Nel presente lavoro mi propongo di considerare l’opera
letteraria di John Ronald Reuel Tolkien, filologo e professore
vissuto in Inghilterra lungo tutto il secolo scorso, fino agli anni
settanta.
Oltre ai suoi diversi scritti, legati all’attività professionale,
ritengo che anche le sue opere narrative, che lo hanno portato alla
notorietà, siano da considerare con attenzione, non meno delle
prime.
Dalla pubblicazione de Lo Hobbit, nel 1937, ad oggi, le
opere tolkieniane sono state oggetto, a livello internazionale, di
diverse critiche ed interpretazioni, a volte assegnando loro valori,
ideologie e pensieri totalmente estranei a quelli dell’autore.
Partendo, quindi, dalla vicenda umana di Tolkien, che
indubbiamente si riflette (consapevolmente o meno) nelle sue
opere, e da una breve panoramica su di esse, analizzerò
criticamente le interpretazioni, in particolar modo quelle italiane,
fatte sulla produzione letteraria di quest’autore.
Il Signore degli Anelli, come descriverò in seguito, è stato
in diverse occasioni politicizzato e quindi arruolato fra le schiere
della Sinistra o della Destra, vincolato da quella che considero
una lettura superficiale del testo.
Ritengo possibile, invece, che ci possa essere una lettura
più profonda della proposta tolkieniana, in particolar modo legata
alla formazione del lettore.
Questi ha la possibilità di leggere e ritrovare nelle opere di
Tolkien le proprie esperienze personali, rivisitando le vicende della Terra di Mezzo come opera di evasione da considerare alla
luce della realtà. Questa letteratura, permette al lettore di
“educarsi”, intendendo con tale termine la possibilità che egli ha
di ampliare la propria esperienza e, di conseguenza, di
“riconoscere”, sollecitare e definire il proprio percorso formativo.
Durante quest’analisi prenderò in esame anche le
caratteristiche proprie del romance, soffermandomi sui simboli
tipici del racconto fantastico e facendo emergere, quindi, la
crescita personale dei personaggi, attraverso la ricerca e il tema
della quest, argomenti in stretta connessione con il cammino
formativo ed educativo del destinatario dell’opera, giovane o
adulto che sia.
Negli ultimi due capitoli prenderò in considerazione tre
situazioni particolari presenti ne Il Signore degli Anelli e in parte
ne Lo Hobbit.
Cercherò innanzitutto, di svolgere una lettura in chiave di
pedagogia interculturale sulla possibile amicizia fra razze in
conflitto.
Elfi e Nani, all’interno della mitologia tolkieniana, si
trovano in continuazione in situazioni di ostilità, spesso non
dettate da motivi chiari ed evidenti, ma legate ad una “eredità”
sociale.
Legolas e Gimli, rispettivamente appartenenti al popolo
degli Elfi e dei Nani, riusciranno, non senza alcune difficoltà, a
liberarsi da questa pesante eredità.
L’altro caso particolare, sempre legato ad un possibile
scambio interculturale, riguarda il villaggio di Brea: luogo di
incontro e di incrocio fra strade e popoli, in cui l’equilibrio dato dalla convivenza fra razze diverse, Hobbit e Uomini, sta per
essere messo in crisi dall’arrivo di gente straniera, facendo
emergere la superficialità del loro rapporto con l’Altro.
Terminerò questa lettura in chiave pedagogica analizzando
la figura di Gandalf sotto l’aspetto della metodologia della
ricerca-azione.
Lo stregone, presente sia ne Lo Hobbit che ne Il Signore
degli Anelli, avrà un ruolo fondamentale nella crescita dei vari
personaggi, e nella soluzione del “problema Sauron”.
Confronterò, quindi, i suoi atteggiamenti con le
caratteristiche di questa metodologia, per valutare se
effettivamente Gandalf può essere considerato un “maestro in
ricerca-azione”.