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14/11/2017 23:55:30
Io penso che quando si inizia con i giochi di ruolo by forum e dove hai la possibilità di dar sfogo alla scrittura e alla fantsia non si può essere attori o scrittori, bisogna esser entrambi.
All'inizio quando si entra in questo mondo tutti siamo un po' scrittori: vogliamo e ci impegniamo per scrivere bene, vogliamo far vedere (anche a noi stessi) che quel percorso che abbiamo iniziato è fatto per noi.
Poi quando riusciamo ad "ambientarci" ma soprattutto a calarci nel personaggio diventiamo degli attori, prendendo parte del pg che noi stessi abbiamo creato e che vogliamo far vivere dentro a quel gioco.
Io personalmente, quando creo un personaggio lo plasmo fino a sentirmelo mio e grazie a questo riesco a muoverlo come se realmente fossi "io", uscendo dal mondo reale ed entrando nel suo, prendendo pezzi del passato se servono e perché no, utilizzando anche la terza persona se serve.
Diciamo, che sono ancora con l'ideologia che i gdr by forum riescono a darti più espressione nella descrizione del personaggio, del luogo che lo circonda ma anche delle emozioni che in quel momento prova.
15/11/2017 20:52:42
Il gioco è un'attività ludica senza alcun genere di confine, se non quello del tuo gusto e della tua attitudine personale.
Ci sono bambine (e bambini) che adorano le barbie, le muovono, simulano qualcosa di *altro da sè* creando delle storie e immedesimandosi ora nell'una ora nell'altra bambola che rappresentano il personaggio che in quel momento vuole essere.
In quel caso, il gioco di quelle bambine, somiglia molto alla scrittura, perchè di fatto muovono tanti personaggi e simulano un mondo.
Ci sono bambine (e bambini) che non amano le barbie ma giocano con le bambole, usando l'altro da sè come oggetto e mantenendo la loro personalità, simulando contesti e situazioni in cui sono ruoli: mamme, sorelle o papà e via dicendo.
Ci sono bambine che non amano in generale usare uno *strumento* ludico e preferiscono giocare sempre, con le compagne, a uno scambio di ruoli.
Ci sono bambini (e bambine) che giocano a calcio per una vita senza nessuna As.Roma o FC Juventus che mai gli proporrà un contratto, ma ogni volta che segnano si sentono Totti, Immobile, Del Piero e giocano tentando di somigliare a qualcosa.
Il gioco, in sè, è sempre un contesto in cui lasciar emergere, senza obblighi, quanto ci realizza e ci stimola alla creatività: quindi, sostanzialmente, dipende dalla tua capacità di esprimere alcuni aspetti creativi e che ti "liberano" e dai contesti in cui questo avviene più facilmente.
Il Play by chat somiglia a un teatro di marionette e in fondo è molto vicino alla scrittura: quella terza persona (che si annulla nel dialogo) serve comunque a creare un *contesto* di spunti a cui far agganciare l'altro e si basa, molto più di altri giochi, sull'interazione come condizione necessaria e indispensabile per sussistere. Il tuo pg non esiste senza lo spunto degli altri, il riconoscimento degli altri e in quella terza persona v'è, seppure nata in modo spontaneo e senza intellettualismi, l'esito di una tradizione dello storytelling, che nasce dal gioco ma diventa qualcosa di più: un'esperienza creativa e che evolve in una storia collettiva, in un romanzo a decine di mani.
Un personaggio nel PBC non è solo tuo.
Credo che la differenza sia qui.
16/11/2017 11:34:01
In teoria, la risposta a questa domanda sta nel nome stesso del gioco: gioco di ruolo, giochi ad interpretare un ruolo. Molto più vicino al teatro che alla scrittura, quindi. Peccato però che, in questo caso, il mezzo con cui si gioca sia tanto rilevante da cambiare il senso dell'intero gioco. La scrittura, che sia nei pbc o nei pbf, diventa il veicolo fondamentale e quindi, esattamente come un attore ha per mezzo la voce (e il corpo) per interpretare il suo ruolo, noi, avvalendoci della scrittura, ci avviciniamo molto di più al lavoro di uno scrittore.
Indipendentemente dallo stile più o meno scarno con cui decidiamo di descrivere un ambiente o un pg, che sia fisicamente o psicologicamente, non abbiamo davvero la necessità di immedesimarci (per fortuna) nei nostri personaggi, abbiamo al massimo la necessità di "pensare come loro penserebbero", che è comunque un qualcosa di diverso, che mantiene un sano distacco. Non per niente i problemi sorgono nel momento in cui ci si immedesima troppo, arrivando non solo a pensare ma anche a "sentire" come lui, le stesse emozioni, gli stessi dolori, gli stessi torti subiti. C'è una differenza tra l'emozionarsi perchè si fa il tifo per il nostro personaggio, quello a cui abbiamo dato vita e spessore con il nostro impegno di gioco, e l'immedesimarsi con esso a tal punto da vivere tutto in prima persona. Per me la terza persona è in questo senso fondamentale, per rendere ancora più netta la differenza, segnare una linea di separazione ben marcata tra narratore e pg.
Detto ciò, di mio ho una scrittura piuttosto sintetica, mi piace tratteggiare il mio personaggio poco alla volta e quando descrivo qualcosa è perchè possa essere usata, in qualche modo, dall'altro, che sia per capire qualcosa sul carattere o il tipo di persona che si ha davanti o per fornire uno spunto d'interazione. Quando il gioco è veloce e spedito, con un buon ritmo, non mi riesce difficile emozionarmi ed emozionarmi assieme al mio personaggio. Sono però dell'opinione che in un gioco d'interazione ci si debba un po' anche adeguare alla persona con cui si gioca, per cui mi è capitato di adeguare le mie azioni ed "allungare il brodo" quando vedo che dall'altra parte ho persone che necessitano di azioni più dettagliate. Sinceramente, all'inizio è difficile, dopo un po' ci prendo la mano ma non riesco comunque ad entrare allo stesso modo nella dinamica del racconto.
14/01/2018 16:30:12
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