Nei trent’anni trascorsi dalla morte di J.R.R. Tolkien nel settembre del 1973, milioni di
persone in tutto il mondo hanno letto Lo Hobbit (1957), Il Signore degli Anelli
(1954/55) e Il Silmarillion (1977), romanzi che hanno forgiato un universo dal fascino
infinito, in cui la tradizione epica sembra riprendere vita con moderna sensibilità.
Con la realizzazione del kolossal di Peter Jackson, il cinema ha di recente contribuito a
un ulteriore ampliamento del successo e della diffusione delle opere dello scrittore.
Malgrado la popolarità, la figura di J.R.R Tolkien rimane però sostanzialmente oscura al
grande pubblico e pochi sono gli approcci realmente seri e documentati sulla sua vita e
sulla sua opera. Grazie alla fondamentale biografia di Humphrey Carpenter, l’unica
autorizzata dagli eredi di Tolkien, si sono potuti individuare i lunghi e laboriosi processi
che hanno prodotto Il Signore degli Anelli e gli altri capolavori, ma soprattutto sono
stati resi noti al pubblico di lettori e appassionati molti particolari della sua vita che
hanno influenzato la stesura della sua opera più importante.
John Ronald Reuel Tolkien, Ronald per la famiglia e John per gli amici, nacque a
Bloemfontein, capitale dello stato sudafricano dell’Orange il 3 gennaio 1892. Il padre, Arthur Reuel Tolkien, discendeva da un sassone immigrato in Inghilterra nel XVIII
secolo e la sua era stata una ricca famiglia di costruttori di pianoforti. Ma alla fine del
XIX secolo, gli affari dei Tolkien non erano più floridi. Arthur decise, così, di cambiare
lavoro dedicandosi all’attività bancaria e trasferendosi in Sudafrica, nella speranza di
fare fortuna. Questa giunse in fretta e gli consentì di far arrivare dall’Inghilterra la
fidanzata Mabel Suffield, figlia colta ed istruita di un’antica famiglia di nobili decaduti
del Midland. Al suo arrivo in Sud Africa, Mabel, che aveva solo 21 anni, sposò Arthur,
allora trentaquattrenne, presso la cattedrale di Città del Capo. Risedettero a
Bloemfontein, cittadina situata ad oltre un miglio dalla capitale, e dopo nove mesi,
nacque il primogenito Ronald, seguito, a due anni di distanza, dal fratello Hilary. Il
caldo clima africano non era congeniale né a Mabel né al piccolo Ronald che, all’età di
tre anni, fu riportato in patria insieme al fratello. Ronald si riprese, ma il padre, che
avrebbe dovuto raggiungerli a breve, si ammalò gravemente di febbre reumatica e morì.
L’unico ricordo che Ronald conservò di suo padre fu l’immagine di un uomo baffuto
che scriveva con la vernice il suo nome su una valigia, prima della partenza.
Per i primi tempi, i due bambini vissero presso i nonni materni, i Suffield, cui Ronald si
affezionò molto e dai quali assimilò la tipica mentalità borghese dell’epoca, nonché il
fiero attaccamento al paese d’origine.
La forte identità culturale e il profondo sentimento di appartenenza alla regione del
Midland ebbero un influsso importantissimo sia per quanto riguarda l’indirizzo degli
studi universitari di Tolkien che per le sue opere.
All’età di quattro anni, Tolkien si trasferì, insieme alla mamma e al fratellino, in una
casetta in un tranquillo borgo a sud di Birmingham, chiamato Sarehole. Ronald se ne
innamorò subito. I due fratellini trascorsero l’estate scorrazzando liberi per le
campagne, affascinati dai prati, da un vecchio mulino sul torrente e dalla Torbiera di
Moseley, nonché da due burberi personaggi, un contadino e un mugnaio sempre infarinato, da loro soprannominati rispettivamente l’Orco Nero e l’Orco Bianco.
Le lezioni di disegno botanico fecero acquisire al giovane Ronald un rinnovato interesse
per la natura e l’ambiente circostante; i due fratelli incominciarono ad esprimersi come
la gente del posto: nel loro vocabolario entrarono termini come gamgee (bambagia),
destinati a riaffiorare a decenni di distanza ne Il Signore degli Anelli.
Quando Ronald e Hilary erano ancora piccoli, la madre si assunse personalmente
l’onere di insegnar loro i primi rudimenti: a quattro anni Ronald sapeva già leggere e
scrivere. Era appassionato di favole: amava leggere i racconti di Gorge MacDonald e
Andrew Lang. Preferiva le favole con i draghi e a sette anni scrisse il suo primo
racconto che parlava di un grande drago verde.
In seguito, per consentirgli di proseguire gli studi, la famiglia fu costretta ad
abbandonare quel paradiso bucolico e trasferirsi in squallidi alloggi cittadini. Ad
aggravare la situazione, si aggiunse la conversione al cattolicesimo della madre, che
provocò una violenta reazione da parte tanto dei Tolkien che dei Suffield, protestanti
convinti che, da quel momento in poi, negarono qualsiasi contributo finanziario a Mabel
e ai figli. Nel 1904 la donna, affaticata ed esasperata dalle difficoltà economiche, si
ammalò di diabete, trascorse mesi in ospedale e morì lasciando Ronald orfano a 12 anni
e affidandone la custodia a Padre Francis, che li domiciliò presso un parente che viveva
vicino all’Oratorio di Birmingham.
Gli studi umanistici assorbirono totalmente Tolkien. Si appassionò alla letteratura greca;
il professore di lettere George Brewerton risvegliò poi il suo interesse per quella
anglosassone, declamando in classe i Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer in
volgare. Studiò filologia, approfondendo l’analisi dell’evoluzione e dei rapporti tra le
lingue, e Brewerton gli insegnò l’Old English, ossia la lingua in cui sono narrate le gesta
di Beowulf, mitico eroe che combatteva contro i draghi. Lo appassionò la lettura di Sir
Gawain And The Green Knight, opera in versi scritta in volgare, e soprattutto la scoperta dei punti di contatto tra la lingua di quest’opera e il dialetto del West Midland.
Tolkien iniziò quindi a studiare da autodidatta il norreno per poter leggere nella
versione originale alcuni tra i suoi testi preferiti, dimostrando di possedere uno
straordinario talento per le lingue. Fu in questo periodo che si cimentò per la prima
volta in una attività che avrebbe portato avanti per tutta la vita: l’invenzione di lingue e
alfabeti nuovi. Già da piccolo aveva inventato con la cuginetta Mary una lingua segreta:
il nevbosh (che significa “nuove sciocchezze”) e da adolescente il naffarin, lingua con
elementi tratti dallo spagnolo.
Compiuti i sedici anni, Tolkien fu trasferito insieme al fratello nel collegio gestito da
una certa Signora Faulkner, in quanto Padre Francis riteneva che lì la compagnia fosse
più adatta ai ragazzi. In questo collegio lo scrittore conobbe e si innamorò di Edith
Bratt, anch’essa orfana che, pur essendo di tre anni più grande di lui, ricambiò il
sentimento.
Padre Francis decise di trasferire Ronald in un altro collegio, temendo che il ragazzo,
distratto dalla passione per Edith, smettesse di studiare e non riuscisse a vincere la borsa
di studio per Oxford. Tolkien non l’ottenne comunque la borsa di studio, ma fu
totalmente assorbito dai nuovi impegni e affogò le sue pene d’amore nel rugby, nei
dibattiti culturali e nelle riunioni segrete di un circolo di cui facevano parte i nuovi
amici: Christopher Wiseman, Robert Quilter Gilson e Geoffrey Bache Smith. Il circolo,
designato con l’acronimo TCBS, riuniva giovani colti e intelligenti che si dilettavano a
recitare poesie davanti ad una tazza di tè.
L’anno successivo Tolkien potè iscriversi all’università, e rimase entusiasta
dell’atmosfera di Oxford. Assaporò i suoni del gallese studiandone la forma
medioevale, e, messa da parte la passione per il gotico, inventò una lingua ispirata al
finnico che in seguito avrebbe chiamato quenya, l’alto elfico del Signore degli Anelli.
Cominciavano ad affiorare i primi elementi dei suoi racconti.
Compiuti ventun’anni, Tolkien scrisse a Edith, intenzionato a sposarla, e, dopo un breve
periodo, ottenne il consenso al matrimonio. Ma la felicità personale ebbe conseguenze
negative sull’andamento degli studi: Tolkien non riuscì ad ottenere il massimo dei voti
agli esami propedeutici alla laurea; tuttavia, considerando la sua bellissima tesina sulla
filologia comparata e le sue straordinarie doti di filologo, il rettore dell’Exeter College
gli consigliò di cambiare indirizzo di laurea, passando alla facoltà di Lettere moderne e
Linguistica. Finalmente Tolkien diede sfogo al profondo interesse che nutriva per il scrittori, nato nella cerchia dei docenti di Oxford, denominati Gli Inklings che riuscirono a conquistarsi un posto di tutto riguardo in ambito letterario.
Lo Hobbit, fu dato alle stampe nel settembre del 1937 e, a Natale, erano già esaurite le
copie della ristampa. Dato il successo riscosso da questo primo racconto, da molte parti
venne la richiesta di un seguito, ma Tolkien desiderava prima portare a termine Il
Silmarillion, e fu deluso dallo scarso entusiasmo suscitato nell’editore dal suo progetto.
In seguito lo scrittore si lasciò assorbire completamente dalla Guerra dell’Anello,
mettendo da parte Il Silmarillion. Ne venne fuori un’opera monumentale che, in base a
motivazioni di ordine economico e pratico, fu suddivisa dagli editori in tre parti: i primi
due volumi della trilogia vennero pubblicati nel 1954, mentre il terzo uscì ad un anno di
distanza. Come era già successo in passato, la casa editrice dovette letteralmente
“strappargli la bozza di mano”, perché Tolkien non era mai soddisfatto e apportava
continue modifiche.
La critica si divise tra quelli che lo osannarono (come C.S. Lewis) e quelli che lo
condannarono. I lettori non lo disdegnarono, ma ci vollero un decennio e il favore dei
“figli dei fiori”, perché Tolkien diventasse l’autore numero uno di quell’epoca. La sua
vita, piuttosto convenzionale, fu completamente stravolta da giornalisti, spioni,
ammiratori e lettori di ogni età che gli telefonavano dall’altro capo del mondo per porgli
quesiti sul libro.
Tolkien ebbe la fortuna di andarsene prima che la moda del genere fantasy da lui
inaugurato desse vita ad una miriade di trilogie o serie sui “mondi paralleli”che, a parte
poche opere, da un punto di vista qualitativo lasciano davvero a desiderare.
Quando l’invadenza degli ammiratori si fece eccessiva, i Tolkien decisero di ritirarsi
nella tranquillità di Bournemouth. La morte sopraggiunse per Edith all’età di 82 anni e
sulla sua lapide Tolkien fece incidere il nome elfico Lùthien. Nonostante il calore dei
famigliari e amici, Tolkien fu assalito dalla solitudine e accettò quindi di buon grado il
raro privilegio di una cattedra ad honorem al Merton College dell’Università di Oxford.
Questo riconoscimento fu il primo di una lunga serie di onorificenze e lauree honoris
causa, culminanti nell’assegnazione della medaglia di Comandante dell’Ordine
dell’Impero Britannico da parte della regina.
Pur convinto di avere ancora molti anni davanti a sé, Tolkien si mise ad riordinare le
infinite stesure del Silmarillion, opera portata a termine e pubblicata postuma dal figlio
Christopher. Durante un soggiorno presso amici a Bournemouth alla fine di agosto del
1973, improvvisamente si ammalò e morì, a qualche giorno di distanza, il 2 settembre,
all’età di 81anni, compianto dal mondo intero.
Venne sepolto accanto alla moglie Edith nel cimitero di Wolvercote alla periferia di
Oxford e sulla sua lapide, accanto a J.R.R. Tolkien, fu inciso il nome elfico di Beren.