Il Medioevo è da tempo considerato nella nostra vita come "immaginario
quotidiano", quasi una sorta di scappatoia per evadere dalla monotonia della
quotidianità. Il fenomeno si manifesta a più livelli: dal bambino all'uomo comune,
dall'intellettuale allo studioso di professione. Scrive Umberto Eco: "A un certo punto
mi sono detto che, visto che il Medioevo era il mio immaginario quotidiano, tanto
valeva scrivere un romanzo che si svolgesse nel Medioevo".
Il Medioevo immaginario, però, non è del tutto quello di Umberto Eco come non è
affatto quello dei manuali scolastici o dei seri studi accademici.
"Ma una lunga tradizione confortata dalla letteratura illuministica prima e da quella
romantica poi, rinnovata negli ultimi tempi dai moderni mezzi di comunicazione (il
Medioevo cinematografico e televisivo), concorre a fornirci un'immagine del
Medioevo "buio" e "profondo" che si addentra nell'età moderna: il Medioevo delle
streghe, dell'Inquisizione, delle grandi paure collettive […]. Un Medioevo, insomma,
che in realtà corrisponde a fenomeni di breve o meno breve durata presentatesi nella
nostra Europa soprattutto nel periodo tra il XIV e il XVII secolo".
A questo punto emergono tre diverse considerazioni. La prima, che è anche la meno
complessa, riguarda proprio il tema dell'evasione. La "fuga mentale", che un tempo
conduceva nel mondo classico, nel secolo scorso ha portato la fantasia dell'uomo
proprio nel Medioevo. Le motivazioni sono abbastanza semplici.
"Il Medioevo, vero o falso, ci circonda: e, quando si parla di storia come di religione,
di filosofia come di scienza, resta difficile fare un discorso compiuto senza chiamarlo
direttamente o indirettamente in causa. Specie dopo la complessa rivisitazione
ottocentesca, e nelle nostre città che hanno subito negli ultimi centocinquant'anni un
bagno rimedievalizzante".
Le scarse e frammentarie notizie che riguardano il Medioevo, inoltre, lasciano largo
spazio all'immaginazione. Lo storico del Medioevo si trova davanti a problemi
insormontabili. Scrive Georges Duby: "Con il fissarsi dei Longobardi in Italia e la
discesa dei Baschi in Aquitania, l'epoca delle grandi migrazioni di popoli si era in
Occidente pressoché conclusa. Ma l'aspetto dell'Europa nei primi secoli del
Medioevo, a causa di questo imbarbarimento, risulta estremamente confuso agli occhi
degli storici. In quelle regioni in cui non molto tempo prima si era largamente uso
della scrittura, il suo impiego andava perdendosi. Altrove, esso progrediva molto
lentamente. Le testimonianze giunte fino a noi sono perciò estremamente rare. Le
fonti più esplicite sono quelle di tipo protostorico, fornite dalla ricerca archeologico.
Ma questo materiale documentario è anch'esso imperfetto: i resti materiali della
civiltà sono per la maggior parte di incerta datazione; per lo più essi sono esposti al
rischio del ritrovamento casuale e la loro dispersa, frammentaria ripartizione rende
pericolosa ogni interpretazione d'insieme".
Se il dubbio esiste per gli storici di professione, si può ben immaginare quanto possa
incidere nella conoscenza di coloro che si avvicinano al Medioevo solo per curiosità.
Questa "ignoranza", ad esempio, ha consentito al seppur valente regista statunitense John Boorman, nel pur artisticamente valido film "Excalibur", di vestire i cavalieri di
re Artù (che la tradizione colloca nel VI secolo) con armature di foggia
rinascimentale. Basti pensare che la semplice cotta di maglia fu introdotta dai
Crociati nell'XI secolo. L'elenco di questo genere di "errori" potrebbe continuare a
lungo. L'importante, però, è sottolineare come il Medioevo che noi conosciamo,
quello del nostro "immaginario quotidiano" non sia affatto quello reale.
La seconda considerazione è certamente più complessa e articolata. Si è detto che il
"Medioevo immaginario", oltre a quello dei cavalieri in armatura, è quello delle
streghe e delle grandi paure; il Medioevo oscuro dei negromanti e degli alchimisti
alla ricerca della pietra filosofale e dell'elisir di lunga vita. Con le parole di Howard
Phillips Lovecraft, entriamo nel pieno della seconda considerazione: "L'emozione più
vecchia e più forte del genere umano è la paura, e la paura più vecchia e più forte e
quella dell'ignoto". Gran parte della letteratura medievale, in versi o in prosa, è
intrisa d'orrore. Le saghe scandinave sono ricchissime di elementi orrorifici, basti
pensare alla figura del dio-demone Odino e al genuino terrore di Ymir, i gigante di
ghiaccio, e della sua progenie senza forma; l'anglosassone Beowulf e i successivi
racconti dei Nibelunghi in Germania sono pieni di interventi soprannaturali. Lo stesso
Dante Alighieri è un pioniere dell'atmosfera macabra e i versi di Spenser, nella sua
Regina delle Fate, sono intrisi di terrore fantastico. La letteratura arturiana, nella
Morte d'Arthur di Mallory, ci offre molte situazioni spaventose prese da ballate
ancora più antiche. Nel dramma elisabettiano, con il suo Dr. Faustus, le streghe di
Macbeth, lo spettro di Amleto, e l'orribile macabro di Webster, possiamo facilmente ilevare la forte presa del demoniaco sulle menti della gente, una presa accentuata
dalla paura della stregoneria vivente i cui terrori, all'inizio i più feroci in Europa,
cominciano ad echeggiare fortemente nelle orecchie degli inglesi mentre le crociate
per la caccia alle streghe prendono l'abbrivio con Giacomo I. Alla prosa misteriosa
rimasta nei secoli, si aggiunge una lunga serie di trattati sulla stregoneria e sulla
demonologia che valgono ad eccitare la immaginazione del mondo dei lettori.
Se aggiungiamo a questo tutta una serie di fenomeni, più o meno ampliati dalla
fantasia, propri del Medioevo, il quadro appare completo. Templari, castelli incantati,
spade fatate, draghi, "cerche" del Graal, druidi, cavalieri neri, gabbale misteriose,
orchi cannibali, alchimisti e maghi, incantesimi e profezie, principesse e guerrieri:
tutto produce paura ma, allo stesso tempo, interesse morboso nei confronti di un
Medioevo oscuro e misterioso.
A questo punto gli ingredienti da mettere nella pentola di cui parla John Tolkien
ci sono tutti: la scarsa conoscenza della storia, l'insufficienza delle fonti
documentarie, l'elemento misterioso, il terrore emanato dai vari miti, l'interesse
morboso provocato dalla paura e ultimo, ma non meno importante, il desiderio e la
possibilità d'evasione che l'immaginario medievale consente.
"Sembra abbastanza ovvio che Artù, un tempo personaggio storico (ma forse non di
grande incidenza come tale), sia stato anch'egli gettato nella pentola, dove è rimasto a
bollire a lungo, con molte altre figure e congegni narrativi più antichi, mitologici e
fantastici, e persino con qualche osso della storia, come ad esempio la lotta condotta
da re Alfredo contro di Danesi, fino a emergere come un re di Feeria. Una situazione simile si trova nella grande corte nordica Arturiana dei Re scudati di Danimarca, gli
Scyldingas di antica tradizione inglese. Re Hrothgar e i suoi familiari presentano
molti, manifesti tratti di veridica storia, assai più di quanti ne presenti Artù; pure,
persino nelle più vecchie narrazioni (inglesi) su di loro, sono associati a numerose
figure ed eventi della fiaba: insomma, erano già nella pentola".
La terza considerazione, infine, è senza dubbio quella più importante ai fini di questa
trattazione ed è, in un certo senso, la somma, certamente non aritmetica, delle prime
due. Rischia, persino, di sembrare ad un osservatore meno attento una semplice
tautologia degli elementi dei quali si è già parlato. Bisognerà dunque essere precisi.
"Ogni narratore può scegliere di ambientare le sue storie - i suoi commenti
sull'universo - nell'uno o nell'altro dei due regni dell'immaginazione. Il primo è un
mondo in cui domina la realtà (i fatti) della percezione diretta. Tale mondo è
l'immagine mimetica dei luoghi noti e quotidiani che sono conosciuti a tutti i lettori:
la Caverna, o la Città, o il Villaggio Globale. Il secondo è un momento al di là dei
fatti, e in cui la fantasia speculativa corre liberamente: il Mondo Oltre le Colline".
"La narrativa ambientata nel Villaggio era farsa domestica, rozzo umorismo,
aneddoto sanguinoso e semplice avventura. Erano le Nuvole di Aristofane, con
Socrate sospeso in un canestro, e le Allegre comari di Windsor, con Falstaff infilato
nella cesta del bucato. Erano la Nuova Commedia, il Satiricon, Il Racconto del
mugnaio e Robin Hood. Era chiaramente la parte più bassa e meno importante della
letteratura occidentale. Invece, il frutto del Mondo Oltre le Colline, non-storico e
non-geografico, era l'Odissea, l'Oresteide, Beowulf, Tristan, Parzival, La Divina Commedia, Morte D'Arthur, Gargantua e Pantagruele, The Faerie Queene, Doctor
Faustus, Re Lear, La Tempesta e Paradiso Perduto. Il Mondo Oltre le Colline è stato
il territorio centrale della nostra letteratura. Ad esso appartenevano tutte le nostre
storie migliori, le più significative. Fino a duecento anni fa, c'erano solo i
commedianti e coloro che scrivevano intrattenimenti leggeri a raccontare storie
fattuali. Gli autori seri intrecciavano sogni. E questo non era un caso. La ragione è
stata esposta da Aristotele nella Poetica, quando ha commentato (a proposito di
tragedie come l'Oresteide, ch'egli chiamava poesia): non è funzione del poeta riferire
ciò che è accaduto, bensì ciò che potrebbe accadere: ciò che è possibile in accordo
con la legge di probabilità o di necessità. Il poeta e lo storico non sono diversi tra loro
perché scrivono in versi o in prosa. L'opera di Erodoto potrebbe essere messa in versi,
e costituirebbe una specie di storia con il metro della poesia o senza di esso. La vera
differenza è che uno riferisce ciò che è accaduto, l'altro ciò che potrebbe accadere. La
poesia, pertanto, è più filosofica e più alta della storia: poiché infatti la poesia tende
ad esprimere l'universale, la storia il particolare.
Il male oscuro che affligge l'umanità dalla fine del XVIII secolo si è, nell'ultimo
periodo, ancora più acuito. Inoltre, mentre uno o due secoli or sono il mondo era
ancora ricco di "terre incognite", adesso abbiamo costruito un unico Villaggio
Globale; un mondo dove le distanze geografiche sono state completamente annullate
e dove una notizia corre da un punto all'altro ad un velocità impressionante.
"Se vogliamo sopravvivere, l'universo mentale in cui abitiamo deve essere ricostruito.
Dobbiamo allacciare nuove connessioni nella nostra mente, nuove connessioni tra di noi, e nuove connessioni con il mondo. Oggi, come in passato, la fantasia speculativa
ci aiuterà ad allacciarle".
Al di là delle polemiche nate tra diverse concezioni del mondo e delle sue
rappresentazioni, il Medioevo è l'elemento che senza dubbio offre più spunti per
un'evasione nell'immaginario. Infatti, oltre alle motivazioni esposte, i caratteri
estrinseci di quest'epoca sono intrisi di fantastico.