Potrà sembrare strano, ma è così. Esistono più tipi di GDR, sottocategorie, se vogliamo, del GDR generico, quello che raggruppa tutto l’insieme relativo al gioco di ruolo in sé.
E queste sottocategorie, a volte, hanno delle organizzazioni intrinseche e delle modalità d’uso che non vengono identificate nel fratello maggiore.
Questo è vero particolarmente nelle città virtuali.
Il concetto base del GDR pacifico, o sociale, è quello di interagire in maniera adeguata con chi ci circonda e con quanto ci circonda.
La prima regola, compatibilmente con il carattere del PG e il suo BG, è quella di rivolgersi con cortesia a chiunque. Anche in caso di un PG palesemente malvagio, mai dimenticare l’educazione.
Un saluto, per quanto freddo, formale o indifferente, è dovuto a chiunque. Discorso differente, poi, se è per motivazioni di gioco, ma, in questo caso, dovrebbe esserci un accordo o perlomeno una consapevolezza da parte di entrambe le fazioni in gioco.
In caso di evidente astio o antipatia nei confronti di un personaggio per motivazioni che esulano dal gioco in sé e coinvolgono sensazioni o altro inerenti la vita reale, vale sempre la regola prima: limitare quanto più possibile i contatti con il personaggio poco sopportato e mantenere un atteggiamento freddo, ma cortese, nelle situazioni in cui non si può fare a meno di interagire.
Del resto, esiste sempre un approccio elegante ad ogni cosa e queste cose, tutte insieme, contribuiscono allo sviluppo del gioco.
Seconda regola: palesare sempre la propria presenza in un luogo, quando si ha intenzione di entrarvi e interagire con gli altri. Se non si vuole far ciò, ci si può limitare semplicemente ad osservare.
Una buona usanza sarebbe quella di rendersi rapidamente conto di quanto sta succedendo in un determinato luogo, sia esso una semplice discussione o una quest vera e propria, prima di entrare e iniziare ad interagire; nel primo caso si può prendere eventualmente parte alla cosa con cognizione di causa, benché, per ovvie esigenze di GDR, si deve fare la parte del finto tonto. Nel secondo caso, invece, si rischia di effettuare un ingresso senza senso e degli interventi ancora più privi di senso.
Esempio banale: la porta della locanda, causa GDR in corso, è stata sbarrata con delle assi o chiusa all’interno da un bandito che vuole depredare la gente dei propri averi. Il nostro buon Kaharas, andato lì per godersi un buon boccale di birra, ovviamente non può descrivere il suo ingresso in locanda come se niente fosse, ma deve trovare una soluzione alternativa. Per far ciò, il giocatore che manovra Kharas dovrebbe avere conoscenza ben precisa degli avvenimenti che si svolgono nella locanda, ergo dovrebbe entrare, non palesare la propria presenza, leggere di quanto avviene e poi regolarsi di conseguenza.
Terza regola: comune anche al GDR combattivo. Le descrizioni che si effettuano devono essere brevi e funzionali, tali da poter essere lette e comprese senza fatica alcuna.
Inutile disquisire della qualità del fodero della propria spada o dei millimetri raggiunti da un sopracciglio che si inarca in segno di disgusto… Un pregio del buon giocatore di GDR è la qualità descrittiva la quale non corrisponde alla prolissità. Anzi, un’altra dote preziosa per il buon giocatore è la sinteticità, ovvero la capacità di dipingere con pochi tratti una situazione senza renderla ostica e incomprensibile agli altri.
Da ciò discende anche la necessità di un linguaggio chiaro e diretto: in molti, per fare ancora più scena, adoperano un linguaggio aulico, pieno di espressioni ridondanti, di iperboli o figure retoriche di varia natura e genere. Cosa assolutamente sbagliata, se non si è in grado di gestire una conversazione di questo tipo in tempi brevi.
Intendiamoci… A volte è già difficile esprimere un pensiero utilizzando gli strumenti della lingua italiana (questo non certo per ignoranza e altro, ma per la difficoltà di trovare le giuste parole), figuriamoci fare la stessa cosa poi con uno stile che non ci appartiene del tutto!
E’ all’incirca la stessa difficoltà che si trova nel dover tradurre una frase in inglese quando abbiamo della lingua una conoscenza approssimativa: prima di deve formulare la risposta in italiano, trovando quindi i termini giusti, poi fare lo stesso lavoro, però, con i termini inglesi.
Alla fine riusciremo ad ottenere quanto vogliamo, ma quanto tempo sarà passato, nel frattempo?
Corollario a questa regola è quindi la velocità di attuazione.
Una descrizione lunga richiede tempo per essere battuta, a meno che non abbiamo già una serie di frasi standard annotate da qualche parte e che utilizziamo con un banalissimo copia e incolla.
Oltretutto, se troppo lunga, una descrizione rischia di annoiare le persone che la leggono, inducendo la gente a sottovalutare quanto scritto e che potrebbe contenere informazioni utili se non addirittura preziose. Ragion per cui, se si vuole essere compresi e si vuole giocare bene, è meglio limitarsi ad uno stile scarno, ma efficiente. Almeno all’inizio…
Quarta regola: non atteggiarsi a super personaggio, dando libero sfogo alle proprie manie di onnipotenza.
Il GDR, per sua natura, è un ambiente vergine nel quale possiamo dare libero sfogo alla nostra inventiva, creando un alter-ego di noi stessi che di noi riflette poco o nulla. Ma ciò non significa che possiamo diventare tutti divinità o gente capace di spaccare un muro di granito spesso due metri con la sola pressione di un dito.
Un atteggiamento molto diffuso è quello di ricercare a tutti i costi l’importanza e la potenza, quasi fossero delle condizioni necessarie per sentirsi affermati all’interno della città virtuale.
Cosa quanto mai sbagliata.
Non serve essere dei semidei per essere rispettati e onorati… Anche un modesto fabbro ha la sua utilità in seno alla comunità e come tale deve essere rispettato. Basti pensare a cosa potrebbe succedere se il fabbro smettesse di riparare armi o di crearne di proprie, lasciando i personaggi in balia degli eventi disarmati e senza protezioni.
E, a parte questo aspetto che coinvolge il personaggio, al giocatore non serve essere un potente regnante per ottenere rispetto. La soddisfazione massima del giocatore dovrebbe essere quella di giocare al meglio il suo personaggio, facendogli rispettare in pieno tutte le complesse sfaccettature del GDR. E ricordiamoci anche che, per quanto limitato possa essere in apparenza un personaggio debole o senza particolari vantaggi, se ben giocato anche questo potrebbe rivelarsi un osso duro per chiunque. Non sempre l’armamentario e la potenza fisica rendono una persona in grado di affrontare qualunque circostanza. Anzi, spesso la spuntano di più l’intelligenza e la sagacia rispetto alla sola forza bruta.
Quinta regola: e ultima, nonché più importante. La realtà e il GDR sono due cose completamente avulse e separate.
Quando Marco prende il mano il suo personaggio, cessa di esistere in quanto Marco per diventare il prode Kharas, allo stesso modo in cui Giovanna smette di essere se stessa per diventare Elaine.
Ovviamente, non sempre si hanno situazioni ideali di questo tipo… Ma è necessario che nel nostro personaggio traspaia quanto meno possibile di noi stessi.
Il motivo di questa necessità è facile da intuire: identificando troppo il personaggio con noi stessi, o viceversa, saremmo portati a non condurre un gioco di qualità, trascurando l’aspetto ruolistico a favore di un aspetto più concreto e reale.
Se si è intenzionati a fare una cosa del genere, di sicuro una città virtuale non è il luogo migliore per noi, in quanto potremmo di gran lunga preferire le normali comunità virtuali dove l’Italia è chiamata Italia e Marco può essere Marco, se lo desidera.
Quindi, il miglior modo di giocare di ruolo è lasciare simpatie e antipatie al di fuori della mainpage della nostra città virtuale preferita, assumendo le sole simpatie e le antipatie del nostro personaggio.
Del resto, come fu detto da grandi ed eminenti saggi, la letteratura d’evasione non è la cura definitiva a tutti i mali della realtà, ma consente solo un temporaneo sollievo.
Mescolando GDR e realtà si ottengono solo conseguenze poco piacevoli, specie se il GDR avviene in una città virtuale.
A buon intenditor, poche parole…
Discorso a parte è rappresentato dal GDR bellico, o combattivo. Per quanto riguarda questo, non ci sono molte regole particolari da rispettare… In fin dei conti non bisogna affatto rivolgersi in maniera gentile all’avversario, benché l’educazione debba in ogni caso essere presente: ci basta semplicemente massacrare di botte chi ci sta davanti e rappresenta un potenziale pericolo per le nostre persone.
Virtualmente, chiunque in città potrebbe essere pericoloso, in quanto chiunque è in grado di attaccarci facendoci subire danni di varia entità. Quindi è buona norma tenere gli occhi aperti e, all’occorrenza, la spada a portata di mano.
Da ciò discende la regola numero uno: il combattimento fine a se stesso non è mai una buona cosa, altrimenti detto “mai attaccar briga per semplice divertimento”.
La motivazione alla base è molto semplice: se attacco indiscriminatamente solo perché non ho nulla da fare, rischio di guadagnarmi una pessima reputazione e oltretutto mi espongo a numerosi rischi, visto che potrei essere bersaglio di vendette più o meno numerose. Magari potrei anche essere preso in mezzo ad un nutrito gruppo di persone che mi vogliono fare la pelle e vendicarsi delle offese subite.
Oltretutto, c’è ben di meglio da fare che andare in giro a bastonare il primo malcapitato che ci capita tra le grinfie…
Pure vero è che, se in pericolo, bisogna reagire senza pensarci su due volte. Mors tua, vita mea, come dicevano gli antichi romani, ma ovviamente con un pizzico di raziocinio.
Oltretutto, l’omicidio al di fuori di un regolare duello d’onore è ritenuto reato e si rischia anche una condanna. Se ci teniamo al personaggio da noi creato, questo è decisamente un atteggiamento da evitare.
Se c’è qualcuno che ci sta cordialmente sull’anima e ci ha fatto gravi torti, niente di meglio che sfidarlo ad un buon duello e regolare in questo modo i dissapori.
Regola numero due: sia che ci si trovi in una quest che no, bisogna rigorosamente rispettare l’ordine di azione, determinato lanciando i dadi con la formula “&dadi”. Chi ottiene il risultato più basso inizia e a seguire tutti gli altri.
Il motivo di questo sistema è quello di regolamentare la sequenza di azioni, evitando che il master perda la sanità mentale cercando di identifica chi ha fatto cosa e quando l’ha fatta.
Esempio banale: Kharas compie l’azione di dare una spadata all’orchetto più vicino, tagliandolo letteralmente in due… Ma contemporaneamente anche Tulem attacca lo stesso orchetto, solo che l’azione di Tulem viene letta dopo quella di Kharas, per cui Tulem attacca e magari cerca di ferire un bersaglio già bello che stecchito, compiendo quindi un’azione inutile.
Nel caso di più personaggi che tentano un’azione quasi in contemporanea, il master deve compiere uno sforzo immane cercando di districarsi in quella selva di descrizioni, rischiando così di trascurare uno o più giocatori.
Con un sistema regolare e regolato, invece, ognuno dei giocatori sa quando agire e agisce con la consapevolezza di quello che gli altri hanno fatto, sfruttando al meglio situazioni e occasioni.
Se Kharas attacca un orchetto e gli causa una ferita alla spalla, Tulem può attaccare successivamente lo stesso orchetto e approfittare della sua menomazione per causargli più danni, traendo quindi vantaggio dalla situazione. Se invece Kharas ha subito danni piuttosto gravi e c’è un mago guaritore che partecipa al gioco, costui potrebbe anche decidere di utilizzare i suoi poteri per aiutare il guerriero, invece di attaccare il mostro di turno; se, tuttavia, il guaritore agisse in concomitanza con Kharas, utilizzerebbe l’azione senza poter essere a conoscenza dei suoi svolgimenti e, quindi, senza poter aiutare Kharas.
Un corollario a questa regola: se qualcuno si inserisce nel gioco a GDR già iniziato, laddove possibile, costui entrerebbe nella sequenza di gioco all’ultimo posto, subito dopo l’ultimo giocatore determinato dal lancio dei dadi. A seguire tutti gli altri ingressi, seguendo sempre la regola dell’ultimo posto utile.
Regola numero tre: comune anche al GDR sociale. Le descrizioni che si effettuano devono essere brevi e funzionali, tali da poter essere lette e comprese senza fatica alcuna.
Posso capire che la tentazione sia tanta, ma non credo sia grandemente utile ai fini del GDR descrivere il modo esatto in cui le miofibrille del nostro bicipite destro si gonfiano, mentre i recettori neuronali convogliano il segnale dal cervello fino al braccio che dovrà sferrare il colpo…
Né tantomeno descrivere fino al millesimo la posizione del polso durante il movimento di uno sgualembro è comodo e utile. Anche in questo caso, la sinteticità è un grande pregio, unitamente a quella di creare la sensazione di essere presenti e osservare la scena con pochi colpi di pennello. Utilizzare la terminologia giusta e descrivere i pochi movimenti essenziali all’azione stessa sono il modo migliore di operare.
Ricordiamoci che, in questo caso e a differenza del GDR sociale, il master ha il diritto e il dovere di giudicare la validità di un’azione di attacco, intervenendo con un blocco laddove necessario.
Un errore comune è quello di lasciarsi prendere dall’entusiasmo e descrivere un fendente come un colpo che parte dal basso verso l’alto o lasciarsi andare a tecniche improbabili quanto impossibili che comprendono una serie di veloci finte per poi culminare con un movimento pirotecnico quanto assurdo. In questi casi raccomando sempre la sobrietà: inutile dimenarsi in calci volanti, movimenti veloci e pose alla Bruce Lee quando il nostro avversario ci guarda come per dire “ma questo è pazzo” per poi abbatterci con un singolo pugno sul naso ben piazzato.
Inoltre, se il master dovesse giudicare inadeguata l’azione e quindi bloccarla, finiremmo con l’esporci pericolosamente all’azione del nemico. Un’azione annullata può fare la differenza tra la vita e la morte…
Come in precedenza, un corollario valido è la velocità di attuazione unita ad una buona capacità descrittiva e di utilizzo dei termini appropriati, derivanti da una buona documentazione relativa al combattimento.
Regola numero quattro: seguire rigorosamente la sequenza di azione “descrizione attacco – evento descritto – descrizione finale”.
Il sistema di gioco, in generale, prevede che il giocatore dichiari la sua intenzione iniziale: nel caso di un GDR pen&paper si tratta solo di fare una distinzione tra un colpo generico, indirizzato cioè senza particolare cura, è un colpo mirato, ovvero un colpo in una direzione ben precisa teso a causare maggior danno. Nel caso di una città virtuale, invece, si impone una maggiore cura.
Anziché dire “attacco l’orchetto” oppure “miro alla mano dell’orchetto”, come avviene in un GDR pen&paper, in una città virtuale bisogna descrivere l’azione di attacco, dichiarando se stiamo compiendo un attacco generico, mirato o di altra tipologia: spostando il peso del corpo in avanti, Kharas pone la spada all’altezza del fianco destro e porta un affondo mirato al cuore dell’orchetto che gli si para di fronte.
Una volta dichiarato il proprio intento, sia che si tratti di un GDR pen&paper o di una città virtuale, il giocatore deve attendere che il master decreti l’esito dell’azione in base al sistema di gioco utilizzato in quello specifico luogo. In un GDR pen&paper, a decidere l’esito è il lancio di un dado da venti facce in base a particolari punteggi legati alla tipologia di arma e di armatura; in una città virtuale, invece, possiamo trovare altri fattori discriminanti, legati o meno ai dadi o al semplice arbitrio del master. In ogni caso, tuttavia, bisogna far sempre fedele riferimento all’esito dell’azione.
L’errore più comune, in questo caso, è dichiarare l’azione e darne l’esito arbitrariamente… Esito scontatamente positivo: Kharas sferra un attacco di affondo diretto al cuore del nemico e lo trapassa con facilità. Il nemico è stecchito, Kharas è vittorioso. Palesemente sbagliato…
Se invece Kharas si limita a dichiarare l’affondo, il master o chi per lui decretano l’esito dell’azione: Kharas potrebbe inciampare, l’orchetto potrebbe accorgersi del colpo e parare con scudo o spada o potrebbe anche succedere che il colpo va a segno, ma non come sperato da Kharas, finendo per ferire l’orchetto alla spalla o al petto, senza ucciderlo. Fatto questo, a Kharas non resta che descrivere l’azione finale che lo riguarda, che potrebbe essere di intontimento per essere caduto, di rabbia per essersi lasciato parare il colpo, o di meraviglia per aver causato ferite minori di quelle preventivate.
Successivamente, tocca al personaggio seguente che dichiara la sua intenzione secondo lo stesso schema.
Altro giro, altro regalo.
Regola numero cinque: ultima regola il master è un arbiter ludi, quindi va rispettato come tale.
La parola del master è assoluta, in quanto è lui ad impersonare il fato durante una quest. Il buon giocatore di GDR deve imparare a seguire quanto gli viene detto dal master senza protestare o lamentarsi della sorte avversa, considerato soprattutto che il master è una persona super-partes, quindi avulso da qualunque tipo di simpatia o antipatia nei confronti del giocatore. Inoltre, il sistema di combattimento basato sull’uso dei dadi rende casuale ogni tipo di esito, ergo inutile prendersela con il master; al massimo si può inveire contro la sfortuna.
Corollario di questa regola è che le indicazioni del master devono sempre essere eseguite, qualora queste riguardino azioni specifiche.
Ad esempio, se Kharas cerca di sollevare un macigno piuttosto pesante, il master gli ordinerà di fare un tiro abilità su forza fisica: il giocatore che impersona Kharas non può esimersi dall’eseguire quanto detto, pena l’annullamento dell’azione. Se invece il master decide che Kharas o il mostro di turno possono usufruire di un turno di attacco aggiuntivo in virtù delle circostanze, bisognerà seguire rigorosamente le sue indicazioni.
Enunciate le regole principali, si passa a dare qualche consiglio di massima, utile in qualsiasi occasione.
In una quest:
a) “perdete” tutto il tempo che potete per scoprire quanto più potete su quanto vi circonda. Non importa che sia una stanza di taverna piuttosto che un bosco sinistro o che siano luoghi a voi conosciuti in quanto li avete visitati più di una volta: in ogni quest c’è sempre qualcosa di nuovo che vale la pena di scoprire e spesso i vantaggi che il master ha previsto non sono così evidenti.
b) attardatevi a conversare con la gente che incontrate… Nella peggiore delle ipotesi non vi diranno niente di utile, ma nella migliore potrebbero anche darvi informazioni preziose. Non si sa mai…
c) cercate di utilizzare il cervello sempre e in qualunque situazione. Durante le quest l’inventiva e l’intelligenza vengono messe alla prova e stimolate.
d) non fidatevi ciecamente!!! Non sempre quello che vi si para davanti è ciò che effettivamente sembra e non sempre la lastra traballante sul pavimento nasconde l’interruttore di una trappola. La prudenza è sempre l’arma migliore, in questi casi, ma è anche vero che chi non risica, non rosica.
Durante un combattimento…
a) Non lanciatevi a testa bassa contro il nemico. Ragionate ed elaborate una strategia, a volte usare la testa è più importante che usare la spada.
b) Studiate ben bene la situazione in cui vi trovate e scegliete con cura il vostro nemico onde evitare di cacciarvi nei guai. Nello specifico, se non siete all’altezza di sostenere un combattimento contro due avversari contemporaneamente, evitate di attaccare un orchetto affiancato da altri due compari.
c) Non fate il passo più lungo della gamba… Se vedete che un nemico è palesemente oltre la vostra capacità, evitate di fare gli eroi affrontandolo da solo: cedete il passo a chi è più potente di voi o affrontatelo in gruppo. Vivi oggi e combatti domani. Muori oggi e non combatterai mai più.
d) Calcolate bene le distanze che vi separano dal vostro nemico e regolatevi di conseguenza. Inutile sprecare un buon incantesimo o un buon proiettile perché il bersaglio è fuori raggio d’azione.
Detto questo, non mi resta che augurarvi buon divertimento!