La figura di Tolkien si distingue nettamente dai personaggi del
periodo in cui visse, ed appare insolita in un secolo segnato da un grande
disorientamento e crisi di valori. Egli non ha molto in comune con i
grandi autori inglesi a lui contemporanei quali Joyce, D.H.Lawrence ed
altri. Vedremo nel corso del nostro discorso la rilevanza che ha la fede
cristiana nellíinvenzione narrativa di Tolkien. Ma anche il confronto con
altri autori del '900 nei quali líispirazione religiosa è fondamentale, mostra la singolarità di Tolkien: la sua scrittura non trova paralleli né
somiglianze in Chesterton, ad esempio, né in C.S.Lewis né in G.Green. La particolarità dell'opera di Tolkien e la scelta di un genere come
quello epico-fiabesco non rappresentano per lui una particolare presa di
posizione, o l'elezione di un genere specifico, effettuata in modo
consapevole. Dalla lettura delle sue opere, in particolar modo da Tree
and Leaf1, delle lettere, e della biografia scritta da H.Carpenter, emerge
nettamente il fatto che, scrivendo, egli non poteva prescindere dal mito e
dall'epica, sui quali si basa la sua formazione giovanile. Il suo lavoro di
filologo non è sufficiente a spiegare questa scelta che deve essere
ascritta, piuttosto, al suo grande amore per le opere del medioevo
letterario delle lingue germaniche e la convinzione che esse, più di
qualsiasi opera di periodi successivi, avessero valore per l'uomo d'oggi. Il contenuto cristiano è, anch'esso, penetrato nell'opera
inconsapevolmente, in un primo momento, ma anche inevitabilmente;
dal ritratto dell'autore fatto da Carpenter emerge molto chiaramente
come il Cristianesimo per Tolkien non fosse una semplice presa di posizione o un'ideologia da seguire, ma un modo di vita, la vera essenza
della sua persona. Scrivendo, egli non poteva, pertanto, svincolare i
contenuti delle sue opere dalla dottrina cristiana da notare come l'opera di Tolkien abbia dato inizio ad una serie
di fatti che da essa si allontanano poi completamente, primo fra tutti è il
genere fantasy che, nato dall'entusiasmo suscitato dall'opera tolkieniana, annovera alcuni autori che hanno raggiunto risultati apprezzabili. Di tale
nuovo genere narrativo si è occupato anche Paolo Pugni, autore di
diversi articoli su Tolkien, e traduttore dell'edizione italiana della
biografia di Carpenter. Egli ha indicato, tra gli autori più interessanti, nomi quali David Eddings, e cui cinque libri del "Ciclo di Belgariad" sono paragonabili per intensità e spirito al Signore degli Anelli
egli è in grado di ricreare quel linguaggio tipico di Tolkien, ma ancora
più di Lewis, fatto di simboli ed allusioni, che parlano direttamente al
cuore prima che all'intelletto. Molto interessanti, secondo Pugni, sono anche le opere di Marion Zimmer Bradley e di Terry Brook. Tolkien, però, oltre ad aver dato origine ad un genere in cui si
possono trovare anche opere di un certo valore letterario, ha trascinato nella scia un gran numero di opere che con la filosofia di
Tolkien non hanno niente a che spartire. Così, stavolta, la fantasy, ha spalancato le porte ad alcune idee fisse: sempre più spesso le nuove
pubblicazioni pullulano di frenetici accoppiamenti, di sofisticate
pratiche anticoncezionali e/o abortive, volte è ovviamente' ad impedire la
sovrappopolazione del mondo ormai stipato dalle emasse o a prevenire
la nascita di individui handicappati. Ormai non si contano più gli
stregoni-scienziati che hanno preso il posto dei maghi-sacerdoti L'universo fantasy è rapidamente uscito dall'ambito meramente
letterario fino a dare vita a un vero e proprio fenomeno di costume: negli
ultimi anni non si contano i film (tra cui un cartone animato fortemente
innovativo nella tecnica cinematografica tratto dal Lord of the Rings), giochi di società, video games, ecc. Già nei primi anni che seguirono la pubblicazione del Lord, Tolkien diventò un vero e proprio oggetto di culto per i giovani
universitari americani. Alla diffusione su larga scala dell'opera aveva
contribuito una casa editrice statunitense, la Ace Books che, verso la fine
degli anni '50, pubblicò un'edizione economica dell'opera, che, pur
essendo considerata pirata, vendette moltissime copie. Come viene
raccontato nella biografia, di lì a poco proliferarono diverse Tolkien's
Societies, si facevano ìcene hobbit con moltissime portate, piatti a base
di funghi, fuochi artificiali e molti altri fenomeni di un culto che con la
letteratura avevano poco in comune. Negli anni '60 Tolkien fu addirittura adattato a nuove ideologie; ad
esempio, il forte amore per la natura, espresso anche nelle sue opere, o
rendeva compatibile ed utilizzabile dai nascenti movimenti ecologisti. La
sua fortuna letteraria fu, quindi, dovuta al forte favore riscontrato in
America, che diventò anche fanatismo, nei confronti dei personaggi da lui
inventati, proprio perché, come afferma Paolo Pugni nel succitato
articolo, il suo è un linguaggio che parla direttamente al cuore. Diversa fu la reazione della critica letteraria, la quale si trovò, almeno nei primi anni, nettamente spaccata in due. Da una parte amici di
Tolkien come C.S.Lewis e W.H.Auden, scrivevano recensioni entusiaste, dall'altra, invece, personaggi quali John Metcalf ed Edwin Muir
scrivevano articoli fortemente negativi e nette stroncature nelle quali Tolkien era accusato di fare letteratura d'evasione, o , ancor peggio, di
avere scritto come un adulto mai cresciuto. La critica poté scoprire la dimensione più vera di molti aspetti e
passaggi del Lord solo in seguito alle pubblicazioni successive. Oltre al
Silmarillion, edito nel 1979, risultano fondamentali al fine di una corretta
comprensione dell'autore la già citata biografia, e le lettere curate, anch'esse da H.Carpenter, e pubblicati, rispettivamente nel 1977 e 1981. La situazione critica italiana è quanto mai singolare. Pubblicato in
Italia molto tardi (I ed. 1970) il Lord fu fortemente osteggiato dalla
cultura di sinistra allora dominante. Molte critiche apparvero anche sulle
testate più moderate come fu per esempio Tuttolibri, supplemento di
La Stampa, dove apparvero non pochi articoli ironici e
ridimensionatori. All'inizio degli anni '80 Tolkien fu accusato di
essere reazionario, mentre la pubblicistica di destra lo difendeva
apertamente e, negli anni 1977, 1978 e 1980 ìÖassociazioni giovanili di
destra e tradizionali organizzarono ì campi hobbit. Al di là della polemica legata a particolarismi politici, la critica
italiana è ancora, purtroppo, quantitativamente inferiore a quella inglese. Le monografie pubblicate sono limitate a pochi titoli, tra i quali si ritiene
essere il più interessante il saggio di Emilia Lodigiani Invito alla Lettura
di Tolkien, (ed. Mursia, 1982). La maggior parte della critica è apparsa
su riviste letterarie e, più raramente, su settimanali culturali a più larga
diffusione.
Al fine di dimostrare che il tema della Quest nelle opere di John
Ronald Reuel Tolkien si configura principalmente come esperienza di
vita cristiana, è fondamentale un raffronto con la traduzione letteraria in
cui appaia il suddetto tema, per verificare eventuali diversità e punti di
contatto. Nel capitolo I vengono messi in evidenza i caratteri generali della
letteratura contenente la Quest, individuate le opere che costituiscono la
fonte principale per l'autore, ed infine, viene posto in rilievo il motivo per
cui Tolkien scelse un genere letterario, come la leggenda ed il mito così
poco diffuso nella letteratura del nostro secolo. Da questa analisi è stata volutamente esclusa la tradizione più
esplicitamente cattolica, poiché ad essa vengono dedicati i restanti
capitoli. La trattazione specifica delle opere avviene nei capitoli
successivi, dove sono stati presi in considerazione solamente pochi
capitoli del Silmarillion e la quasi totalità del Lord, per i quali sono state
messe in risalto le similitudini espressive e contenutistiche con i testi
biblici, e, particolarmente con la Genesi ed i Vangeli.
Il capitolo IV è stato riservato ad una trattazione più specifica nei
confronti di tematiche espresse da Tolkien, alle quali egli ha dato una
soluzione in linea con la tradizione cattolica sembrato interessante
vedere quale risposta l'autore abbia dato al problema dell'eterno conflitto
tra bene e male, e all'interrogativo sulla morte dell'uomo, che emergono
dalla sua opera. Nell'ultimo paragrafo sono stati individuati elementi o
figure tipicamente cristiane, al fine di supportare ulteriormente l'ipotesi
della presenza delle idee cristiane nell'opera di Tolkien.