“Il gioco è più antico della cultura, perché il concetto di cultura, per quanto possa
essere definito insufficientemente, presuppone in ogni modo convivenza umana, e
gli animali non hanno aspettato che gli uomini insegnassero loro a
giocare” (Huizinga 1973, p. 3)
Con questa frase Huizinga inizia il suo Homo Ludens. L’idea espressa è chiara: la
cultura, concettualmente così difficile da definire, ma che presuppone una relazione
sociale, è sicuramente posteriore al gioco, che appartenendo anche al mondo
animale, non ha bisogno di alcuna costruzione sociale per sussistere.
Ho deciso di iniziare così l’introduzione a questa tesi per due motivi: uno per un
riconoscimento a Huizinga che per primo ha parlato seriamente del gioco
riconoscendo lo stretto legame che questo ha con la cultura, l’altro perché oggetto di
studio di questa tesi è un’attività della nostra società contemporanea: il Gioco di
Ruolo.
I giocatori di un Gioco di Ruolo decidono di riunirsi liberamente e di interpretare un
personaggio che si muove all’interno di un’ambientazione prestabilita. Le azioni e le
reazioni dell’ambiente immaginario sono governate da un set di regole e stimolate
verbalmente da un arbitro, il Master. I giocatori sono tenuti a rispondere, anch’essi
verbalmente, a tali stimoli.
Ritengo che questa attività ludica sia connessa al concetto di cultura perchè da un
lato può essere letta come una parentesi di resistenza alla società odierna che spinge
verso una frammentarietà delle relazioni, dall’altro perché basandosi sull’incontro di
un gruppo di persone queste tendono a regolarsi per condividere una fantasia
collettiva da negoziare.
>I gruppi che si formano possono avere vita breve oppure durare anche per anni, a
seconda delle inclinazioni, della volontà e della disponibilità dei partecipanti.
In ogni caso, soprattutto nei gruppi che giocano da molto tempo, credo sia possibile
ritrovare alcune caratteristiche peculiari.
In primo luogo è un gioco che si basa sul racconto: l’azione passa attraverso la
parola.
In secondo luogo si finge, si interpreta un personaggio, che insieme agli altri, va a
creare il gruppo dei personaggi.
In terzo luogo si formano dei contesti, delle cornici, in cui si sviluppano le azioni sia
dei giocatori che dei personaggi.
Infine il sentimento di unità e complicità che spesso nasce in questi gruppi trasmette
un senso di appartenenza tale da potersi identificare con una comunità.
La mia indagine, allora, ha toccato temi e concetti come il gioco, il ruolo, i frames,
la narrazione, la finzione e la sottocultura, confrontando poi quest’ultimi con uno
specifico gruppo di giocatori.
A dire il vero l’idea, e quindi la voglia di affrontare questo tipo di studio, è nata
proprio dalla conoscenza di un gruppo di amici che giocano da anni ad un Gioco di
Ruolo. Ho avuto l’occasione, in tempi ancora non sospetti, di poter osservare gli
incontri di gioco e di poter sviluppare, piano piano, idee e congetture sul loro modo
di agire, fino a che non ho capito che il loro sistema di gioco andava oltre i loro
incontri.
Ciò che ho scoperto è che i meccanismi di gioco vengono spesso traslati e riproposti
anche fuori dall’attività di gioco pura e semplice, ma ancora per gioco e per scherzo.
Il sistema, quindi, di cornici che si viene a creare fa si che se ne crei una di valore
ambivalente e metaforica e che dà anche il titolo a questa tesi: “giocare per finta”.
Ambivalente perché da un lato si gioca fingendo un personaggio, ma dall’altro si
finge di fare “come” nel Gioco di Ruolo.
Infine, il fatto che al centro dell’indagine fosse l’analisi di un piccolo gruppo, ha
fatto si che l’ottica in cui questo lavoro si è sviluppato fosse quella dell’antropologia
culturale utilizzando i suoi strumenti tipici di ricerca: l’osservazione e l’intervista.
Allo stesso modo ho tentato di strutturare il mio pensiero per sapermi porre,
recepire, interpretare e raggiungere un fine ultimo: come per Geertz ne “Il gioco
profondo: note sul combattimento dei galli a Bali” che ha infine notato che “molto di
Bali affiora su un ring per galli. Infatti solo apparentemente vi combattono dei galli;
in realtà sono uomini”( Geertz 1987, p.405), ho cercato di capire che valore ha una
pratica come il Gioco di Ruolo oggi, cosa rappresenta per i suoi partecipanti e come
questi si rappresentino.
Concludendo voglio riepilogare il contenuto di questa tesi.
La prima parte, che comprende i primi tre capitoli, contiene una spiegazione, storia e
sviluppo dei Giochi di Ruolo (capitolo 1), una riflessione su concetti quali il gioco, il
ruolo, i frames e la narrazione (capitolo 2), e un breve excursus sul pensiero di
alcuni autori che si sono occupati di Gioco di Ruolo (capitolo 3).
Nella seconda parte, dopo un’introduzione metodologica del lavoro etnografico, sarà
presentato il gruppo di giocatori attraverso l’analisi delle interviste, con i loro
vissuti, mettendo in luce meccanismi di gioco e costruzione della storia collettiva
(capitolo 4) e l’analisi delle sedute di gioco frutto delle annotazioni prese durante le
osservazioni (capitolo 5).
Lascerò per le conclusioni una riflessione sul Gioco di Ruolo inteso come
sottocultura e le opinioni personali sviluppatesi nel corso di questa tesi e durante il
lavoro sul campo.