Buongiorno, o volenterosi seguaci del Kiwi Guerriero! Come tutti ben sanno (ed in caso non lo sappiano ci pensano le bacheche di Faccialibro a ricordarglielo), questo è periodo di esami. Pertanto, come ogni volenteroso studente universitario, mi accingo a quella che è per eccellenza l’attività di coloro che hanno scelto il proseguo degli studi: la procastinazione. La scusa odierna per ignorare il poderoso Lehninger (libro di testo di biochimica) consisteva nel “riordinare” la mia camera, ovvero “leggere i vecchi quaderni di appunti di D&D” , e, a parte il treno di feels che mi ha investito, ho trovato una sezione, sul mio primissimo quaderno di appunti, ovvero il mio diario di 4° liceo, interamente composta di consigli su come fare il Dungeon Master, raccolti qua e là nel magico mondo in Internet. Andandoli a rileggere dopo 5 anni, e trovandoli ancora valido, ho pertanto deciso di riproporveli qui. (Quasi sicuramente alcuni saranno saltati fuori nei miei precedenti articoli, ma che ci volete fare, oramai ho una certa età e mi dimentico le cose.)
Background e personaggi
Essendo gli RPG un gioco cooperativo tra GM e giocatori (e GM vs giocatori, come molti credono), bisogna stabilire una comunicazione efficiente già prima dell’inizio della campagna, ovvero:
• Quale sarà il focus della vostra campagna. Esponete la vostra idea in una o due frasi. Un giocatore che abbia inconsciamente costruito un personaggio completamente fuori tema con la campagna avrà certamente molte più difficoltà ad adeguarsi rispetto a qualcuno che abbia creato il suo alter ego sapendo a grandi linee i temi principali della storia.
• Assicuratevi che i personaggi abbia un minimo di coerenza, sia tra loro sia con la storia. Spendere metà sessione tra bisticci in-character può essere divertente, ma se inizia a ripetersi ogni volta ci potrebbero essere dei problemi.
• Integrate aspetti dei vostri personaggi nella vostra campagna. Dal background ad aspetti veri e propri del personaggio. É un chierico? Coinvolgetelo nella vita ecclesiastica, dategli ogni tanto delle dottrine di riferimento o simili.
Mappe
Disegnate mappe. Poi disegnatene altre più dettagliate. Poi disegnate pezzi di mappe da mostrare ai giocatori man mano che esplorano. Poi fate come me e imparate a fare tutorial su photoshop per creare mappe in quanto vi è venuta la tendinite. No, seriamente: la maggior parte dei gdr si basa sull’immaginare uno spazio, e, nella mia carriera di giocatore, il 90% delle volte ci s’impiccia perché qualcuno ha pensato che qualcosa/qualcuno stesse in un posto invece che in un altro (stesso consiglio per il quale dico sempre di disegnare, o far disegnare, una piccola mappa del dungeon man mano che si prosegue e di usare un abbozzo di griglia. Inoltre, anche essendo abbastanza scarsi, si possono realizzare delle mappe molto chiare e spesso anche carine esteticamente, e ho notato che spesso i giocatori hanno una specie di feticcio nei confronti di questi mistici oggetti.
Organizzazione
Scrivete tutto. Tutto quello che vi viene in mente, in qualsiasi momento. Appuntate su quaderni, tovaglioli, ipod etc. Anche una-due parole vanno bene, basta che vi riportino alla mente il concetto o la scena che avete pensato. Persino nel caso in cui non utilizziate affatto quello che avete scritto, potete archiviarlo e ripescarlo, riadattarlo e implementarlo, anche a distanza di anni, in altre campagne e con altri giocatori.
Avere una pila di appunti è anche uno dei metodi più classici per guadagnare tempo: in caso di imprevisti, rimestateli rumorosamente con sguardo severo, guadagnando preziosi istanti per inventarvi qualcosa!
Mantenete il controllo della situazione
I gdr in generale sono un’esperienza collettiva, tuttavia a voi, in quanto GM, sta il compito di mantenere l’esperienza fruttifera e generalmente divertente per tutti. E con ciò è anche incluso il dovere di intervenire qualora vi sia un problema. A volte un giocatore creerà un personaggio estremamente più potente degli altri (anche detto minmaxing), e che di conseguenza tenderà ad essere il fulcro di tutto. Piccolo disclaimer: se tutti i giocatori tendono ad ottimizzare un personaggio, va tutto bene, in quanto in linea generale tutti avranno eguali livelli di potere, e voi potrete porre davanti ad essi sfide più difficili per equilibrare il tutto. Il problema non è quando essi trovano le sfide a loro poste troppo facili, è quando uno dei giocatori oblitera consistentemente gli avversari mentre gli altri risultano inutili. A volte un giocatore avrà un comportamento non in linea con il resto del gruppo, oppure si verranno a creare tensioni personali tra i vari giocatori. Ebbene, in questi casi sta a voi alzarvi e dire “ok, questo non va bene”. Come GM sta a voi arbitrare il flusso della partita, e spesso e volentieri sta anche a voi l’ultima parola in fatto di partecipazione alla campagna. Se un giocatore è problematico all’interno del gruppo e rifiuta di adeguarsi, cacciatelo. Sembra brutto, ma è molto peggio trascinarsi dietro un elemento problematico per mesi, arrivando a guastare il gioco per tutti.
Lasciate (con moderazione) l’iniziativa ai giocatori
Un gioco di ruolo dovrebbe comportare qualcosa di più che muoversi dal punto A al punto B mentre il GM tira goblin addosso ai giocatori. Sebbene molti GM (tra i quali il sottoscritto) partano già con l’idea della grandiosa campagna dal livello 1 al livello 20, passando per tutti i temi dell’epica classica, a volte paga cercare di capire cosa vogliono i giocatori. Capite cosa voglio vedere, chi vogliono che siano i loro personaggi, e quali siano le loro ambizioni. I momenti migliori dei GdR sono quando tutti i giocatori agiscono secondo un fine comune.
La morte ed il gruppo
Questo è uno dei dilemmi più antichi dell’essere GM: la morte di un personaggio giocante è qualcosa di molto delicato, ed è possibile errare in molteplici maniere.
• La porta girevole. Errore comune di D&D ed affini, è quando incantesimi che riportano in vita i giocatori sono talmente comuni che la morte non è più un ostacolo od una minaccia, è una minore seccatura.
• Dark Souls: Prepare to Die. Il nome è abbastanza esplicativo di suo. Muoiono PG come se piovesse, e l’effetto è simile alla trama di Beautiful: alla fine nessuno ricorderà chi fa cosa e perché, ma continueranno ad andare avanti per inerzia.
Il grosso problema qua, è che non ci sta un approccio “giusto” o sbagliato”. Purtroppo (o per fortuna), qua entra in gioco l’autorità del GM, il quale deve decidere come approcciarsi alla morte, quando punire e quando salvare.
La mia personalissima visione è che le azioni hanno conseguenze, e queste conseguenze posso essere spesso mortali. Tuttavia la morte non è affatto la fine del personaggio, al massimo è un traumatico cambio di scenario! Poche cose sono divertenti quanto guidare dei confusissimi personaggi attraverso l’aldilà, in cerca della resurrezione, o di qualsiasi altro fato li attenda al termine dell’esistenza terrena.
Con quest’ultima riflessione andiamo dunque a chiudere l’articolo. Come al solito mi auguro che i miei consigli vi siano piaciuti e/o stati utili, e vi saluto, dandovi appuntamento alla prossima pubblicazione.