Negli ultimi anni abbiamo assistito al successo su scala internazionale di testi nati come letteratura per ragazzi e portati al grande pubblico tramite la formula della trasposizione cinematografica: la fortunatissima serie del giovane mago Harry Potter, della scrittrice J.K. Rowling, che ha venduto oltre 400 milioni di copie in tutto il mondo; il film d’animazione Shrek!, l’orco del libro illustrato pubblicato nel 1990 da William Steig; Coraline, dell’autore britannico Neil Gaiman. Quest’ultimo tornerà sulle scene con il suo ultimo romanzo, The Graveyard Book, da cui sarà tratto un film diretto da Henry Selik, direttore dell’indimenticabile Nightmare Before Christmas di Tim Burton. Nel 2010, il visionario regista americano ha fornito la propria versione di Alice in Wonderland, riportando all’attenzione del pubblico un classico della letteratura per bambini e non solo, Alice’s Adventures in Wonderland di Lewis Carroll.
Questi libri e i loro corrispettivi cinematografici appaiono strettamente legati, tanto che il successo dell’uno porta alla riscoperta dell’altro e viceversa. Se per i sette libri della Rowling è forse vero che il pubblico di lettori ha superato, almeno da principio, quello degli spettatori, negli altri casi sembra evidente che la scintilla da cui trae beneficio il testo scritto è la rappresentazione nelle sale di un cinema. Chi ama il film tende poi a cercare il libro da cui è tratto, mentre in passato capitava più frequentemente il contrario, almeno per quanto riguarda il pubblico adulto. Ma se questi testi nascono come letteratura pensata e scritta per i bambini e per i ragazzi, occorre riflettere su quali sono i precedenti che riguardano questa consistente, seppure spesso trascurata, fetta di pubblico di piccoli lettori. Viene subito da pensare alle favole e ai racconti che nonni e genitori raccontano ai bambini prima di andare a dormire, oppure alle trasposizioni cinematografiche della Walt Disney, da Pinocchio a La bella addormentata, da Cenerentola a Biancaneve. I ricordi dei bambini di oggi sono pieni delle scene dei capolavori d’animazione della Walt Disney, mentre si è in gran parte persa la memoria dei libri di favole che, invece, le generazioni precedenti conservavano gelosamente.
La società cambia e con essa la cultura, e i libri veri e propri cominciano a fare la loro comparsa in età scolare, quando gli insegnanti assegnano un numero variabile di letture obbligatorie per le vacanze natalizie o estive. Sovente, vedendo la lettura come un compito e un’imposizione, i bambini iniziano a detestare questa attività e ad abbandonarla appena possibile in favore di qualcosa di diverso, come il cinema o il fumetto, soprattutto se non trovano uno stimolo alla lettura entro il proprio ambiente familiare. Non è mai giusto generalizzare, ma le stime statistiche parlano abbastanza chiaro in tal senso. Secondo le ricerche effettuate da Maria Clelia Romano, supportate dalle indagini statistiche dell’Istat, la lettura è un’attività che occupa in media soltanto 7 minuti al giorno nella vita dei bambini italiani, con le femmine che si dimostrano più propense a leggere rispetto ai loro coetanei maschi.
Ciò nonostante, è evidente che la letteratura per ragazzi, sebbene ritenuta di nicchia salvo eccezioni quali i casi editoriali citati in precedenza, rappresenta una parte importante del panorama letterario e gioca un ruolo fondamentale nella formazione dei gusti e degli orizzonti d’attesa dei giovani lettori di oggi, che saranno i lettori adulti di domani, genitori che a loro volta influenzeranno i propri figli nelle scelte di carattere culturale. Il traduttore, in questo caso il traduttore di testi per l’infanzia e per la prima adolescenza, fa parte di questo gruppo di lettori bambini adesso cresciuti, con le sue esperienze pregresse, le sue aspettative, il suo gusto personale e quello sviluppato attraverso una vita di letture all’interno di una società precisa. Entro questa stessa società e la sua cultura, il traduttore sviluppa la propria idea di infanzia e il proprio modo di affrontare il processo traduttivo. Come sottolinea Riitta Oittinen, i traduttori “bring to the translation their cultural heritage, their reading experience, and, in the case of children’s books, their image of childhood and their own child image.”
Il concetto di “childhood” deve essere associato all’importanza tributata ai bambini in quanto giovani lettori, esseri umani dotati di tutte le capacità intellettive e ricettive di un adulto. I bambini e i ragazzi sono un pubblico a pieno titolo, a cui va riconosciuta assoluta dignità. I testi che nascono per loro hanno lo stesso valore dei testi per adulti e i traduttori devono rispettarne caratteristiche e peculiarità, in modo da rendere pienamente fruibile il testo d’arrivo con cui i piccoli lettori si confronteranno, da soli o insieme ai genitori o agli insegnanti. La funzione dei testi per l’infanzia, sia morale, didattica o di puro intrattenimento, deve essere mantenuta e onorata dal traduttore, filtro tra culture a volte anche molto distanti tra loro. Ciò che il traduttore deve tenere ugualmente in considerazione è il livello linguistico del proprio pubblico. Un lettore adulto e un lettore bambino differiscono soprattutto per la conoscenza lessicale e la padronanza linguistica della propria lingua madre, mentre il contenuto di un testo e la sua struttura, più o meno complessa, possono assumere minore rilievo, sebbene i testi per l’infanzia siano caratterizzati da una struttura di solito lineare, in un susseguirsi di eventi logici e cronologici tendenzialmente meno ambigui rispetto a testi destinati a un pubblico adulto. Una simile semplificazione può manifestarsi nel numero e nella qualità degli attributi dei personaggi, non per niente i testi classici per l’infanzia, le fiabe e le favole, sono popolati da un numero variabile di personaggi che incarnano una sola qualità peculiare e si contrappongono nell’esemplificare la tipica lotta del bene contro il male.
Le favole, tuttavia, continuano ad esercitare la loro attrattiva anche sui lettori adulti. Lo provano i successi dei testi già citati e il vero e proprio boom che hanno avuto negli ultimi anni i romanzi di un genere che “viene inteso come risultante dall’unione di altri due generi quali la fiaba e l’epica” e “si può considerare l’evoluzione in senso moderno della fiaba”, il fantasy. Anche in questo caso ci troviamo di fronte al fenomeno menzionato inizialmente: come la trasposizione cinematografica possa riportare al successo e all’attenzione di tutti un testo, o dei testi, che diventano dei veri e propri casi di risonanza mondiale, come accaduto con Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, campione d’incassi e di ristampe dopo l’uscita nelle sale de La Compagnia dell’Anello, nel 2001. Con la riscoperta della trilogia di Tolkien si apre una stagione in cui i romanzi come Il Signore degli Anelli, opere in cui i lettori possono ritrovare “il fascino sottile della fiaba”, conquistano un pubblico eterogeneo e si impongono nel panorama della letteratura internazionale.