Sì, è una sorta di guida alla creazione di un Personaggio Figo ™.
Lo so, lo so, non ci sono niubbi qui. Siamo tutti ottimi ed esperti giocatori, e quanto segue viene espresso non a titolo didattico bensì per il puro piacere della condivisione.
Ora che abbiamo piazzato il necessario disclamer, passiamo senza indugi ad affrontare l’argomento di oggi, ovvero una disordinata e saccente raccolta di consigli su cosa conviene fare, non fare o fare in un certo modo piuttosto che un altro per costruire e giocare un bel piggì, di quelli che i compagni di party se li ricordano con la lacrimuccia da vecchio amico e non con il mezzo sorriso sprezzante dedicato al PPCC (Power Player Coglioncello Compatito NdV).
Nel caos, partiamo con ordine.
Il Background
Moltissime scuole di pensiero ritengono che un elaborato e dettagliato background sia alla base di un personaggio ben costruito.
NEIN!
Non è così.
Dopo aver schivato grazie a eludere i primi due pomodori che mi sono stati lanciati, vado a chiarire: il background di un personaggio è sicuramente importante e, se giocato con coerenza, offre spunti preziosi per l’interpretazione e contributi alla storia comune. Un background ipertrofico, tuttavia, può rivelarsi in un istante una zavorra di proporzioni tali da paralizzare il personaggio, rendendolo una macchietta caricaturale o, peggio ancora, un soggetto piatto e incoerente, le cui vicende sono fastidiose da seguire e rischiano di mettere in pericolo la credibilità della storia e la densità dell’atmosfera.
Quagliando: il figlio illegittimo di Artù e Merlino, che ha ucciso decine di draghi rossi durante le lezioni di educazione fisica alle superiori e poi parte come l’ultimo degli stronzi dal primo livello (e coi dadi ha pure tirato delle statistiche un po’ di merda) si rende ridicolo agli occhi del mondo. Ciò che conta è fare un background semplice, solido, conciso e ragionevole. Non occorre che sia una saga da venti romanzi, né che racconti la storia di un settimo figlio di settimo figlio nato sotto una luna magica, il cui fato è scritto nelle stelle e le cui gesta sono cantate dagli Iron Maiden: di base partite dal famigerato primo livello, siete freschi di addestramento, siete, in proporzione, dei neodiplomati. La vostra saga comincia adesso! Saranno le avventure che vivrete e le gesta che compirete nel corso della campagna a rendervi leggenda, sarà il modo in cui giocherete il vostro personaggio, le furbate che gli farete fare, i tratti che gli conferirete a renderlo speciale. La storia della sua vita fino a quel momento non occorre affatto che lo sia. Anzi, spesso può diventare fonte di difficoltà e imbarazzo.
Parimenti, non occorrono da contratto passati tormentati e drammatici. Ci siamo tutti rotti i coglioni del vigoroso e gioviale ragazzetto di villaggio a cui gli orchi hanno massacrato parenti e amici che decide di divenire un torvo e forte guerriero per difendere i deboli e non provare mai più quel profondo senso di impotenza sperimentato quel giorno dannato-ato-ato! Idem come sopra: di sfighe e drammi ve ne capiteranno a palate nel corso della campagna, non occorre fare scorta prima di partire, viaggiate leggeri.
Quindi ci stai dicendo che il background non è importante? Che dobbiamo fare personaggi senza background?
No, ovviamente. Un individuo senza background è nato ieri, e il trito espediente dell’amnesia ha rotto le palle quanto la famiglia trebbiata dagli orchi (a meno che non abbiate davvero qualcosa di solido che lo giustifichi e lo motivi, magari concordato col master, ma succede di rado e all’inizio è sempre meglio non strafare).
Il background è importante per sapere chi è il personaggio, come si comporta e perché, ma deve servire a voi. Deve essere lo strumento attraverso cui pennellate il vostro piggì, il vestito che indossate per sentirvelo addosso. Poche cose utili e chiare. Un background elaborato, ricco e speciale è adatto al personaggio di un romanzo, ma durante un gidierre, novantanove volte su cento nessuno vi chiederà una mazza del vostro passato, non importa quanto lo desideriate. È già tanto se si interessano al vostro nome e al vostro aspetto. E – per carità divina! – evitate di creare situazioni ad hoc per raccontarlo di vostra iniziativa: potrebbe essere una bella ruolata, ma assai più probabilmente servirà solo a farvi passare per egocentrici disagiati.
Quindi, background semplice, lineare e credibile.
Tenendo bene a mente quanto detto, passiamo alla prima fase pratica.
La costruzione del personaggio
Ah! Stavolta mi gioco un bel barbaro che somministra schiaffi a due a due finché non diventano dispari! Anzi, un bel ladro, con abilità di acrobazia e giocoleria, così si finge un saltimbanco per sviare i sospetti. No, meglio, un bel necromante, che tanto si sa, è il più figo di tutti, e col talento autorità non morta in combo con scacciare potenziato, scacciare intensificato e artigianato di cadaveri mi faccio il mio esercito personale e chi mi tocca più?!
NEIN!
Non è così.
Lo so che è un istinto naturale. So anche che, parafrasato, è ciò che vi viene insegnato in ogni manuale base, almeno dei giochi più popolari, ma no, non dovete pensare a che cosa volete giocare: quale razza, quale classe, quali abilità e poteri. Quello che conta davvero è chi volete giocare. Chi è la persona di cui volete vestire i panni? Che carattere ha? Come si esprime, o meglio, come volete esprimervi attraverso i suoi pensieri e la sua voce? I suoi obiettivi? Le sue paure? Che cosa sa fare? Come l’ha imparato? Queste sono tutte domande che è lecito e doveroso farsi nella creazione di un personaggio. E, in base a quanto analizzato sopra in materia di background pippardosi, le risposte che vi date è bene si esauriscano in una frase al massimo.
Rispondendo a queste domande verranno fuori spontaneamente, con sorprendente facilità e naturalezza, razza, classe, abilità e tutto il resto.
E qui si arriva al lato oscuro di questa medaglia, ovvero il power playing studiato a tavolino.
Il power playing è intrinsecamente sbagliato. È male, non piace a nessuno, fa fare brutta figura, è l’equivalente ruolistico del non lavarsi per giorni e, soprattutto e contro ogni attesa, non fa divertire nessuno, neppure chi lo pratica.
Qui si entra nell’ontologia ruolistica, ma tranquilli, ci mettiamo dentro giusto i piedi per sentire la temperatura e poi usciamo subito, ché tanto abbiamo mangiato da poco e la pancia non ce la possiamo bagnare.
Il giocatore non è il personaggio
Grazie al cazzo, Victor!
Sì, giusto, ma ci sono delle implicazioni. Se picchiate tutti i cattivi, non tornerete a casa più forti. Se avete più slot quotidiani o punti mana, non saprete comunque fare le cazzo di magie. Se avete costituzione più alta, non guarirete dal raffreddore. E se avete il tiro per colpire e la classe armatura più alta, non sarete meglio equipaggiati la prossima volta che il bullo del quartiere proverà a rubarvi la merenda, o la macchina, o la dignità.
Lo scopo del gioco, e, se è per questo, la formula del divertimento, non consiste nell’essere il più forte, nell’avere la scheda più chionza studiata a tavolino.
La meta è creare un personaggio tridimensionale, credibile, vivo. Un personaggio che diventi una persona, che viva attraverso di voi, che i vostri compagni (giocatori, eh!) possano ricordare con affetto e, quando non ci sarà più, nostalgia, di cui possano rivangare le gesta con occhio sognate e sorriso sulle labbra. Per fare questo occorrono caratteristiche credibili e coerenti, occorre dare un tocco umano e personale. Occorrono difetti. Ebbene sì, avete capito bene: si può deliberatamente decidere di dare al personaggio dei difetti anche quando ciò non vi comporta l’acquisto di punti o differenti valute spendibili da altre parti. Che poi magari il karma fa la sua parte e, se avete un bravo master, può anche darsi che per una buona interpretazione di un difetto di mera caratterizzazione vi smolli qualche px in più, ingordi…
Ma alla fine con tutte queste sfaccettature, che poi mica devono essere tante, semmai ben scelte e coerenti tra loro, che ci si fa? Ci si gioca. Ci si interpreta il personaggio. E quindi si passa al prossimo passo, probabilmente l’ultimo, sempre che non me ne vengano in mente degli altri mentre scrivo.
Come si gioca bene
Be’, questa è facile. Sono bravo a recitare e ho costruito un bel personaggio. Sarò in tutto coerente e per il resto darò il massimo per fare bene, applicando le regole con competenza e onestà, impiegando il mio ingegno per trovare le soluzioni migliori ai problemi, facendo procedere il mio personaggio spedito lungo la sua gloriosa e avventurosa carriera e…
NEIN!
Non è così.
Va bene, Victor, ora hai rotto il cazzo! A parte, chi ti credi di essere? Ma poi ‘sta volta dici di no per partito preso, perché non c’è niente di sbagliato in quello che è scritto qui sopra.
Chi mi credo di essere è una domanda assai futile: se non fossi smaccatamente arrogante non mi chiamerei Victor Draco. Però lo ammetto, questa volta l’errore celato nell’esempio dimostrativo è meno evidente.
In realtà non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato in ciò, ma è un approccio un po’ piatto e superficiale. Serve a poco costruire un personaggio perfetto nella sua imperfezione, tridimensionale, profondo, sfaccettato e complesso, se poi lo si adopera come una macchina animata da pura volontà spinta a testa china verso la gloria, il potere e l’onore.
«Il mio personaggio è coraggioso.» Sì, ma di qualcosa avrà pur paura. Magari una volta è stanco, o triste e arrabbiato con gli dèi per la perdita di un amico. Non dico che rinuncerà alla sfida o fuggirà, ma fallo vedere un attimo di esitazione! Mostrala la fatica di affrontare ancora una nuova prova!
Ho visto campagne intere in cui i personaggi non si affaticavano mai, non sbuffavano mai, non dubitavano mai. Nessuno faceva mai la cacca. Come cazzo si fa a stare giorni, mesi, anni senza mai fare la cacca?! Calcolando, tra l’altro, che in ogni cazzo di villaggio ci si ferma a una qualche locanda in cui si beve e si mangia come degli sprocedati!
Anche giocando un caotico malvagio, una volta su mille, capita che stia bene compiere una buona azione: compitela! Anche un ladro egoista e vigliacco può una volta aver motivo di compiere un gesto eroico: che lo compia! Anche il più saldo e fanatico paladino può veder vacillare per un istante la propria fede: che vacilli!
Allora sì che inizieranno a livellare anche i giocatori. Sì, che tornerete a casa con la scheda del giocatore più chionza, con valori più alti di intelligenza, empatia, espressività, persuasione, intimidire, raggirare, prontezza, freddezza…
E siccome ormai l’impaginazione di questo flusso di coscienza ha assunto una sorta di modello, diamo un titolo anche al paragrafo che segue.
Conclusioni e saluti
Noi nerdacchioni siamo soliti sbandierare, ogni volta che ne abbiamo occasione, studi scientifici e psicologici che sostengono che una pratica assidua e prolungata dei giochi di ruolo sviluppi le capacità mentali, il pensiero laterale e il problem solving. Ed è sicuramente vero, la mia levatura lo dimostra e, di certo, anche la vostra (fa rima perciò è giusto). Ma, affinché questa magia avvenga, il gioco di ruolo va giocato davvero, va giocato bene. Con la testa, certo, ma indirizzata dal cuore. Con intelligenza, certo, ma indirizzata dalla creatività. Con *cosa random potente ma fredda*, ma indirizzata da *altra cosa random di forte impatto emozionale*, e continuate voi che se no si fa mattina.
Il succo l’abbiamo capito, ed essendo noi tutti diversamente abili nella sfera emotiva, chiudiamo qui che già ci siamo intesi.
Tra quello che ho detto, invece, ci saranno alcune cose che per molti sono ovvietà e altre che alcuni non condivideranno. L’unica verità che forse si può dare per semi-oggettiva, e ve la dico qui alla fine che se no col cazzo che leggevate tutto ‘sto malloppone, è che il gioco di ruolo ha mille forme e mille stili, e nessuno è del tutto giusto o sbagliato.
Io vi ho presentato il mio. L’unica cosa di tutto questo blabla che mi piacerebbe passasse, sulla quale vorrei che concordaste, e sono sicuro che è così, è che il gioco di ruolo è più di un gioco: è un’esperienza di crescita, condivisione e conoscenza di se stessi e degli altri, e si può giocare senza manuali, senza schede, senza dadi, ma non senza emozione.
Poi sull’accademica, chi ha avuto il coraggio di arrivare fin quaggiù, se ha da ridire ridica pure.