Quante volte negli ultimi anni sono state suonate a morto le campane per il Play by Chat? Quasi non passa settimana senza che qualcuno decida di pronosticare la fine di questo modo di giocare che ha attecchito in Italia e poco o nulla all'estero.
Ho letto e leggo sempre con interesse le analisi statistiche e le discussioni in cui si cerca di avanzare proposte volte a "salvare il Play-by-Chat", ma di recente alcune ricerche dell'Istat, di alcuni istituti universitari, dell'OCSE e dell'Associazione degli editori italiani hanno attirato la mia attenzione su qualcosa che a mio parere potrebbe darci una prospettiva diversa dalla quale guardare al futuro (?) del PbC.
Partiamo dal principio: "Gioco di ruolo online" é davvero una buona etichetta per descrivere il tipo di gioco che si fa nella maggior parte delle land virtuali?
Supponiamo, per assurdo, che il gioco che si svolge nella gran parte delle land virtuali abbia poco o nulla a che spartire con il gioco di ruolo propriamente detto, con i suoi canoni basilari e con i suoi paradigmi.
Supponiamo, sempre per assurdo, che il Play-by-Chat somigli e abbia il suo stesso fulcro primario nell'esercizio creativo e fantasioso del dar vita a un personaggio immaginario, nel recitarne le avventure, le interazioni e le relazioni, all'interno di uno spazio e un ambiente virtuale altrettanto immaginario e scarsamente definito, i cui confini sono parecchio lasciati alla capacità di immaginazione di chi prende parte al gioco.
Supponiamo, ancora una volta per assurdo, che il sistema delle webchat non sia l'equivalente della scheda del personaggio, dei dadi e dei manuali del giocatore e del master, ossia che la webchat non sia l'equivalente degli strumenti caratteristici di una sessione di gioco di ruolo cartaceo, ma piuttosto l'equivalente del pennello e della tela per un pittore, del palcoscenico per un attore o del foglio di carta in bianco per uno scrittore.
Quanto, di tutto questo avrebbe a che fare davvero col gioco di ruolo propriamente detto? Quanto di tutto questo potrebbe essere analizzato, valutato e classificato efficacemente secondo i paradigmi del gioco di ruolo? E quanto sarebbe sensato imprimere a tutto questo "soluzioni" fondate sui paradigmi del Gioco di Ruolo propriamente detto?
E' opinione abbastanza diffusa che l'eccessiva deregolamentazione, l'eccessivo arbitrio lasciato a giocatori e master nel regolare le interazioni e i loro esiti, la disponibilità spesso limitata di documentazioni dettagliate e approfondite, la presenza e la disponibilità di strumenti parzialmente o completamente "fuori dal gioco" (off-game), la tendenza a proiettare parte delle aspettative/sogni/ambizioni del giocatore nell'interpretazione del personaggio, siano ciò che attualmente rende ingiocabile il Play by Chat, ciò che lo condanna all'agonia, e sia ciò che ne determinerebbe la natura di gioco di nicchia condannato a sparire prima o poi seguendo la graduale scomparsa dei giocatori, man mano che questi crescono, mettono su famiglia, e cominciano giustamente a pensare che portare a casa uno stipendio é più importante di essere riusciti a diventare vicecapoclan.
Alcuni, passando dalle parole ai fatti, tentano l'implementazione di sistemi regolamentari, piattaforme tecniche e documentazioni a scopo divulgativo il cui fine sarebbe quello di far "rientrare" il caotico, disorganico e disordinato mondo del PbC entro canoni più univoci ispirati a quelli del gioco di ruolo propriamente detto.
Gli stessi sostenitori di questa linea ammettono esplicitamente che tali tentativi non hanno sortito effetti sensibili sull'utenza che complessivamente gravita attorno al PbC italiano.
La cosa avrebbe anche un risvolto umoristico, dal momento che spesso é quella stessa utenza a lamentarsi a gran voce per i limiti e le contraddizioni intrinseche del modello di gioco che va per la maggiore, ossia quello incentrato sulla descrizione/narrazione, con poco o nessuno spazio per parametri di riferimento e per sistemi regolamentari certi che intervengano a determinare gli esiti delle interazioni tra i personaggi.
Siamo di fronte al paradosso di un'utenza che in gran parte lamenta i limiti e le contraddizioni del modello di gioco standard, dall'altro si dimostra assai restia a staccarsene, anche quando qualcuno riesce a mettere in campo delle soluzioni alternative, e che tecnicamente meriterebbero di essere prese in considerazione.
La questione, quindi, si sposterebbe sull'utenza: ritenuta di volta in volta "impreparata", "pigra" o che andrebbe avanti per "inerzia" a causa degli oltre dieci anni che hanno consentito al modello maggioritario di imporsi ed essere assimilato dai giocatori. Inutile fare questo discorso senza alludere esplicitamente alla land virtuale che é stata la capostipite di questo modello di gioco: eXtremelot.
Poco importa che una land abbia un'ambientazione totalmente diversa, che appartenga al genere "fantasy epico" piuttosto che "fantascienza" o "puffi e dintorni": un gioco basato quasi interamente sul descrittivo, poco o nulla sui parametri, con una forte enfasi posta sull'appartenenza a gruppi organizzati e immediatamente riconoscibili come tali (gilde/clan/etc), deriva consapevolmente o meno la sua origine da quel modello e da quell'approccio al gioco.
Verrebbe da chiedersi: l'esigenza di far rientrare il variegato panorama del PbC nei binari del gioco di ruolo propriamente detto, l'esigenza di individuare (e, presumo, diffondere) un'unico approccio regolamentare al gioco, l'esigenza di staccarsi dall'eccessiva libertà interpretativa finora garantita, é davvero un'esigenza dell'utenza? O, meglio ancora: é davvero quello che serve al mondo del Play by Chat per garantirsi la sopravvivenza?
Questo ci riporta a quelle supposizioni "per assurdo" fatte all'inizio. Perchè se qualcuna, o la maggior parte di quelle supposizioni non fosse poi così assurda, questo potrebbe spiegare molte cose: innanzitutto renderebbe evidente che alla maggior parte dell'utenza che attualmente gravita attorno al PbC non interessa affatto usare le webchat come canale per fare gioco di ruolo in senso stretto; che non le interessa affatto "rientrare nei canoni e nei paradigmi del gioco di ruolo propriamente detto"; e che di conseguenza non le interessa affatto valutare l'attrattiva di una land in funzione di "soluzioni" fondate sull'assunto che il "PbC non funziona perchè é lontano dai requisiti di un gioco di ruolo".
Il che potrebbe significare anche, azzardo, che non é l'utenza a essere "impreparata", "pigra" o colpevole di farsi trascinare dall'inerzia, ma semplicemente che é infondato il presupposto che il PbC per salvarsi debba diventare per forza un luogo in cui si fa gioco di ruolo propriamente detto.
Quello che vedo io é che il PbC é innanzitutto un grande e variegato canale attraverso il quale gli utenti praticano la cosiddetta scrittura creativa, recitando virtualmente a più mani, senza una traccia o un copione prefissato: una sorta di jazz improvvisato.
Perlomeno il PbC che va per la maggiore e quello che riesce a campare, sopravvivere e (nel caso della land che ne é stata il capostipite) persino ad aumentare e differenziare l'offerta di gioco, sopravvivendo a generazioni di Cassandre che ne avevano predetto la fine prossima già a partire dal lontano 2000.
Comprendere che PbC non dev'essere necessariamente sinonimo di gioco di ruolo, comprendere che proprio la varietà e l'indefinizione che offre come teatro di esercizio della creatività é il suo più grande valore aggiunto e non qualcosa di fastidioso da sradicare, forse sarebbe davvero il primo passo utile per non rischiare di ammazzarlo definitivamente.
La massima beffa sarebbe se il PbC venisse definitivamente affossato proprio da parte di giocatori animati dalle migliori intenzoni salvifiche.
E' ovvio che un modello di gioco così aperto e indefinito ha molti limiti e contraddizioni. Limiti e contraddizioni che su land con un'altissima utenza giocante riescono ad essere diluiti e tamponati, mentre su land di dimensioni "normali" (20-30 utenti online) finiscono con l'essere fatali. E lo sono stati anche nel caso di land non propriamente piccole, nate da questa o quella scissione dalla "nave madre". Basti per tutti l'esempio di Dreamalot, che già a tre anni dalla sua fondazione aveva registrato una costante ed apparentemente inarrestabile emorragia di utenza.
La domanda quindi a mio parere non dovrebbe essere "in che modo uniformare il PbC e farlo rientrare nei binari caratteristici del gioco di ruolo per salvarlo", ma... "Cosa si può salvare di un modello che ha il suo cuore proprio nella scrittura creativa, nell'improvvisazione multipla e nella narrazione? Cosa può essere riveduto di questo modello senza scardinarne il motore vitale?".
I limiti e le contraddizioni intrinseche del modello di gioco "lottiano" (passatemi il termine) sono seri e possono anche essere mortali se vengono sottovalutati o presi sottogamba da gestori troppo frettolosi al momento dell'apertura. Ma questo non significa buttare via il bambino assieme all'acqua sporca.
Qui arriviamo alle ricerche demoscopiche di cui accennavo prima. Molto interessanti.
Secondo una ricerca ISTAT del 2009, presentata lo scorso anno in occasione della manifestazione "Più libri, più liberi", una percentuale vicina al 45% degli italiani in età superiore ai 6 anni non legge nemmeno un libro in un anno.
Dati dichiarati dagli intervistati e quindi non verificabili, il che significa che probabilmente la realtà é molto meno rosea.
L'associazione degli editori, per suo conto, fa sapere che salvo piccole oscillazioni di anno in anno (coincidenti di solito con le campagne promozionali di questo o quel quotidiano che distribuisce libri come gadget) il mercato editoriale é in costante flessione ormai da anni, e che l'80% dell'intero mercato editoriale é sostenuto dai cosiddetti "lettori forti" ossia i lettori che leggono più di 10 libri in un anno. Questi rappresentano circa il 5% della popolazione.
Ancora più preoccupante é una ricerca condotta dal SIALS per conto dell'OCSE, é il dato che riguarda la "literacy" degli italiani. La "literacy" non ha nulla a che fare con l'alfabetizzazione o la scolarizzazione. Si riferisce alla capacità di sfruttare lettura, scrittura e le basilari operazioni di calcolo mentale per la comprensione dei testi, l'elaborazione di messaggi scritti, la comprensione di documenti di uso quotidiano e la soluzione di problemi tipici della quotidianità.
Secondo questa ricerca, nella popolazione italiana tra i 14 e i 65 anni (più di 40 milioni di italiani), il 5% (circa 2 milioni, dato confermato anche dall'ISTAT) non distingue una lettera dall’altra, né una cifra dall’altra, il 38% (15 milioni e 200 mila) legge con difficoltà, il 33% (13 milioni e 200 mila) ha una limitata capacità di lettura e scrittura, e solo il 20% (8 milioni circa) ha strumenti di lettura e scrittura indispensabili per la comprensione del testo, l'espressione di pensieri articolati in forma scritta e la soluzione di problemi quotidiani collegati alla lettura e alla scrittura. Questi dati non sono stati rilevati da interviste a risposta libera, ma da test effettivi di lettura, scrittura e comprensione dei testi.
Il dato potrebbe apparire sorprendente, ma ancora più sorprendente é che questi dati pur presentando uno scenario meno drammatico nel settore "giovane" (15-24 anni del campione) mostrano una preoccupante carenza anche su quel versante, ossia fra coloro che essendo più vicini e coinvolti nel sistema formativo scolastico e universitario dovrebbero essere in possesso di capacità di comprensione dei testi ed elaborazione della lingua scritta ben superiori.
I librai vendono meno. Gli italiani leggono carta stampata sempre meno e i giovani, pur leggendo più della media, non fanno eccezione. Che ce ne importa? In fondo internet, gli ebook, la comunicazione multimediale e il web 2.0 hanno reso in parte obsolete le vecchie forme di comunicazione.
Vero fino a un certo punto. Perchè non si tratta solo di cosa e quanto si legge ma, come sostiene la ricerca SIALS-OCSE, che tra l'altro non riguarda solo l'Italia, si tratta anche di una contrazione generalizzata della capacità di comprendere ed usare la lingua scritta e le capacità basilari di calcolo mentale: operazioni che attivano e mantengono allenate determinate funzioni cerebrali, che viceversa rischiano di atrofizzarsi gradualmente. Esattamente come il giocare a FIFA'09 sulla playstation non allena i muscoli quanto li allenerebbe il giocare a calcetto una o due volte al mese.
Tutto questo per dire cosa? Semplice. Che forse, la peggior minaccia al Play-by-Chat e la causa primaria della non espansione dell'utenza interessata al PbC, non proviene dalla sua non aderenza ai paradigmi del gioco di ruolo classico, ma dalla costante erosione delle capacità di lettura, comprensione dei testi, ed utilizzo della lingua scritta (con riduzione conseguente dei processi cognitivi e di elaborazione collegati) anche fra la popolazione che statisticamente dovrebbe essere quella meno soggetta a questi rischi, ossia le fasce giovanili e di ingresso nell'età adulta.
Popolazione, quella in fascia d'età tra i 15 e i 35 anni, che statisticamente é anche il target di riferimento principale della maggior parte dei giochi play-by-chat.
E' ovvio che se il fulcro caratteristico del PbC é rappresentato dalla lettura e comprensione rapida della chat, dalla capacità di tradurre mentalmente quanto letto in immagini, dalla rielaborazione creativa degli input e dalla risposta tradotta in forma di azioni descrittive... se questo é davvero il cuore pulsante del PbC, il PbC non si trova in condizioni migliori di una qualunque libreria che debba fare i conti con la continua diminuzione della clientela interessata a leggere libri (o in condizioni di farlo).
Il mio vuole essere solo un contributo e uno stimolo a considerare questo aspetto nelle nostre valutazioni, ogni volta che qualcuno di noi sostiene, in completa buonafede, che la mancanza di attrattiva del PbC é da imputarsi all'eccessiva deregulation, alla distanza del PbC dai canoni del gioco di ruolo propriamente detto, o alla mancanza di automatismi che regolino l'interazione tra personaggi.
Il PbC non é "attrattivo", ossia non é un "prodotto" di largo consumo né può esserlo, perché la stragrande maggioranza dell'utenza potenzialmente coinvolgibile nel PbC considera la scrittura una forma non naturale, non immediata e non spontanea di comunicazione, a meno di non avere sotto il dito il dizionario T9 (e forse nemmeno in quel caso).
Un altro modo per intristirci e considerarci condannati all'estinzione? No, io non credo. Io contesto l'idea che la sopravvivenza di una cosa o di un servizio dipenda dalla sua continua espansione. Questo può essere vero in ambito commerciale, e non é nemmeno una regola economica universale. Ma chi ha detto che il PbC debba essere soggetto alle regole del mercato, finchè c'è chi si diverte a giocarci?
Basta ricordarsi che quell'orribile indeterminazione tipica del PbC, quell'orrenda mania di descrivere invece di tirare dadi, non é un male da cancellare o un errore da correggere: é la vera unicità ed originalità di un sistema di espressione creativa che non ha quasi eguali al di fuori dell'Italia, ed é ciò che può garantire ancora molti anni di sopravvivenza (e di divertimento) alle nostre land. A condizione, beninteso, di prestare un po' più di attenzione critica nel non riproporre modelli e meccaniche di gioco che su land da 20-30 utenti non hanno alcun senso e sono anzi estremamente dannose.
Concludo infine ricordando che il PbC é stato, proprio per la sua forte componente creativa, per la generale "ambientazione sfumata", per il costante stimolo della fantasia, l'occasione attraverso la quale molti che mai avrebbero preso un libro in mano dopo la scuola, si sono appassionati ed hanno cominciato a divorare libri su libri, a leggere e documentarsi per approfondire lo scenario in cui giocavano, ricavandone un "servizio" di valore inestimabile, che evidentemente né la famiglia, né il sistema scolastico, né la televisione, né il fantasmargorico Web 2.0 erano riusciti a produrre.
In sostanza, l'aspetto ludico é diventato per molte persone anche un'inatteso stimolo a rimettere in moto e tornare ad allenare funzioni cerebrali che i ritmi di vita odierni, la disponibilità di strumenti di calcolo automatizzato e di accesso ultrarapido alle informazioni, e la riduzione dell'informazione a contenuto fruibile passivamente da un monitor, hanno via via atrofizzato sempre di più.
Pensiamoci prima di buttare via il cuore pulsante del PbC e quello che lo rende una cosa diversa dal gioco di ruolo classico. Perchè quella differenza é proprio ciò che lo rende interessante.
Approfondimenti:
Associazione Italiana Editori
Articolo "Una nazione di non lettori ed analfabeti di ritorno" (Pdf)
Articolo "L'illetteratismo: democrazia a rischio"