlare della memorizzazione; possiamo usare tutti gli appunti, manuali, ausili elettronici che vogliamo e non siamo stupidi, li sappiamo usare bene. Quindi questo per noi non è un problema.
Stessa cosa per la gestualità; a Lucca ho visto di tutto e di più nel corso degli anni, Narrare accompagnandosi con gli strumenti, vestirsi come il personaggio non giocante che si sta impersonando, cambiare addirittura master a seconda della situazione, ma sono cose che uno può fare facendo una seduta single-shot accuratamente preparata. Lasciamo la gestualità quindi a chi gioca dal vivo, altrimenti rischiamo di far cadere lo schermo del master, no?
Mi concentrerò pertanto sull’uso della voce e dell’intonazione in situazioni tipo, lasciando gli archetipi base, discorso assai più lungo, a futuri articoli.