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Pensiamo sempre di essere, in questa Terra, l’unica specie esistente capace di pensare o fare azioni che un comune animale non potrebbe nemmeno immaginare. Ebbene, non è così.

A Nesomica –letteralmente “Insonnia” nella lingua macedone-, un’isoletta di 4.189,10 km², infatti, si tramanda un’antica leggenda che narra la storia di una foresta infernale -oramai abbattuta, che lascia spazio alla metropoli neonata-, ben diversa dall'esotica e lussureggiante, benché modesta cittadina, cuore economico e politico dell'intera oasi. In questa leggendaria foresta si narra che abitino degli esseri sovrannaturali e demoniaci, abitanti radicati della zona ancor prima della colonizzazione.

Il nome di questi esseri è Naitomea, esseri fisicamente molto simili agli umani, ma con delle particolarità. Ad esempio, se si prova a guardare negli occhi un umano, questo avrà come al solito gli occhi dello stesso colore. La cosa non succede con questi antichi esseri: ognuno ha un occhio di colore diverso, dipende dai genitori. Quando una donna dagli occhi blu e rossi sposa un uomo che li ha verdi e marroni, i figli prenderanno il colore dell’occhio destro dal padre e quello sinistro dalla madre.

Caratteristica meno importante sono i capelli, di un’unica sfumatura per tutti gli esseri: sfumatura che va dall’azzurro cielo ad un violetto. Questo solo fisicamente.

I Naitomea si cibano perlopiù di acqua e frutti trovati nella foresta, ma la loro linfa vitale sono i maligni incubi, che ogni notte devastano gli abitanti di Nesomica.

A mezzanotte precisa infatti, si divertono ad uscire dalla loro foresta per soggiornare nelle case dei semplici umani. Individuano in quale casa è presente un incubo e lì inizia la battaglia. Per avere il loro cibo infatti devono disputare un’incontro con la personificazione della mostruosa visione. Più l’individuo prova terrore più l’incubo è forte e “succulento”.

Se tutto va bene il Naitomea riesce a sconfiggere l’incubo e ad impossessarsi dell’Akumu Die, ovvero l’essenza dell’incubo, il vero cibo per gli esseri, manifestato sotto forma di una sfera con una stella a cinque punte. Se l’Akumu Die arriva intatto alla fine della battaglia non ci sono molti problemi, per il Naitomea è ora di tornare a casa.

Invece, se in qualche potente attacco l’Akumu Die viene anche solo leggermente scalfito, il Naitomea può causare dei disturbi psicologici all’individuo. Nei casi peggiori spinge la vittima al suicidio, oppure causa la sua morte, manifestata sotto forma di tumori e malattie.

Per questo esistono anche per i Naitomea delle scuole, diverse da quelle normali, in cui si impara a controllare i poteri. Non c’è un vero e proprio edificio, bensì degli anziani invitano ogni mattina i giovani per le loro lezioni. La “scuola” inizia a sei anni e finisce a quattordici, quando ormai si posso andare a cacciare incubi. Se però qualche giovane incosciente e spericolato prova ad uscire prima del quattordicesimo compleanno probabilmente morirà nello scontro con l’incubo, oppure verrà rinchiuso sotto terra, una specie di “prigione” per i Naitomea. Rinchiuso assieme a coloro che si uccidono a vicenda, che uccidono volutamente degli umani o che rubano degli incubi ad altri della loro specie.

Le famiglie naitomeiche sono molto numerose, contano perfino tredici individui. Le case perciò sono molto grandi, anche se, esternamente, sono delle tende ed occupano meno spazio, cosicché tutta la foresta sia “occupata”. Le case di questi esseri sono inoltre invisibili, quindi nessun umano è certo della loro presenza, sebbene molto abbiano provato in mille modi a scovarli.

I Naitomea possono vivere fino ai 130 anni, ma dopo i 95 si ritirano in case specializzate in cui gli “addetti ai lavori” procurano incubi anche per loro.

Per anni questi esseri demoniaci sono stati i padroni inconfutabili dell’isola, ma, al momento della colonizzazione sono stati brutalmente scacciati. Hanno dunque creato, nel corso dei tempi, un’odio profondo verso gli umani e disprezzano chiunque provi a fare loro un complimento.

Fino ad ora nessun umano si è mai accorto di nulla. Ma se fosse giunto proprio ora il momento della verità?

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